L'INTERVISTA
Capucci: "Valentina Cortese voleva
essere grande, nei miei abiti più difficili"
«Ho conosciuto Valentina Cortese agli inizi della sua carriera. Venne da me inizialmente come cliente, poi siamo diventati anche molto amici. Ci accumunava la passione per il grande teatro di prosa, per me lei era un mito, una interprete eccezionale tra attori e registi eccezionali».
Gli abiti di Roberto Capucci, dal guardaroba di Valentina Cortese, saranno battuti all’asta a Milano nella prima tornata dell’1 marzo 2022, ma potranno essere ammirati nelle sale di Palazzo Crivelli, in concomitanza alla Milano Fashion week, il 25, 26 e 27 febbraio 2022. Un trionfo di colori, cascate scenografiche di volants, ampie maniche a pipistrello, mantelle dall’alto collo a scialle. Abiti su cui il tempo ha lasciato il segno, al punto da aggredire e “bruciare” sete e chiffon.
Capucci, come piaceva vestire a Valentina Cortese? Voleva solo vestiti molto importanti e soprattutto dovevo disegnarle abiti che mettessero in risalto la sua personalità. Quasi mai il nero, solo gran colori, dal rosso al verde al fucsia. Sceglieva modelli di tutti i generi, sia costruiti che morbidi. Dovevano essere molto significativi, era la caratteristica principale che chiedeva.
Che tipo di donna era fuori dalla scena? Spiritosa e allegra e non parlava mai male di nessuno, qualità che io apprezzo molto. Amava l'arte e la cultura, era curiosa e intelligente, era sempre un piacere e una sorpresa parlare con lei.
Un aneddoto relativo alla vostra amicizia? Un giorno mi telefonò per portarmi Anna Magnani. Ero molto contento, ma purtroppo non legammo e istintivamente, nonostante la Magnani avesse ordinato cinque vestiti, io non li misi in lavorazione, sentivo che non sarebbe andata bene. Poi telefonai a Valentina Cortese ringraziandola e spiegandole che non ero convinto. Valentina mi rispose che capiva e giustificò l'atteggiamento della Magnani dicendo che c'erano troppe donne belle nella mia sartoria.
Tra gli abiti che vanno in asta due dei Capucci sono i più preziosi. Com’è nato il kimono? Erano dei vestiti presentati in collezione, dove io mettevo sempre ispirazioni diverse. Valentina si innamorò di quello di ispirazione orientale, con il sopravestito a kimono, ed effettivamente lo portava in una maniera magica.
L’altro in seta e chiffon blu notte è quello che voleva copiare Raffaella Carrà ma lei lo impedì, non è vero? No, non lo impedii perché era un abito pubblicato e tutti lo possono rifare. Soltanto che il mio era confezionato in sartoria, quello della Carrà non so.
Come definirebbe lo stile di Valentina Cortese? Il suo guardaroba era quasi tutto firmato Capucci... È vero, ero il suo sarto preferito, ma la cosa più importante è che eravamo amici. Valentina era una donna particolare, a parte la bellezza, con un volto straordinario, aveva la sicurezza di portare i miei vestiti, anche i più difficili, con estrema nonchalance. Il suo stile era di essere "grande".
È d’accordo che il suo guardaroba vada all’asta per beneficenza? C’è chi lo vorrebbe mantenere unito, magari sotto la tutela di una fondazione... Nella mia Fondazione ho già dei vestiti che mi lasciò Valentina Cortese e li conservo con molta cura per poterli mostrare al pubblico in iniziative culturali che diffondano la conoscenza delle lavorazioni nel campo della moda nel suo insieme e del mondo del tessile in particolare. Quest’asta ha uno scopo benefico, per chi ha bisogno, e io sono favorevole a questo tipo di interventi a sfondo sociale.
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