sabato 1 febbraio 2020

LA CURIOSITA'

Il trisnonno di Natalia Ginzburg, che perse tutto per correre dietro a Bodoni 


Una rara foto di Salomone de Parente




«Era stata in passato, mia nonna, molto ricca, e s’era impoverita con la guerra mondiale; perchè siccome non credeva che vincesse l’Italia, e nutriva una cieca fiducia in Francesco Giuseppe, aveva voluto conservare certi titoli, che possedeva in Austria, e così aveva perso molti denari; mio padre, irredentista, aveva inutilmente cercato di convincerla a vendere quei titoli austriaci. Mia nonna usava dire «la mia disgrazia» alludendo a quella perdita di denaro; e se ne disperava, la mattina, passeggiando su e giù per la stanza e torcendosi le dita. Ma non era poi così povera. Aveva, a Firenze, una bella casa, con mobili indiani e cinesi e tappeti turchi; perchè suo nonno, il nonno Parente, era stato un collezionista di oggetti preziosi.

Qualcuno forse riconoscerà subito lo stile e il ritmo di queste righe, dal terzo capitolo di un libro famosissimo, che ha attraversato generazioni. È “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg. Da cultori pazienti e appassionati è invece la ricostruzione dell’albero genealogico dell’autrice, le cui ramificazioni, un rompicapo di parentele, matrimoni e nomi che si ripetono nelle famiglie, si estendono fino a Trieste. «Alle pareti c’erano i ritratti dei vari suoi antenati, il nonno Parente e molte zie e cugine che si chiamavano tutte Margherita o Regina: nomi in uso nelle famiglie ebree di una volta».

Ma chi è quel misterioso “nonno Parente”, accanito collezionista, che lasciò alla nipote pezzi d’arredamento importanti e tappeti preziosi? La sua biografia è la storia di un uomo che coltivava due sogni, così grandi da portarlo alla bancarotta: raccogliere più edizioni bodoniane al mondo e circondarsi di dipinti, da Giuseppe Borsato a Eugenio Bosa, da Giuseppe Canella a Massimo D’Azeglio, fino a “L’incoronazione di Gioas” di Francesco Hayez che venne acquistato nel 1881 dal Museo Revoltella di Trieste. Un uomo e le sue ambizioni si trasformano in un viaggio affascinante, e intricatissimo, nella Trieste ottocentesca e nei suoi legami con il jet set europeo.

La nonna di Natalia di cui leggiamo nel “Lessico”, dal carattere egocentrico e bizzoso, spaventata da un’incombente e inesistente povertà, era Emma Perugia, nata a Pisa nel 1854, da Cesare Perugia e Rachele de Parente, quest’ultima, a sua volta, figlia di Salomone de Parente. Eccolo il nostro uomo, il collezionista, spesso citato dagli studiosi perchè autore di un catalogo delle edizioni bodoniane nel 1881.


Salomone de Parente, nato a Trieste nel 1808 e mortovi nel 1890, aveva il destino scritto nel nome e in qualche modo segnato: la finanza e le cariche pubbliche. A capo della Banca Morpurgo e Parente, che intratteneva relazioni con i Rothschild di Vienna e i Torlonia di Roma, era anche membro della Deputazone di Borsa, vicedirettore delle Assicurazioni Generali e presidente della Camera di commercio di Trieste. Nel 1827 sposò Ester Stella o Stellina, detta “Nina”, Hierschel, figlia di Moisè e di Rachele Vivante, da cui ebbe tre figlie, per poi divorziare. Nel 1845 speculazioni sbagliate portarono i Parente al fallimento e al loro posto subentrarono i Landauer, gli Hierschel e, nel 1853, il ramo parigino dei Rothschild.


