MODA & MODI
Il rosa 2022, colore non binario
Il rosa si diffonde nelle vetrine, in alcune una nota sottile, in altre accampandosi come il colore che fa da ponte verso la nuova stagione. Tenero, baby, shocking, fucsia, virato sulle vibrazioni del lilla, o annacquato fino a diventare ostrica, ci spinge a familiarizzare con l’idea di lasciare indietro, di staccarci dalla gamma dei neri e dei grigi, o dalla palette autunnale, per scegliere almeno un accessorio della tinta che porta con sè l’idea di qualcosa che si schiude, di un altro inizio. Questo rosa infantile sembra innocuo, ma accostarlo e indossarlo evitando l’effetto Barbara Cartland richiede sempre un bell’esercizio di misura. Le vetrine ci rimandano molti total pink, interi tailleur, vestiti lunghi fino alle caviglie, pullover e gonne ton sur ton, che allenano l’occhio e il nostro senso critico a rifuggire dall’overdose.
La scrittrice Barbara Cartland
È un rosa da guardaroba femminile, ma non solo. Anzi, l’aspetto più interessante e originale ha a che fare proprio con la perdita di qualsiasi connotazione di genere legata a questo colore. Agli inizi del Novecento, la ripartizione cromatica per sessi era rovesciata: il rosa apparteneva al maschio, in quanto derivazione del rosso, espressione di vigore e forza, mentre alle femmine era riservato l’azzurro, più tenue e delicato, virginale e remissivo, per associazione al mantello della Madonna. Fino alla seconda guerra mondiale non c’è una categorizzazione secca dei colori, anche se dagli anni Trenta gli uomini cominciano ad adottare tinte scure, legate al mondo del lavoro, lasciando alla sfera domestica delle donne una palette più tenue. Nei lager, però, gli internati omosessuali erano distinti dal triangolo rosa.
Le operazioni di marketing degli anni Ottanta cambiano la prospettiva: rosa per le donne, dalla culla all’età adulta, passando per abbigliamento, giochi, cosmetici, accessori. Il maschio progressivamente si spoglia dell’azzurro, amplia la gamma, mentre la connotazione cromatica al femminile è dura da smantellare e per convenzione giornalistica resiste nei titoli: squadra rosa, vittoria in rosa, stagione tutta rosa, a definire con un aggettivo la prevalenza o la componente donna.
Il simbolismo abbraccia gli estremi: da una parte ci sono le “quote”, dove dal recinto si passa al ghetto, dalla parte opposta il “pussy power hat”, il berrettino di lana con le orecchie che nel 2017 ha vestito la rivolta delle gattine contro il sessismo di Trump e di tutti i predatori stanati dal #metoo.
Il rosa 2022 non esprime radicalizzazioni. Si distribuisce sulle passerelle maschili e femminili, interpretando al meglio quanto ha detto Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino: “non esistono uniformi ma persone e i colori sono di tutti, di tutte le persone”. Dai berrettini da baseball ai completi alla Gatsby, passando per felpe, soprabiti, pull e pantaloni, esiste un’infinita gamma di rosa per lui, in tutte le sfumature, senza nessuna sdolcinatezza. Il 19 marzo al Victoria & Albert Museum di Londra aprirà la mostra “Fashioning masculinities”, dove, raccontando l’evoluzione dell’uomo attraverso il guardaroba, si riabbracciano i concetti di ornamento, frivolezza, mollezza. E il rosa ritorna alle origini, colore non binario, adatto a tempi fluidi.
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