MODA & MODI
La politica dell'abito
Nonna Nancy e la ragazzaccia Melania, potenza del guardaroba politico. L’ultimo capo diventato virale è il cappotto della settantottenne speaker della Camera, la veterana liberal Pelosi, che dopo aver vinto un match verbale con Trump nello Studio ovale, ha indossato come un’armatura il suo fiammante cappotto Max Mara arancione. “Non sminuire la forza che rappresento” ha detto la signora a The Donald in diretta tv e il suo temperamento, in simbiosi cromatica, ha contagiato il paltò: il modello Glamis, abbottonatura a sinistra, di cinque anni fa, si è trasformato in un formidabile indicatore di resistenza e rivolta (tant’è che Max Mara si è affrettata a rimetterlo in produzione).
Pochi mesi fa, in giugno, un altro capospalla aveva ugualmente mandato in tilt la rete. Ricordate il parka della first lady Melania, in visita ai bambini messicani in un campo profughi in Texas, mentre infuriava la polemica sulla separazione delle famiglie? “A me non interessa proprio, e a voi?” c’era scritto sulla schiena del giaccone verde, brand Zara, poche decine di euro di prezzo (poi lievitato online di almeno venti volte) e anch’esso di due anni prima.
Cappotto e giacca, dunque, sono entrambi “datati”, perchè la moda politica non è questione di stagione ma diventa funzionale a quanto si vuole trasmettere in un momento preciso. Troppo scontato liquidare Melania come incurante o provocatoria rispetto alla scritta: e se l’ex top model avesse voluto manifestare piuttosto un’indipendenza rispetto alle odiose scelte del marito o fare spallucce alla scontata tempesta mediatica sullo slogan? Torniamo all’immagine.
Due protagoniste, due capi, due messaggi agli opposti. In comune hanno un punto: la politica indossata scuote quanto le parole, a volte le sostituisce, altre le rende inutili.
@boria_a
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