giovedì 28 marzo 2019

MODA & MODI

La regina è nuda

Il camaleontico beige invade le vetrine. Siamo abituati a pensarlo prima ancora che a vederlo: il neutro “va con tutto”, si adatta ad accompagnare qualsiasi altra tinta, fino a rendersi invisibile per esaltare l’accostamento. Una sorta di passepartout cromatico, in grado di smorzare un colore troppo acceso, di armonizzarsi a una nuance pastello senza spegnerla, di combinarsi al nero togliendogli ogni tentazione di cerebralismo e neopauperismo.

In questa stagione, però, il beige e tutte le sue derive - mou, torrone, tortora, tabacco, sabbia, con tutta la potenza evocativa e di marketing che ciascuna di queste poetiche definizioni ha su noi acquirenti - diventano protagonisti. Il neutro dei trench, delle borse, dei sabot, delle pencil skirt, dei pullover e degli spolverini, il total neutro dei tailleur pantaloni. Sfumatura su sfumatura, gradazione su gradazione, senza paura che l’insieme sbiadisca, appanni, sbatta anche la carnagione più chiara. Anzi, lo stesso make up si appropria delle tinte neutre, con l’ispirazione di costruire artificialmente la perfetta, perlacea naturalità.

Se ha ragione Roberto Falcinelli in “Cromorama” (Einaudi), se cioè i colori di moda sono una combinazione di studi a tavolino, di fiuto, di eliminazione di quanto ha stancato, ma anche dei valori politici e sociali del momento in cui viviamo, che cosa significa questa voglia di discrezione? Che sentiamo l’esigenza di liberarci del superfluo, di tutte le it-cose da cui siamo bombardati, per valorizzare il fascino di una parola fuori moda come modestia? Con il beige, il corpo diventa una tavolozza da inventare, su cui basta posare un accessorio per catturare l’occhio. È una tela grezza, che definisce, non sovraespone. Una nudità perfetta, ma non rivelatrice.

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