Nel tailleur gli estremi si toccano
Christian Dior, tailleur 2018-2019 |
Cappotti, mantelle, quadrettoni scozzesi, tweed. L’inverno arriva accompagnato da capi rifugio, involucri ampi dentro cui muoversi a proprio agio, e tessuti che abbiamo nell’armadio dalle ultime stagioni, confortandoci nel segno del risparmio e della continuità. E dal guardaroba dell’oblio recupera il tailleur, pezzo bon ton per eccellenza, troppo spesso accostato all’uniforme della segretaria ingrigita anni Settanta o alla corazza del power suit anni Novanta, spalle imbottite e giacca avvitata, alla Joan Collins o Sigourney Weaver.
Il tailleur 2018 è un mix riuscito, che può conquistare anche le millennial, senza intimidirle con l’impatto dei due pezzi uguali, con l’idea di vestire l’uniforme della mamma. Come convincerle? Nel dna del tailleur gli estremi si toccano. Fu confezionato nel 1885 dal sarto inglese John Refern per la principessa del Galles, ma ha vestito le donne comuni che muovevano i primi passi verso la libertà. Deve il suo nome a un mestiere maschile, il sarto per uomo, l’unico all’inizio custode del rigore del taglio, ma grazie a una donna, Chanel, è diventato sinonimo di morbidezza ed eleganza couture. Ha rubato al maschio la giacca, e con Armani, che l’ha disossata e resa fluida, è entrato nei territori maschili del potere, chic e autorevole al tempo stesso.
Oggi le passerelle l’hanno reinventato. Gonna mini, a metà polpaccio, appena sotto il ginocchio, con spacchi laterali, bordi sfrangiati, inserti di colori diversi. Consistenze rassicuranti come tweed e bouclé, ma anche fili argentati, lamè, doppiature integrali in pvc, per un effetto lucido. La palette va dal gessato al rosa antico, e sterza nel verde acido, nell’arancio flou. È il vecchio, compito tailleur, ma non fa paura. A qualsiasi età, ognuna può ritrovarci la sua.
@boria_a
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