sabato 8 luglio 2017

IL LIBRO

 Giulia Gianni, la bionda e la gravidanza arcobaleno






Giulia, la bionda, e un piccolo nanetto sdentato che attende di venire al mondo. La ricerca della maternità è un percorso accidentato e pieno di imprevisti per molte coppie, figurarsi se quella protagonista di questa storia è omosessuale e, prima ancora che come famiglia omogenitoriale, deve farsi accettare proprio come “famiglia” tout court. Perchè siamo in Italia, le unioni civili sono materia recente e ancora incandescente e i bambini arcobaleno sono costretti a sfilare fin dalla carrozzina per rivendicare i loro diritti, a cominciare da quello di avere due mamme o due papà. E perchè il paese, ma soprattutto il web, pullula di “esibizionisti”, “mistici” e “omafobi” (sì, proprio con la “a”), tutti attestati su diversi livelli di avversione per gay e lesbiche e, nel caso dell’ultima categoria, pure seriamente convinti di essere campioni di apertura mentale e tolleranza. Della serie, “non sono omofobo, ma...”, dove in quel “ma” si aprono abissi inesauribili di astio.


Giulia Gianni


Giulia e la sua “bionda” sono una famiglia. Di nome e di fatto, ma soprattutto per amore. E le loro tragicomiche avventure alla ricerca e poi nell’attesa del figlio - il nanetto che hanno messo in cantiere, per il momento solo nella loro testa, su un’isola spagnola - riempiono di leggerezza, ironia e allegria le oltre cinquecento pagine di “Stiamo tutti bene” (La Nave di Teseo, euro 18,00), firmato da una delle due aspiranti mamme, Giulia Gianni, di professione sceneggiatrice.


Il libro nasce dall’omonimo blog che Giulia ha cominciato a scrivere nel 2014 per raccontare la sua storia, quella della sua compagna, degli amici e degli “omafobi” che vivono loro intorno, ma soprattutto il lungo viaggio, durato sette anni, verso quell’isola misteriosa dove il “nano” sta aspettando che le sue due mammme vengano a prenderlo. Un diario virtuale che, con intelligenza, delicatezza e molto umorismo, affronta i temi dei diritti degli omosessuali, senza partire lancia in resta, senza proclami o talebanismi, ma semplicemente condividendo, giorno per giorno (e con qualche gustoso flashback su infanzia, genitori, pregresse esperienze “etero”) l’emozione della maternità. Che accomuna tutti, etero e omo, con le stesse ansie e aspettative. Come tutte le famiglie, se si fondano sull’amore e sul rispetto, sono in fondo accomunate.


Del blog - oltre a Elisabetta Sgarbi per la versione libro - si è innamorato il regista Ivan Cotroneo, che ha acquistato i diritti per trasformarlo in una serie televisiva. Tempi, linguaggio, situazioni sono perfetti, una sceneggiatura quasi pronta, e senza traccia di quella fastidiosa artificiosità dei polpettoni seriali italiani, dove omosessuali, disabili, soggetti in preda a dipendenze varie sono spesso ammucchiati a esclusivo beneficio dell’audience (e del politically correct).


Eccoci dunque a vivere anche noi con Giulia e “la bionda”, giorno per giorno, la confezione del nano. Che comincia, visto che siamo in Italia, dalla scelta del paese per la fecondazione eterologa, prima caduta su un’algida ed efficientissima clinica danese, poi, causa ripetuti insuccessi e il tempestivo consiglio di Remedios, ex fidanzata della bionda, virata su una clinica di Alicante, con dottoressa meno Barbie Regina dei Fiordi e più “almodovariana”. Decollato finalmente il nano, la gravidanza di Giulia non si discosta troppo da quella di ogni futura mamma - acquisti compulsivi, ormoni impazziti, corsi pre-parto, casting di pediatri - se non per un piccolo dettaglio: occorre spesso chiarire - a “omafobi” e sanitari - che la signora che assiste trepidante alla lievitazione del pargolo sotto l’occhio gelatinoso dell’ecografo viene definita “compagna” non per un rigurgito marxista-leninista della gestante...


Quanto ai futuri nonni (che un gay in carne e ossa non lo avevano mai conosciuto...), la loro prima reazione è di incredulità e scetticismo. Sarà che Giulia esordisce con quell’invito a sedersi che, a scadenza scientificamente decennale, annuncia sfracelli in arrivo: a nove anni un inconsapevole acquisto di rari francobolli che minaccia la stabilità economica della famiglia, a diciannove, l’interrail della maturità in compagnia, altrettanto inconsapevole, di un assassino evaso. Ma quando Giulia esibisce le prove, referto e foto del nascituro, i genitori vanno in visibilio e si attaccano al telefono per comunicarlo a parenti e amici, anche quelli di cui l’interessata aveva perso memoria.


La società non è pronta ai figli di coppie gay? Non è vero, ci dice Giulia Gianni, perchè una società rispettosa di tutti sta già nascendo, anche solo per il fatto che un omafobo, o un indifferente, cambiano percezione e prospettiva. Nella busta con la prima ecografia del nano c’è un mondo già in trasformazione. E questo non è un finale da fiction.

@boria_a

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