lunedì 12 dicembre 2022

MODA & MODI

Il recupero d'autore come una seduta psicanalitica

 


 

 

Un tavolino. Un’artigiana artista e una cliente. In mezzo a loro una collana mai o poco messa, magari rovinata, dimenticata in fondo a un armadio, passata di moda, un regalo poco gradito, un acquisto incauto. Recuperarla e trasformarla di nuovo in un accessorio indossabile è una piccola sfida all’insegna del recupero. Ma c’è molto di più nei tre laboratori tenuti sabato 10 dicembre al Cavò di via San Rocco a Trieste, protagonista Ines Paola Fontana, pioniera dell’economia circolare e del riciclo intelligente e creativo quando l’anima verde era molto poco in voga, prima come sarta e designer di borse e accessori con Studiocinque insieme a Roberta Debernardi, poi con una sua linea di gioielli “poveri”, nati da materiali di scarto restituiti a un’inedita identità decorativa. Molto di più di una semplice operazione di “rimessaggio”, dunque, perché consegnare un proprio oggetto, con una storia e un passato, in altre mani che lo ripensino e lo ricreino, mettendoci a loro volta un’altra storia, un altro passato e altre esperienze, è prima di tutto un atto di fiducia e complicità. 


Al banchetto di Ines Paola Fontana sabato si sono radunate palline di avorio, quadrati di plexiglas e perline colorate e cilindriche in pasta di vetro, prezioso acquisto da un bancarellaro che le aveva scambiate per plastica: tre collane da re-inventare, la prima con una componente etnica troppo accentuata per il gusto della proprietaria, l’altra acciaccata in alcuni punti, la terza semplicemente mai indossata, nonostante i bei colori e la regolarità del vetro alla base dell’acquisto.

 


 

 I laboratori - registrati per una prossima versione online - erano ospitati nell’ambito dell’iniziativa “Ponterosso memorie”, ideata da Massimiliano Schiozzi e Silvia Vatta e dedicata all’epoca d’oro dei jeansinari. La parola chiave in questo caso era proprio “memoria”. Perchè, intorno al tavolino, mentre gli spaghi che reggevano le collane venivano tagliati senza ripensamenti, le palline, i quadretti e le perle allineati e i fili da tendaggi o ricamo cominciavano a disegnare e assemblare un nuovo oggetto, artista e “committente” chiacchieravano sulla provenienza del pezzo, sui motivi del suo abbandono, sulla curiosità o le diffidenze nell’affidarlo a qualcuno per cambiarlo senza snaturarlo.

 


 


“Tra seduta psicoanalitica e buttacarte” scherzava Schiozzi. Una battuta, ma neanche poi tanto. La collana recuperata la metterò davvero? Non mi pentirò di averla disfatta? Non cancellerò il ricordo che porta con sè? Insomma, un laboratorio non soltanto di manualità.
Alla fine il monile etnico è stata alleggerito e le palline d’avorio rimontate su fili color borgogna lasciati cadere come lunghe frange, i ritagli di plexiglas si sono trasformati nel pendente di una collana di tessuto lavorato con il metodo shibori, i cilindri di vetro sono stati ricomposti su fili da ricamo verde intenso e sigillati da vecchi pezzi geometrici di legno. 

 


 


Una scatola di carta nera firmata dall’artista e il recupero è diventato un regalo d’autore (a se stesse), in una circolarità leggera e utile per gli oggetti e gli umani.

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