martedì 13 marzo 2018

MODA & MODI

Parole e figurini, gioiello da sfogliare






Solo noi e i vermi, riflette Giovanni Comisso, tra tutti gli esseri viventi, siamo stati privati di un abbigliamento stupendo ed eterno, e la moda, «pur nella sua fuggevole bellezza», rappresenta la nostra vendetta. Orio Vergani spezza la rigidità della catalogazione dei vestiti per le stagioni o le ore, e sogna l’abito della “melanconia senza perchè”, della “cara e irragionevole ora felice”, del primo palpito sentimentale, della gelosia e della riappacificazione, abbandonandosi a immaginare quante differenti sfumature avrebbe un tailleur con tutte le oscillazioni dell’animo femminile. Per Montanelli la moda è come la jettatura per Eduardo: “Io non ci credo, ma c’è”.

Sono pillole degli scritti d’autore raccolti in un gioiello artistico-letterario delle edizioni Henry Beyle, “Che cos’è la moda”, un librino rosa, o malva, o rosso, tirato in cinquecento copie (27 euro). Gli otto testi, firmati anche da Irene Brin, Dino Buzzati, Achille Campanile, Camilla Cederna, Indro Montanelli e Salvatore Quasimodo, e l’articolo di Flaiano (pubblicato in Frasario essenziale per passare inosservati in società, Bompiani) facevano parte di una selezione più ampia, di ventiquattro scrittori, che la Galleria Gian Ferrari di Milano e la Laneria Tiziano avevano inserito nel catalogo di un concorso pittorico riservato all’immagine femminile, nel 1951.


Intervallati ai testi ci sono i figurini (non stampati ma applicati a mano sulle pagine, con un lavoro “sartoriale”) tratti dal Journal des Dames et des Modes, edito a Parigi tra il giugno 1912 e l’aprile 1914: stupende silhouette di signore, con una sola intromissione maschile, sono un catalogo in miniatura, tra il poetico e l’ironico, della moda prima della tragedia della guerra: la veste ariosa e plissettata per i giochi all’aperto, l’abito lungo bianco con giacca rossa per il tennis, il tailleur alla Paul Poiret, morbido e scivolato, per le occasioni diurne fuori casa, da abbinare al cappello ornato di piume, i calzari con la lunga fila di bottoni, la veste leggera dal taglio impero per casa, una maliziosa arlecchina, con la gonna che sfiora il ginocchio, le prime caviglie a vista e i primi capelli a virgola sulla guance, ad anticipare il taglio alla garçonne...


E se un acido Ennio Flaiano confessa di sospettare che le donne “ben vestite” non abbiano altro da offrire e che le troppo accessoriate siano le più insicure, un’insolitamente lieve Camilla Cederna scrive che le donne sono giovani finchè, ordinandosi un vestito, pensano a cosa ne dirà l’uomo che le ama, perchè se su un abito
si appuntano come spilli solo avidi occhi femminili, ne risulterà sciupato, immeschinito, e la donna che vi è dentro è vecchia di colpo”.
@boria_a

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