IL LIBRO
Giampaolo Simi e il ritorno
del “nerista” Dario Corbo
nella campagna fiorentina
dove l’arte lascia una scia di morte
«Ma non aspettatevi un sequel», aveva scritto Giampaolo Simi sul suo blog nei giorni dell’uscita, nel giugno 2018, di “Come una famiglia”, il secondo romanzo - dopo “La ragazza sbagliata” del 2017 - con protagonista Dario Corbo. Invece, l’ex giornalista di nera, finito a lavorare alla Fondazione artistica della donna che molti anni prima con i suoi articoli aveva contribuito a far condannare, è tornato. E il titolo del nuovo noir della serie, “Senza dirci addio” (Sellerio, pagg. 389, euro 16), stuzzica indirettamente i lettori, conferma quello che leggiamo nelle ultime righe: Corbo continuerà a indagare, perché il crimine che è al centro di quest’ultima trama, un traffico di reperti archeologici provenienti da tombe etrusche, è ancora tutto da ricostruire nelle sue ramificazioni, dai depredatori ai destinatari, passando per qualche compiacente guru universitario.
A chi non ha detto addio Dario Corbo? Alla sua ex moglie Giulia, travolta da un’auto pirata in una zona collinare dispersa tra Firenze e Prato. Che ci faceva lì, in un - presunto - posto da scambisti, e che fine ha fatto il suo cellulare? L’intreccio prende le mosse da questa morte, ma come sempre nelle storie di Simi sono i paesaggi interiori dei personaggi, con smottamenti e abissi che sembrano sempre trovare una loro corrispondenza con quelli “fisici” dei luoghi, a scandire lo sviluppo degli eventi.
Dario e il figlio Luca affrontano a modo loro la liturgia del distacco, l’uno, nella delicata posizione di “vedovo mancato”, quasi fosse titolato solo a un dolore minore, reagisce incaponendosi nell’indagine, si muove da nerista qual era. L’altro, ex promessa del calcio finito sotto processo per aver coperto una storiaccia di violenza sessuale dei compagni, si rifugia a dormire nella Smart della madre, tentando di trattenerla, di custodirne il profumo.
Giulia lavorava per una galleria d’arte gestita dalla spregiudicata e ricca Maddalena (Maddajena, per Dario) Currè, intorno alla quale si muove una fauna di strani personaggi: un luminare dell’arte antica, un marito broker con la passione del collezionismo, un padre che ha fatto i soldi col cemento, la nuova toygirl del genitore dal cervello limitato. E un artista misterioso, “Absentium”, i cui quadri sono in mostra nella galleria, incomprensibili croste che trasmettono allo spettatore un senso di ripulsa e che la “jena” riesce comunque a vendere a peso d’oro.
Dove è stata uccisa Giulia? Il luogo, più che equivoco, è sinistro: anni prima un casale della zona, chiamata “Case Marsi”, fu teatro dello sterminio di una famiglia - un maresciallo dei carabinieri, sua moglie ex ballerina di night e la figlioletta - mentre un altro cadavere venne ritrovato all’esterno, in auto, forse un testimone scomodo. “Case Marsi” risveglia l’istinto da cronista di Dario. Di lì a poco emergerà un legame inquietante tra Giulia e il giovane ammazzato: hanno avuto lo stesso docente di tecniche artistiche all’Università.
Impossibile rovinare il gusto di scoprire la trama, tante sono le sterzate, le digressioni temporali, gli incroci imprevedibili tra i personaggi, fino alla conclusione aperta che depone a favore del mantenimento di Corbo in attività. Anche perchè l’indagine sull’ex moglie morta sembra aver scalfito la corazza della sua datrice di lavoro, l’insondabile e sfuggente Nora Beckford, che Dario ama e non ha mai potuto toccare.
Magistralmente Simi tira i fili, in un giallo che rimesta in una palude di affari, avidità, speculazioni, amoralità, ricchezze facili, ipocrisie. Una desertificazione umana che richiama il luogo dove tutto è cominciato, quel “Case Marsi” orfano di un centro commerciale bloccato, a due passi da lottizzazioni suburbane abortite, dove la vita nel cascinale è stata strappata via dalle radici e non è mai ricresciuta.
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