mercoledì 23 settembre 2015

IL LIBRO

All'inferno non c'è glamour. Parola di Lucy Sykes e Jo Piazza

Il libro di Lucy Sykes e Jo Piazza edito da Piemme


Da una parte la caporedattrice fascinosa e di bella scrittura, sacerdotessa della carta patinata e stampata, col problema di essere un tirannosauro del web. Dall’altra la sua giovane assistente, carrierista e super-social, che twitta, whatsappa, posta ventiquattro ore al giorno ed è capace di aggiornare lo stato sui social anche prima di pronunciare il fatidico “sì”.
La prima, Imogen Tate, direttrice del magazine di moda “Glossy”, al suo ritorno dopo un anno di assenza dalla rivista (lei lo chiama “sabbatico”, in realtà ha dovuto affrontare un cancro al seno) scopre che la seconda, l’adrenalinica Eve, non solo ha piantato la suola rossa delle false Louboutin sulla sua scrivania ma intende mandare al macero la carta per trasformare il magazine in un sito in aggiornamento frenetico e incessante, dove si mostra e si vende di tutto. Uno store virtuale che rigetta ogni scritto “lungo” più di centoquaranta caratteri, il cui unico obiettivo è sfondare il muro di “condivisioni” social. Banditi i contenuti, i servizi scritti o fotografici che richiedano una pausa di riflessione, la parola d’ordine è “glitter, glam, glossy”! e al suo ritmo marcia un esercito di redattrici taglia 38, che dorme in redazione e pilucca tofu e quinoa, prima di schiantarsi ed essere sostituito da altre cavallette stakanoviste, pronte a immolarsi su Instagram e Facebook.
Chi lavora nei giornali di questi tempi sa bene che la storia di “All’inferno non c’è glamour” (Piemme, euro 18,50, pagg. 400) non è per niente lontana dalla realtà. Digital e print l’un contro l’altra armate, non importa se tra fashioniste si va alla guerra con gli stiletto. A raccontarcelo sono due esperte della materia, Lucy Sykes, ex fashion director di Marie Claire e Jo Piazza, managing editor di Yahoo Travel e collaboratrice di Wall Street Journal, New York Magazine, Glamour e Slate.
Non sveliamo la trama per non rovinare il divertimento a chi ama le diavolesse che si mettono fuori gioco a borsettate Chanel ed Hermès.

L’interrogativo che questo lieve divertissement pone, però, è tutt’altro che futile. Può il web sostituire la carta stampata? Può la generazione digitale rottamare le non native? Ci seppellirà un emoticon? Le autrici, celebrando la “sorellanza” generazionale (con una lieve propensione - ci è sembrato di intuire - per le redattrici della vecchia guardia...), puntano sull’integrazione di ambiti e abilità: sito in movimento, rivista per fermarsi a pensare. «Per le nostre lettrici niente può sostituire l’esperienza della carta stampata. È sbagliato cercare di duplicarla su Internet. Produrremo due versioni, entrambe ugualmente importanti e autonome», dice la giovane Aerin Chung, amministratrice delegata di Shoppit, la piattaforma di e-commerce che ingloberà il sito di Glossy. Ma a capo di tutto ci sarà Imogen, la dinosaura (nel frattempo alfabetizzata digitale...), capace di garantire classe sia ai "contributi" che bucheranno lo schermo sia a quelli che "balzeranno" dalle pagine del magazine.
Perchè in fondo, a noi dinosaure nella rete, piace pensare che dentro ogni app-girl si nasconda una bambina che ha scoperto di amare i vestiti prima sfogliando una rivista, poi cliccando una photogallery.

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