Per Salomone, invece, il doppio legame matrimoniale tra i Morpurgo e i Parente nella seconda e terza generazione fu un trampolino di lancio verso l’esclusivo mondo dell’aristocrazia finanziaria europea. Un esempio? Il matrimonio della sua cugina di secondo grado, Louise de Morpurgo (Trieste 1845-Parigi 1926), figlia di Giuseppe e di Elisa Parente, con Louis de Cahen d’Avers (Anversa 1837-Parigi 1922), banchiere francese di origine belga, fondatore de La Banque de Paris et des Pays-Bas (oggi Paribas). Louise teneva uno dei brillanti Salons juifs della Parigi degli anni ’80 dell’800, frequentato da scrittori come Guy de Maupassant ed Edmond de Goncourt, che, affascinato dalla padrona di casa, si perdeva nelle sue movenze “da gatta” e nell’acconciatura di riccioli biondi avvolti come un nido di serpenti.


Louise non trascurava certo i suoi estimatori, nè professava la monogamia. Musa e amante dello scrittore Paul Bourget, lo era anche del ricco e influente critico d’arte Charles Ephrussi (Odessa 1849-Parigi 1905), amico di Proust, che a lui si sarebbe ispirato per la figura di Swann ne la Recherche. E si deve probabilmente alla loro relazione e all’interesse comune per l’arte giapponese, la raccolta di 264 netsuke al centro del romanzo di Edmund de Waal, “Un’eredità di avorio e ambra”, che di questo nucleo narra vicende e peripezie. Proprio de Waal ricorda come la coppia condividesse la passione per l’arte del Sol Levante: assieme avevano acquistato, nel negozio dei fratelli Sichel, una spettacolare collezione di scatole giapponesi in lacca nera e oro del ’600. Sarà Ephrussi il tramite tra Louise e il pittore Pierre-Auguste Renoir, al quale lei commissionò nel 1880 il celebre ritratto della figlia Irene con il fiocco azzurro tra i capelli e il doppio ritratto delle due figlie minori, Elisabeth e Alice.


Il ritratto di Irende de Cahen d'Avers di Renoir



I de Morpurgo e Parente intrattenevano rapporti anche con i Camondo, i cosiddetti “Rothschild dell’Est”, famiglia di ebrei ottomani di origine sefardita. Improvvisamente, nel 1782, il capostipite Haim Camondo, facoltoso commerciante, venne cacciato da Costantinopoli e si imbarcò per Trieste con la famiglia, tra cui i figli Isaac e Abram. Trieste gli portò fortuna: nel 1791 Haim Camondo figurava come primo proprietario, quindi con ogni probabilità anche edificatore, della villa che oggi è la sede del Civico Museo Sartorio.


Salomone, trisnonno di Natalia Ginzburg, apparteneva a questo mondo. Fin da giovanissimo frequentò il salotto triestino di Carolina Bonaparte Murat che, sotto il nome di contessa di Lipona, soggiornò a Trieste tra il 1824 e il 1831. A casa sua nascerà un innamoramento, non per la signora ma per un oggetto d’arte: vedendo la copia del “Sogno di Polifilo”, stampato da Bodoni e a lei dedicato, Salomone, su consiglio di Domenico Rossetti, cominciò a raccogliere i libri dell’alta arte tipografica. Bodoni diventò per lui un’ossessione, una dipendenza che contribuirà al suo tracollo economico. Ne acquistò i libri in tutta Europa, dagli stessi Rothschild, fino a raccogliere 782 esemplari, e compilò cataloghi bodoniani. Prima di morire, in uno stato di forte indigenza, fece un testamento dove salvò solo questi volumi, donandoli, tramite Attilio Hortis, alla Biblioteca Civica di Trieste, affinchè la collezione fosse posta accanto alla raccolta petrarchesca.


Ecco chi era Salomone, il “nonno Parente” di Emma, nonna di Natalia. Uomo di forti passioni, inserito in una scenografia fitta di relazioni, di codici, di gusti esclusivi. La sua biografia ci restituisce la vicenda paradigmatica del collezionismo librario e artistico di Trieste e ci permette di osservare e di leggere, secondo le parole dello storico Carlo Ginzburg, figlio di Natalia, il generale partendo da un’originale periferia storiografica. Tutt’altro che periferica.

@boria_a

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