MODA & MODI
L'uomo in gonna va messo alla porta?
Comme des Garçons Homme Plus (foto Isidore Montag/Gorunway.com)
Che cosa significa abbigliamento “appropriato”? È dei giorni scorsi la diatriba alla Camera dei deputati sull’opportunità di presentarsi in aula in scarpe da ginnastica e senza cravatta, quesito che rischiava di impantanarsi in interminabili dissertazioni vestimentarie ed è stato quindi saggiamente rimandato alla decisione dei questori. La questione non è fresca, tutt’altro, e ha degli esilaranti precedenti territoriali.
Nel 2015 un visitatore in “pinocchietti” veniva bloccato all’uscio del consiglio regionale a Trieste per pantalone “non consono”, salvo poi essere salvato dall’intervento dell’allora consigliere Bruno Marini che, spider arbiter armatosi metaforicamente di metro da sarto, stabiliva che se il bermuda copriva la rotula l’ospite era abbastanza decoroso per essere ammesso. La “misura”, in questo caso davvero solo riferita ai centimetri del tessuto, ha avuto la meglio su altri criteri, primo fra tutti quello estetico, che suggerirebbe di allontanare i portatori sani di pinocchietti anche da una bocciofila.
È andata molto peggio al fashion editor di Vogue, Alex Kessler, che sulle colonne del magazine racconta di essere stato di recente messo alla porta da un ristorante stellato di Mayfair, a Londra, per essersi proposto in doppiopetto e bermuda sartoriali griffatissimi - Acne Studio la giacca, Comme des Garçons le culotte - in quanto questi ultimi non “adatti” ai codici del locale. Kessler avrebbe dovuto prendere a prestito un calzone lungo messo a disposizione dei clienti o rinviare la cena ad altra data e vestito, decisione che ha preso, trovando un tavolo in un locale ugualmente blasonato ma più flessibile. Forse il giornalista sarebbe stato ammesso in consiglio regionale a Trieste, perchè, per il teorema Marini, aveva il ginocchio coperto, ma probabilmente sarebbe stato bandito dalla Camera dei deputati. E se si fosse presentato in doppiopetto o blazer e con la gonna, come tutte le passerelle maschili propongono?
È chiaro: l’insidiosissimo aggettivo “adeguato” ha bisogno di adeguarsi. Per gli uomini la faccenda si fa ancora più delicata, perchè tocca il genere. Ovvero, dove si applicano codici rigorosi di formalità e sobrietà, c’è differenza tra un uomo che indossa un normale completo con pantalone lungo e chi, per esempio, sceglie una gonna fino alle caviglie? È dunque questione di copertura della gamba o piuttosto di ammettere che un maschio porti un capo non tradizionalmente associato al suo sesso?
Ogni giorno leggiamo di moda fluida, genderless. Poi, però, a lato pratico, sono i dress code a non essere inclusivi, persino nelle capitali della moda. E le persone che si dicono non binarie, saranno cacciate solo perchè l’abbigliamento non corrisponde al genere assegnato loro da chi vigila sugli ingressi?
La soluzione forse è più semplice di quanto non sembri, basta avere consapevolezza del luogo e del suo significato. Allora, a parità di ginocchio coperto, un visitatore con pinocchietto da spiaggia può serenamente essere allontanato da un consesso elettivo e un uomo in gonna accomodarsi al ristorante stellato.
Pochi giorni fa alla Scuola Joyce di Trieste il docente di Cambridge Lloyd Meadhbh Houston ha alternato un tailleur maschile bianco con pantalone lungo alla gonna di pelle e t-shirt a rete. Riuscendo nell’impresa di essere se stesso e non sembrare “inappropriato”.
Nessun commento:
Posta un commento