MODA & MODI
"Scouting for Models", su SkyDocumentaries
stupri e abusi dietro le passerelle
Belle, acerbe, ingenue. Scorrono sullo schermo i volti acqua e sapone di modelle adolescenti, alcune appena quattordicenni. Bocche carnose, pelli incontaminate, capelli lunghissimi, un accenno di forme, arrivano da tutti gli Stati Uniti e dall’Europa. Inizio anni Novanta, sala trucco del concorso “The look of the year”, ideato da “Elite”, l’agenzia newyorkese di John Casablancas, il tycoon dell’industria delle passerelle. In giuria non solo esperti di portamento e immagine ma soprattutto amici potenti, ricchissimi imprenditori come Donald Trump, i cui occhi vediamo allungarsi e pesare le ragazzine sgambettanti in costume da bagno. Seguono feste in discoteca e fiumi di alcol (solo?), dove le giovani prede familiarizzano coi futuri predatori, del tutto ignare che il sogno che pare a portata di mano, la promessa di successo, soldi, copertine sta per trasformarsi in una condanna a vita, un incubo per sempre. Anni Novanta, il decennio della creazione e idealizzazione delle top model, dee inarrivabili del culto pagano della bellezza. Ma che cosa c’è dietro il business delle agenzie?
È impietoso “Scouting for models - Il volto oscuro della moda”, il documentario in tre parti su Sky Documentaries in cui alcune ex top - Carré Otis, Shawna Lee e Jill Dodd - raccontano davanti alla telecamera un dietro le quinte inimmaginabile: strupri, abusi sessuali, ricatti, maltrattamenti, cessioni di ragazze al miglior offerente in cambio di cifre da capogiro. Casablancas è morto nel 2013, ma il suo alter ego titolare dell’agenzia Elite di Parigi, Gérald Marie, ex marito di Linda Evangelista, è oggi un signore settantenne che sverna a Ibiza, accusato di anni di violenze sessuali ormai cadute in prescrizione. Carré Otis mostra la prima copertina su Elle, ottenuta proprio quando l’uomo, durante i viaggi della compagna Linda, abusava di lei più volte a settimana. Per merito della giornalista investigativa del Guardian Lucy Osborne, nel documentario sentiamo risuonare un nome che dà i brividi, quello di Jeffrey Epstein, il miliardario accusato di violenze su minorenni e traffico sessuale, morto suicida in cella a New York nell’agosto 2019. Epstein si sarebbe servito per i suoi piaceri dal direttore dell’agenzia parigina Karin Models, Jean-Luc Brunel, impiccatosi in prigione, che gli avrebbe procurato qualcosa come mille aspiranti modelle.
Shawna Lee |
Il #Metoo è ancora lontano. Molti collaboratori sanno del marcio, ma preferiscono andarsene che denunciare. Tra l’America e Parigi, poi Milano, le agenzie Elite si scambiano le ragazze. Dagli Usa arrivano in Europa giovanissime spaesate, manipolabili, cui gli agenti procurano casa, trasporti, sfilate, salvo poi presentare un conto salato. Le vergini sono ritenute “poco fotogeniche”, i responsabili dei casting provvedono a risolvere il problema. E dallo schermo si avverte il gelo dell’isolamento: le amicizie sono scoraggiate, ognuna gioca per sè in una spirale di ambizione e solitudine. Oggi le ex modelle, tutte intorno alla mezza età, sono tornate a Parigi e, dopo anni di trauma inconfessato, lanciano un appello alle vittime più giovani: farsi avanti, parlare. Forse gli abusi nei loro confronti non sono ancora prescritti e qualcuno dei responsabili può finalmente pagare.
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