domenica 16 giugno 2019

IL LIBRO


Monica Sabolo: quell'estate in cui Summer sparì, bambola di una famiglia da pubbicità 







Nel suo romanzo d’esordio, “Tutta questa storia non ha niente a che vedere con me”, uscito nel 2015 per Mondadori, Monica Sabolo, giornalista milanese trasferitasi in Francia, registrava, in un diario spietato e autoironico, leggero e affilato, la quotidianità di un’ossessione amorosa non ricambiata, la progressione di un obnubilamento destinato alla catastrofe.

A quattro anni di distanza, arruolata da La nave di Teseo, Sabolo torna in libreria con “Summer” (pagg. 236, euro 19) una storia completamente diversa ma giocata ancora una volta su un’ossessione, un thriller psicologico che ha al centro la necessità, l’ineluttabilità di trovare risposte a una sparizione, a uno strappo familiare mai ricomposto.





Sono passati ventiquattro anni, nove mesi e otto giorni da quando Summer Wassner, diciannovenne bionda e luminosa, gambe elastiche e sorriso da romanzo rosa americano, è scomparsa durante un picnic con le amiche al lago Lemano, al quale partecipava anche il fratello più piccolo, Benjamin, all’epoca quattordicenne. Davanti al dottor Traub, psicanalista, quasi un quarto di secolo dopo, Benjamin cerca risposte, annaspa tra spezzoni di ricordi: è diventato un uomo tormentato, depresso, che abusa di alcol e pillole, un uomo visitato di notte e di giorno dal fantasma di quella sorella congelata nella memoria del bambino, «negli occhi una luce impercettibile che fa pensare alla sofferenza o al mare».


Suicidio? Rapimento? Magari caduta nell’acqua, i capelli come sottili filamenti che fluttuano, imprigionata tra le felci, sotto la superficie, senza che il lago ne abbia mai restituito il corpo? Perchè Summer, per Benjamin, è sempre legata all’acqua, elemento di mobilità e libertà, l’acqua della piscina dove si tuffava con l’amichetto Franck, come lui non ha mai avuto il coraggio di fare, l’acqua dell’acquario di casa, con le specie rare di pesci, che piccolissima restava a osservare per ore, di prima mattina, seduta accanto a papà.


«Sa, il cervello umano ha una formidabile capacità di stoccaggio. Registra tutto, non cancella niente» dice Traub a Benjamin. E dai file danneggiati della memoria, ecco riemergere le istantanee di una famiglia da pubblicità. Il padre seduttore e sanguigno, avvocato di successo di evasori e qualche malavitoso, la mamma algida e stupenda, sempre un po’ distante, quasi una sorella maggiore di Summer. Loro tre complici, ognuno a suo modo perfetto, così diversi da Benjamin, soffocato dal senso di inadeguatezza, di sfasatura in un quadro senza sbavature. E ancora le risate, le feste in giardino, con coppie di amici altrettanto ricchi e vincenti, donne che ammiccano alle battute di papà, uomini catturati dalla padrona di casa, eterea e frastornata, forse un po’ troppo.


Poi Summer cresce, ingrassa e dimagrisce, è bulimica anche nel sesso. “Non mi piace cosa sei diventata” le dice la madre, gelida come davanti a un’antagonista. Quando il padre la sorprende nuda sopra Franck, gli occhi di Benjamin ne registrano la reazione: fotogrammi della sua furia di animale, il gesto con cui strappa la sorella dal ragazzo, l’incollarsi dei corpi, l’arrossarsi della pelle bianca.


I flash tornano in superficie, ancora illeggibili. Dopo la sparizione di Summer, nell’estate in cui compiva diciannove anni, le ricerche di volontari e investigatori, il padre in giro in macchina a vuoto, le amiche che fumano in giardino, poi l’allontanarsi di tutti e il suo crescere solo, isolato nella disperazione, incapace di lasciarsi amare quanto di ricostruire il buco dentro di sè. Con l’ultima immagine della sorella piantata nella testa, la mano alzata quasi in un commiato, il sorriso rassicurante.


Quelli che spariscono finiamo per trovarli, dice a Benjamin il detective Alvaro Aebischer, ma nessuno sembrava davvero interessato a ritrovare Summer. Possibile? Che i suoi genitori si fossero rassegnati a lasciar andare la loro bambolina dorata? Che lui stesso, Benjamin, mascherandosi dietro i tic e la disfunzionalità, non abbia scavato abbastanza?


Con una scrittura tersa e spietata, che invischia e cattura, Monica Sabolo ci sprofonda nell’inconscio del narratore, in un mondo liquido e limaccioso, da dove risaliamo con un senso di angoscia e inquietudine, man mano che le acque restituiscono la verità sulla famiglia Wassner.

@boria_a

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