LA STORIA
Cade a pezzi la libreria di Saba a Trieste
Appello per salvare "l'antro oscuro" del poeta
Fotoservizio di Andrea Lasorte per Il Piccolo di Trieste
«No, non si può visitare, mi spiace. Ma vi racconto la sua storia». Il gruppo di turisti americani staziona stoicamente sotto una pioggia impietosa davanti alla vecchia saracinesca abbassata al numero 30/b di via San Nicolò. “Libreria antiquaria Umberto Saba” dice la scritta sul vetro a mezzaluna, tenuto insieme da una striscia di nastro adesivo. Chiuso per malattia, recita il post it sulla porta, messo da un commerciante vicino. Volonterosamente la guida turistica cerca di mitigare la delusione dei visitatori, raccontando del vecchio poeta e dei versi scritti dietro quei muri.
È chiusa da cinque mesi la libreria di Saba, da quando il suo proprietario, Mario Cerne, si è ammalato. Un lungo periodo che ha aggravato anche le condizioni del luogo, dei pavimenti, dei soffitti, dei ripiani di legno che corrono fino al soffitto. In alcuni punti sono incurvati, sembrano soccombere sotto il peso dei libri e di cotanta storia dimenticata.
A improvvisarsi cicerone è l’avvocato Paolo Volli, responsabile del patrimonio immobiliare della Comunità ebraica, proprietaria dell’intero immobile e quindi anche dei muri della libreria. Alza la saracinesca, accende la luce da un vecchio interruttore introvabile dietro la porta d’ingresso, cammina sulle tavole di truciolato compresso messe provvisoriamente a riparare il cedimento di alcuni parchetti a spina di pesce. Da sotto i rattoppi esce una terra spessa, che s’intravede qua e là. Non è facile procedere lungo le stanze, letteralmente manca il terreno sotto i piedi.
La famiglia Volli è legata a Saba da un rapporto antico: il nonno di Paolo, Ugo, avvocato anche lui, con lo studio in via San Nicolò aperto nel 1929 e poi a lungo portato avanti dal padre Enzio, gli raccontava che una parte dei libri della loro biblioteca legale si era salvata dallo scempio dei tedeschi perché Saba aveva dato ricovero ai volumi nella sua libreria, al piano terra dello stesso edificio. Altrimenti avrebbero seguito la triste sorte degli altri, fuoco per riscaldare una casamatta.
Ora è tempo di ricambiare il favore. E Volli lancia un appello alla città, propone una sottoscrizione pubblica per salvare la libreria di Saba dal suo inarrestabile degrado. Alcuni privati si sono già messi in cordata, ma ne servono molti di più. I lavori dovrebbero partire entro l’anno, per durare circa otto mesi, con ditte e restauratori della città guidati dall’architetto Aulo Guagnini, incaricato dalla Comunità ebraica, lo stesso che ha seguito la nascita del Caffè Sacher di Trieste nel magnifico ex negozio Rosini. La Comunità sta impiegando energie e tempo nella regia dell’operazione, ma interviene anche con un impegno finanziario.
La cifra del preventivo è importante, centodiecimila euro salvo sorprese, che probabilmente non mancheranno. E bisogna muoversi tra mille cautele e pastoie: su tutto l’immobile insiste un vincolo paesaggistico e storico, sulla libreria quello di studio d’autore, i settecento volumi con la sigla manoscritta di Saba e i suoi cataloghi sono intoccabili. Manca un’archiviazione dei volumi, al punto che non si sa nemmeno di preciso quale possa essere il valore “commerciale” dell’azienda. Accanto ai libri antiquari in più lingue, alle “Poesie” di Saba del 1911 e alla prima edizione del “Canzoniere”, sotto la sinfonia di tomi della Geografia Universale Utet spunta un Ken Follett e un libriccino del 2023 sul significato della parola “Amen”. Sembra una beffa affatto casuale. L’appello è esteso dunque a studenti, laureandi, ricercatori in archivistica, per riordinare definitivamente il patrimonio librario.
Bisogna fare ordine, innanzitutto, continuando un intervento già iniziato di ripulitura dal ciarpame accumulato negli anni. I libri - la massiccia scrivania che non passa dalla porta, certamente montata in loco e altri mobili inamovibili - andranno tutti ricoperti prima di alzare i parchetti, che verranno restaurati con la stessa essenza e colore originari. I più rovinati finiranno in fondo, quelli in migliore stato di conservazione saranno portati avanti. Prima di ri-appoggiare il pavimento dovrà essere realizzata una conca di cemento armato impermeabilizzata per scongiurare infiltrazioni. La carta da parati, in più punti cadente e strappata, è ottocentesca: dovrà essere pulita, mantenuta e, dove irrecuperabile, sostituita da tasselli color tortora per simulare la continuità cromatica.
Alle librerie servono puntelli, ma le “pance” scavate dal tempo verranno rispettate. Le due “torri” librarie della seconda stanza pare possano essere spostate, una sola ridisegnerà l’«antro oscuro» di cui Saba si invaghì e comprò a stretto giro nel 1919. Voleva rivenderlo e guardagnarci sopra, finì per seppellircisi con i suoi tormenti e la dannazione dei magri clienti. Al centro, in una teca di vetro, la macchina da scrivere del poeta. Ci scrissero sopra i ragazzi di una scuola, il ringraziamento a Mario Cerne che durante una visita aveva insegnato loro il funzionamento di quell’arcaico strumento con i suoi duri tasti ticchettanti. Da un cassetto spuntano le schede metalliche col nome dei clienti per la confezione delle etichette, tutte rigorosamente ordinate da Saba, insolventi compresi.
Nemmeno i monumentali termosifoni possono essere rimossi, ma si provvederà a riscaldare con un nuovo impianto. Nuovo sarà anche quello elettrico, con illuminazione “wall washer” sopra le librerie e di stanza in stanza meno forte, così da evocare la suggestione del luogo, «riproporre l’idea dell’antro con i libri illuminati, riportando il visitatore indietro nel tempo», spiega Guagnini. Chissà se i crocieristi che schiacciano il viso tra i rombi metallici della saracinesca si sentono investiti da quella potenza simbolica di cui parla Giampiero Mughini, cultore affezionato.
«Sarà un’operazione storica, culturale e certamente anche turistica» sottolinea Paolo Volli lanciando la sottoscrizione. Il conto bancario è stato aperto, chi volesse donare per il “Restauro libreria antiquaria Umberto Saba” può farlo con l’Iban IT78F0306909606100000199505. «Una sfida culturale che parte da zero e si rivolge alla città» aggiunge Guagnini.
Ma il futuro? «Mario Cerne si tiene in contatto continuo, se si sentirà in forze ritornerà al lavoro. Altrimenti - prosegue Volli - magari deciderà di cedere la libreria alla Comunità ebraica, vedremo poi in quale forma giuridica, che potrebbe realizzarne una parte di museo diffuso o, a sua volta, affittarla a un nuovo gestore con tutti i suoi vincoli. Intanto, pensiamo a renderla nuovamente agibile e fruibile».
Umberto Saba nel ritratto all'interno della libreria
All’uscita una coppia di ragazzi di Belgrado sbircia speranzosa attraverso la porta che si sta chiudendo. Volli si fa blandire e i due azzardano qualche passo tra la polvere e i rattoppi di tutto quell’abusato immaginario collettivo che va in pezzi, perlopiù nell’indifferenza.
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