MODA & MODI
La minigonna ritorna da rivoluzionaria
L'onda lunga della voglia di libertà esplosa l’estate scorsa, con la prima evasione dal confinamento, scavalla l’inverno e si allunga verso i prossimi mesi. Mary Quant l’aveva detto, mettendo fine alla disputa sull’invenzione di uno dei pezzi più iconici del Novecento: la primogenitura sulla minigonna non era nè sua nè di Courréges, ma delle ragazze che la portavano per le strade. E succede ancora una volta, con le passerelle che rilasciano per la primavera-estate 2022 francobolli svolazzanti di stoffa, a coprire quel che resta tra l’ombelico a vista e i glutei. L’insieme - si fa per dire - nostalgico degli anni Duemila, proposto da Miu Miu, rimbalza dalle pagine dei magazine alle gallerie virtuali: gonnellina leggermente svasata appoggiata sulla linea del pube, intimo con logo esposto, maglioncino e camicia crop, tagliati all’altezza del reggiseno. A vista tutta la fascia addominale e le gambe infilate in brevi calzettoni a metà polpaccio.
Ancora una volta la minigonna è chiamata a far da manifesto a un momento storico. Dagli anni della contestazione in poi, ha incarnato protesta, rivolta, indipendenza, è stata strattonata a destra e a sinistra, perfino accusata di rappresentare all’inizio degli anni Novanta una sorta di strisciante restaurazione, di mercificare piuttosto che emancipare. E adesso, in un momento di confusione e insicurezza, in cui ancora i limiti della nostra autonomia cambiano di giorno in giorno e ci disorientano?
Nell’estate 2021 il messaggio era diretto: dopo mesi di divieti, scoppiava la voglia di liberare e di liberarsi, all’insegna della “body positivity”, cioè del diritto a mostrare il proprio corpo anche se non si incasella in parametri estetici superati e obbligati, dando valore prima di tutto al sentirsi bene con se stessi. Mini e microshort hanno colonizzato ogni spazio e ogni tempo della giornata, senza grattacapi di età, fisicità, elasticità. Senza limiti.
Un anno dopo in questo ritaglio di stoffa così minuscolo e così impegnativo non ci può essere solo reazione. C’è la voglia di riprendersi totalmente il proprio corpo, prima di tutto, perchè la pandemia ci ha espropriato di alcuni diritti in nome di un diritto più grande e comunque ci ha obbligato a confrontarci con scelte e con tempi dettati da altri. E c’è voglia di rivoluzione, come ha detto Maria Grazia Chiuri, direttore artistico di Dior, alla Parigi fashion week. Una sorta di ritorno alle origini, quando la gonnellina esprimeva e concentrava l’energia per guardare al futuro in modo positivo, leggero. Fiduciose e determinate a lasciare alle spalle un periodo di costrizioni.
Nella mini 2022 ritorna un bisogno di libertà dirompente, quasi a portata di mano, ora che le “curve” del contagio scendono e si avvicinano a un confortante “plateau”. Tanti termini utilizzati ogni giorno per parlare di moda hanno assunto negli ultimi due anni un significato sinistro, espropriati come noi. La mini torna al suo. Un nonnulla di tessuto con una responsabilità enorme. Proprio per questo, come tutto nei tempi nuovi che affrontiamo, va maneggiata con cautela.
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