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Viola Foggi, leggerezza addosso
Viola Foggi, leggerezza addosso
Gli orecchini "cuciti" firmati Viola Foggi |
«Sulla leggerezza penso di avere più cose da dire». Intorno alle parole di Calvino, Viola Foggi costruisce i suoi gioielli. Architetture aeree dentro cui far scivolare le dita, curvature o intelaiature di linee da mettere al collo, braccialetti che avvolgono il polso in una spirale sottile come un foglio arrotolato, orecchini che paiono ricavati dalla stagnola delle vecchie mentine fondenti, quelle che da piccoli ci si diverte a trasformare in barchette e che qui diventano delle figure geometriche aperte. "Leggerezza" è la parola chiave da cui parte l'ideatrice di questi "metalli d'autore", come lei stessa li chiama. Un gioco di argenti satinati e dorati, che si spinge fino al punto da intrecciarli con il filo, nero, bluette, arancio, rosso, per creare anelli con una piccola conca su cui si stende un reticolo, quasi una lieve grata, che pare metallo e invece è tessuto. Se poi li si gira, questi anelli, si scopre la meticolosità dei punti, una specie di orlo a giorno, perfetto come fosse disegnato a smalto e non cucito, realizzato in una sartoria non in un'oreficeria. Viola Foggi, giovane artigiana fiorentina, dopo l'Istituto d'arte, ha studiato oreficeria e design del gioiello all'Università e lavorato per tre anni nell'atelier della giapponese Yoko Takirai.
E la scuola nipponica si vede tutta nell'eleganza e nella pulizia dei pezzi. Moduli, profili: così si chiamano due delle sue linee, quelle dove più si esercita nell'intarsio e nell'accostamento delle geometrie. E poi gli origami: orecchini, ciondoli, anelli al primo sguardo difficili da indossare ma, una volta messi al dito, sottili come un'intelaiatura di carta, fragili ma confortevoli, e con un'anima complessa. Infine, gli intrecci, improbabile incontro tra la consistenza dell'argento e l'impalpabilità del filo.
Tutt'altro che improbabile, invece, è stato l'incontro tra la creatività di Viola e quel piccolo laboratorio di ricerca in progress che è "Liberarti", aperto a Trieste dalla poetessa argentina María Sánchez Puyade. Alla designer fiorentina è piaciuta la strana miscellanea tra design, pittura, parole, fumetti, libri d'arte, moda, accessori che convive in questo emporio. Dove l'idea del "cucire" (come i libretti di versi di "Sartoria Utopia", assemblati con ago e filo e presentati qui dalle due editrici-sarte Francesca Genti e Manuela Dago) sta per "collegare" sensibilità diverse con il filo comune della fantasia, dell'artigianalità, della grazia.
E così, in una scatola di legno come i vecchi astucci per le matite, Viola ha raccolto alcuni dei suoi gioielli e li ha portati fin qui. Raffinati e discreti, anche nel prezzo.
www.violafoggi.com www.emporioliberarti.it
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