sabato 2 dicembre 2023

IL PERSONAGGIO

Arturo Nathan, scoperta a Laupheim la tomba del pittore triestino morto nel 1944



 

Si aggiunge un tassello alla biografia del pittore triestino Arturo Nathan, il “contemplatore solitario”, come lo definì la mostra del 2022 al Mart di Rovereto, tappa importante nella sua più recente riscoperta. Nathan morì il 25 novembre 1944, a 53 anni, nell’ospedale del campo di Biberach nel Baden-Württemberg, dove era stato trasportato in treno dal lager di Bergen-Belsen. Il pittore era arrivato il 17 novembre minato nel fisico, spirò pochi giorni dopo per un “avvelenamento del sangue”, come si legge negli elenchi del campo. Ma che fine fecero le sue spoglie? Dov’è la sua tomba? Neanche l’articolata biografia firmata da Enrico Lucchese nel 2009 per la Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste ne riporta un’immagine (e anche come data di morte, tutt’ora incerta, nel libro si indica il 20 novembre).


Arturo Nathan è sepolto nel piccolo cimitero ebraico di Laupheim. Oggi, dopo quasi ottant’anni, circola online una fotografia della sua tomba. Nella fila nord 29 di Laupheim, sulla lapide numero 10, c’è un’iscrizione in inglese: “In memoria di Arthur Nathan, 53 anni, che morì nel campo di internamento civile britannico Biberach il 25 Novembre 1944”. L’immagine è stata pubblicata da Michael Schick, conservatore del camposanto, a corredo di un suo articolo dedicato al pittore triestino. A sua volta uno studioso di storia tedesco, Reinhold Adler, di Pfullingen, impegnato in una ricerca sul campo di Biberach, l’ha trasmessa ad Alessandro Rosada della Galleria Torbandena di Trieste, da sempre attiva nella tutela e promozione dell’opera di Nathan. Dell’artista, in questi giorni, si può ammirare in galleria “Costa con rovine”, anno 1932, nell’ambito della mostra “Masters”, accanto a un taglio di Fontana, un paesaggio di Morandi del 1913, a una “Danseuse” di Severini.

 

Arturo Nathan sull'Harley Davidson ritratto dall'amico Carlo Sbisà: "Il motociclista", 1932 (già Collezione Lanfranchi, Milano)

 

 «Non sapevo nulla di Nathan - dice Schick - ma quando Adler mi ha segnalato il suo nome ho fatto delle ricerche e sono rimasto sopraffatto dalla scoperta di quale personalità sia sepolta a Laupheim. E sono orgoglioso che, come custode del cimitero ebraico, mi sia permesso occuparmi della sua tomba. Finora non abbiamo avuto contatti con persone interessate a Nathan. Qualche anno fa, forse, c’è stata una richiesta al nostro museo, ma nessuno si è reso conto che si trattava di un artista importante».


Com’era arrivato Nathan a Biberach? Nell’aprile 1943 le SS crearono un altro campo nella parte sud di Bergen-Belsen. Era riservato a gruppi di ebrei che SS e Ministero degli Esteri intendevano scambiare con prigionieri tedeschi internati all’estero, o con valuta straniera e merci, e che quindi avevano salva la vita.
Per gli scambi venivano scelti ebrei in possesso di documenti ufficiali rilasciati dall’autorità britannica, o cittadini di stati occidentali nemici dei nazisti o che avessero ricoperto alte cariche nelle organizzazioni ebraiche. Nathan aveva anche la nazionalità inglese, perchè inglese era suo padre Jacob, sposato con la triestina Alice Luzzatto.
Le SS avevano organizzato campi separati per i prigionieri da scambiare: il Campo Stella per gli olandesi, il Campo Ungheria per gli ungheresi, il Campo Speciale per gli ebrei polacchi e il Campo Neutrale per i cittadini di stati neutrali. Secondo i numeri forniti da Schick, da luglio 1943 a dicembre ’44, almeno 14.600 ebrei furono trasportati nel campo di scambio di Bergen-Belsen, tra cui 2.750 bambini e ragazzi. I cancelli si aprirono solo per 2560 di loro.

