sabato 21 settembre 2019

 IL LIBRO

Saskia Vogel debutta con "Consenso"
"Il sesso estremo per curare
le ferite del cuore"


Saskia Vogel






La perdita di un genitore e il ritorno alla vita, il superamento del dolore attraverso l’ascolto del proprio corpo e il riconoscimento dei suoi desideri. La comunità BDSM, tra dominatrici e sottomessi, dove la protagonista trova uno spazio di rispetto, accudimento e sollievo, al di là di ogni pregiudizio.

Saskia Vogel, traduttrice americana, debutta alla scrittura con “Consenso”, edito in italiano dalla pordenonese Safarà. La sua protagonista è Echo, giovane attrice dalla carriera già arenata, che assiste alla morte del padre tra le onde al largo della costa di Los Angeles. Incapace di ricevere sostegno nella madre, instabile e fredda, Echo incontra Orly, una dominatrice, e insieme a lei intraprende un percorso di guarigione che passa anche attraverso il sadomasochismo. Niente sfumature di grigio, nessuna morbosità, solo un incontro di anime e di corpi che liberamente stabiliscono i termini del loro rapporto.



"Sono una pornografa dalla più tenera età. Fin dall’infanzia, ho visto il sesso pervadere il mondo”. Perchè ha scelto questa citazione di Camille Paglia? «L’ho trovata in uno dei suoi saggi e mi ha suggerito un’atmosfera e una prospettiva che ho voluto attraversassero tutto il romanzo. Paglia racconta di come, da bambina, vedeva l’energia carnale della natura in ogni cosa, ma la chiesa, i suoi genitori e la società insistevano che non era lì. Anche Echo vede quest’energia carnale, ma la società cui appartiene ne è disturbata. In un certo senso, il mio libro racconta di come Echo si riconnetta a quella che Paglia chiama la “visione pagana”».


Il romanzo è ambientato in una Los Angeles molto diversa da quella di plastica cui siamo abituati... «Quando ho letto per la prima volta “Questo libro ti salverà la vita” di A. M. Homes, da persona nata a Los Angeles mi sono sentita a casa nella sua particolare descrizione della città, così vera dal punto di vista della gente che in quella metropoli vive la vita di tutti i giorni. Volevo descrivere una Los Angeles che conosco, che poi è la Los Angeles che non vedo spesso rappresentata: il modo in cui ci si rapporta alla città spazialmente, le immense distanze, ma anche le comunità private. E siccome Echo è un’attrice, anche la strana relazione che puoi avere tra l’«idea» di Hollywood e il “posto” Hollywood».


Chi è Echo? «Echo è un’attrice, fallita dal punto di vista professionale. Il ruolo che interpreta meglio è quello di “donna”, ma in contrasto con l’idea che della donna hanno gli uomini nel suo ambiente. Questo è il ruolo che sa come giocare e, pensando a quanto è emerso col #metoo, Echo conosce le implicite dinamiche del potere, la particolare economia del sesso e del corpo e la natura commerciale delle relazioni. Quando entra nel mondo di Orly, si trova in una situazione simile eppure diversa. Anche qui ci sono fantasie e archetipi, ma i confini e la contrattazione sono chiari e tutte le parti in gioco partecipano nello stabilire le regole e le dinamiche del potere. Il copione è simile ma capovolto e in esso ciascuno ha un ruolo».


Echo vede morire suo padre. In fondo questa è la storia della “riparazione” di un dolore... «Ero interessata a esplorare il BDSM, e l’erotismo, come una pratica curativa, guardando al sesso come a un atto meditativo, uno spazio di esplorazione che va al di là di quello che succede nella camera da letto e nel resto delle nostre vite. Spesso il sesso è tenuto in una scatola, separato da altri aspetti dell’esistenza. Al contrario, io volevo un approccio olistico, guardando a come il sesso e l’erotismo influiscano su altre parti della nostra vita e viceversa. Quello di Echo è un viaggio attraverso il potere curativo dell’erotismo e l’erotismo è un modo di riconnettersi a se stessi».






Il corpo del padre morto non si trova, Echo lavora col corpo sia come cameriera che come attrice. La scoperta del piacere avviene attraverso il dolore fisico. Perchè il corpo è così centrale nel suo romanzo? «Il corpo influisce su come ciascuno interagisce col mondo e su come il mondo lo accetta. In un certo senso tutte le storie riguardano il corpo. Corpi più o meno privilegiati Corpi che sono in grado di attraversare il mondo senza commenti, corpi che non ci riescono. Corpi che sono considerati decenti o indecenti. Il corpo è centrale nella nostra esperienza individuale del mondo».



Ha conosciuto da vicino il mondo BDSM? Ne è attratta? «I primi club che conobbi quando ero una teenager avevano un elemento fetish. All’inizio, mi attrassero la musica e l’estetica dark. Mi sono fatta degli amici nella comunità ed è stata la prima volta che mi sono resa conto dell’esistenza di relazioni non eteronormate che funzionavano bene, gente che sceglieva i confini e i limiti dei suoi rapporti. Era una comunità rispettosa e accudente. Intorno ai vent’anni pensavo che avrei scritto un libro di non-fiction sulle storie legate a questi diversi modi di amare, ma poi ho abbandonato il progetto. Ma certe storie non hanno mai abbandonato me. Interviste, esperienze e idee si sono fuse e sono diventate fiction e mi hanno lasciato Echo, Orly e Piggy, il suo sottomesso».



Non c’è niente di pruriginoso nel suo libro, piuttosto il soddisfacimento di un bisogno d’amore...«Il libro riguarda soprattutto il dialogo che siamo o non siamo capaci di instaurare con noi stessi sul piacere e sull’oggetto dei nostri desideri. Ci sono molti modi in cui questo dialogo con noi stessi si può spezzare. Specialmente nel regno dell’erotismo, lottiamo per esprimere i nostri bisogni, lottiamo per esprimere cosa ci aspettiamo dai nostri partner e cosa abbiamo bisogno gli uni dagli altri. Quel dialogo comincia dal comprendere il nostro essere erotico».


Non ha paura che, in televisione, la sua storia diventi un prodotto solo commerciale, enfatizzando solo l’aspetto sessuale? «La produzione sembra aver capito a fondo la storia e ho fiducia in loro. Come traduttrice mi interessa vedere come trasportano il materiale sullo schermo. Non si parla mai di come gli scrittori si mantengano. Vendere i diritti è stato molto importante e se la serie vedrà la luce io potrò almeno per un po’ di mesi concentrarmi esclusivamente sul mio prossimo progetto. Sarebbe un regalo incredibile lavorare a un nuovo libro senza preoccupazioni economiche». 


L'inglese Permission, autorizzazione, è tradotto in italiano come Consenso, che non sono esattamente termini sovrapponibili. Perchè? La traduzione è un delicato lavoro di trasposizione non solo da una lingua, ma da un sistema culturale a un altro; alla luce di questo, spesso i traduttori sono chiamati a interpretare il testo, perchè una traduzione troppo letterale perderebbe di forza e significato nella propria lingua. Tradurre "Permesso" avrebbe comportato questo: utilizziamo questa espressione in molti altri contesti del tutto slegati dallo spirito dell'opera, dove invece questo concetto risuona potente; il termine consenso in italiano è invece inequivocabile, forte e immediatamente contestualizzato. Ed esiste anche un'altra, fondamentale ragione: non ci può essere alcun permesso, senza consenso, essendo l'uno il presupposto dell'altro. 
@boria_a

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