 

"Pomeriggio d'autunno", 1925 (Courtesy Galleria Torbandena Trieste)

 


A Bergen-Belsen non c’erano camere a gas, ma le condizioni di vita erano terribili e i prigionieri morivano a migliaia. Al campo di scambio si sopravviveva: gli internati potevano portare un bagaglio personale, vestire abiti civili e, di nascosto, praticare il loro culto. Era un campo per famiglie, non per persone singole. Questo potrebbe spiegare la presenza negli elenchi di Jeannette Nathan, erroneamente indicata nell’articolo di Schick come la moglie di Arturo. Jeannette, nata a Londra da genitori italiani, Enrico e Carolina Piazza, di dieci anni più vecchia di “Arti”, era stata internata a Fossoli, vicino a Carpi, il 29 ottobre 1943. Anche Nathan passò di là, proveniente dal confino nelle Marche, prima a Offida poi a Falerone, dove restò fino l’8 settembre 1943, quando fu deportato dalle truppe di occupazione tedesche. I due si dichiararono coniugi ai nazisti per evitare l’eliminazione immediata una volta entrati nel lager in Germania. A Bergen-Belsen furono trasportati insieme a un gruppo di ebrei con passaporto britannico arrestati dagli italiani a Tripoli e Bengasi e poi passati nei campi di transito in Italia. Tutti soffrivano di malattie infettive agli occhi e di ulcere.

 

"Rupi vulcaniche", 1933, Collezione privata

 


Nel gennaio 1945, grazie alla mediazione della Svizzera, era previsto uno scambio tra prigionieri tedeschi e americani. Trecentouno ebrei di Bergen-Belsen, tra cui Nathan e le famiglie di Lazar Schönberg e John Hasenberg, furono caricati su un treno della Croce Rossa diretto a Costanza, città individuata per la consegna degli americani. Il treno si fermò a Biberach, dove fu scaricato il corpo di John Hasenberg, morto sul convoglio. Quaranta prigionieri vennero fatti scendere e portati nel campo Lindele, mentre il loro posto fu preso da quarantadue americani destinati allo scambio. La tappa successiva fu Ravensburg. Stessa procedura: salirono prigionieri americani e altri ebrei dovettero abbandonare il treno, per essere trasferiti in caserma a Weingarten e il giorno dopo al campo Lindele di Biberach, che dal ’42 accoglieva prigionieri con documenti britannici.
Nathan vi fu lasciato il 17 novembre 1944. Otto giorni dopo moriva di stenti e della cancrena che gli aveva divorato la gamba. Il 28 novembre trovò sepoltura nel cimitero evangelico. Fu Jeannette a comunicare alla sorella Daisy Nathan Margadonna, a Roma, la morte di Arturo: lo dice lei stessa al Piccolo in un’intervista di Gabriella Ziani, nell’edizione del 20 settembre ’96. Dopo la guerra, le spoglie dell’artista furono traslate nel cimitero ebraico di Laupheim, dove giacciono dal 10 gennaio 1946. Nella stessa fila in cui si trova la tomba del pittore sono sepolti anche Lazar Schönberg e John Hasenberg, con cui era salito sul treno a Bergen-Belsen.

 

"L'incendiario", 1931, Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo

 

Il Journal of Italian Translation, rivista letteraria di New York, che dedica ogni numero all’approfondimento di un artista italiano, nell’edizione della primavera 2023 pubblica le immagini di quindici opere di Nathan, corredate da una biografia dell’artista firmata da Marilena Pasquali, storica dell’arte e presidente del Centro Studi Giorgio Morandi e da un racconto di Alessandro Rosada, “Nathan nelle città”, tradotto da Anthony Molino. Apre la selezione di immagini “L’esiliato” del 1928, chiude “L’asceta” del 1924: in mezzo una galleria di rupi, frammenti, resti di barche, bastimenti persi in un orizzonte lattiginoso, torri spezzate, come fu spezzata la vita di Nathan all’annuncio delle leggi razziali. E l’“Autoritratto con gli occhi chiusi” del 1925, dietro i quali rimane insondabile il suo mistero.

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