All'americano Shaun Samson l'edizione del decennale del fashion contest
TRIESTE Gli uomini felpati dell’americano Shaun Samson hanno vinto il premio più importante, “Fashion collection of the year”, a ITS Ten, l’edizione del decennale. Il “Diesel Award” a un’altra collezione maschile, quella dell’israeliano Niran Avisar, ispirata a Schiele e all’estetica di inizio secolo.
La collezione maschile dell'americano Shaun Samson (foto Andrea Lasorte per Il Piccolo) |
È stata l’edizione degli uomini e del loro corpo, territorio, per la moda, in parte ancora inesplorato. Sette collezioni su dieci finaliste, più la esagerata processione di eroi ispirati a Gundam del giapponese Takashi Nishiyama, trionfatore dell’anno scorso, si esercitano a sperimentare, rivoluzionare, scomporre e ricomporre, nel guardaroba di lui. Uomini cavalieri, bozzoli, dandy, che non si vergognano di apparire morbidi o stropicciati infilandosi in pantaloni e trench pennellati sulla figura, ironici al punto da permettersi giganteschi involucri di lana sotto cui è difficile stanarli. «L’attenzione per la moda maschile sta coinvolgendo tutte le scuole del mondo - dice Hilary Alexander, giornalista del “Daily Telegraph” e componente della giuria - probabilmente perchè quella femminile è ormai troppo affollata. Diciamo che a Trieste ho visto cose un po’ estreme e che difficilmente uscirei con un maschio vestito così. Ma la qualità e il contenuto creativo sono molto alti». E Maria Luisa Frisa, direttrice del corso di fashion design dell’Iuav di Venezia: «Succede che l’uomo è sempre più moda e che la moda maschile registra la maggiore innovazione, forse perchè è sempre stata più trascurata. Marchionne che porta il maglione significa che il maschio non si limita più al vestito formale, del sarto, ma sa indossare capi che recepiscono maggiormente i cambiamenti della moda e non solo».
Quando sfila lui, lo spettacolo non ci guadagna, ma l’attenzione si sposta sui particolari. Discorso che non vale per Kevin Kramp, i cui uomini si perdono sotto gigantesche affastellature di lane colorate, bozzoli costruiti intrecciando interminabili sciarpe, maglioni extralarge da cui si allargano pantaloni altrettanto comodi. Una sorta di divisa, spiega il biondo designer americano - che si è guadagnato il “Modateca Award” non a caso messo in palio dalla signora della maglieria Deanna Ferretti - di una tribù maschile dove prevalgono lealtà, cameratismo e senso dell’onore, e il calore è assicurato dalle lane più che dalle donne.
La lana protagonista della collezione di Kevin Kramp (f. Lasorte) |
Uomini tutti da cogliere nei dettagli sono piuttosto quelli del vincitore Shaun, che sperimenta un incredibile tessuto “fusion” per pantaloni e lunghe casacche, dove il tartan o il plaid delle camicie da lavoro sfumano nella maglieria senza l’ombra di cuciture, regalando un partner confortevole e avvolgente, ma anche lui, ahimè, più a suo agio in un “clan” di genere che con una compagna. Per Niran il gentiluomo contemporaneo si rifugia in colori estenuati, fragili come lui, sostituendo le spigolosità delle divise militari con i giochi raffinati di camoscio e lana.
Lana, tanta. Autentico bene-rifugio per i finalisti di questa edizione di ITS, più che mai misurata anche in passerella, in sintonia con un clima generale che si è lasciato alle spalle tutta la moda da bere, colori e consistenze compresi. «La maglieria ha registrato un successo incredibile e ha mostrato la grande capacità tecnica di questi giovani designer - commenta ancora Frisa - proprio come la moda maschile. Da entrambi ci vengono nuovi input».
Tra maschi consapevoli e autosufficienti, le donne che fine hanno fatto? Residuali per numero di proposte in passerella, vincenti nella “costruzione” dei materiali. L’olandese Jantine Van Peski cala le sue creature in architetture aeree, ricavate arrotolando certosinamente il tessuto in tubicini: niente disegni e cartamodelli, la gabbia nasce direttamente sulla figura, la imprigiona senza costringerla, come se avesse, e si muovesse, di vita propria. Energiche e vitaminiche quelle dell’ingleseRuth Green, premiata per i suoi tubini arancioni che richiamano le linee pulite del Bauhaus e nascono da un mix di maglia e viscosa, da portare, altro accostamento estremo, con pantaloni impalpabili di chiffon. Sperimentale anche il tessuto “affumicato” (a prova di olfatto) della canadese Tabitha Osler, tecnica utilizzata per imprimere una sorta di stampa a ragnatela sul fondo color cipria. Peccato che lo sforzo tecnico sia servito per vestire improbabili maghelle uscite da una sorta di Fantabosco, con tanto di ramazze e calzature ricoperte di paglia (idea apprezzata, peraltro, da Hilary Alexander, che giura di avere il coraggio di metterselo un “outfit” del genere...). Dimenticabile, infine, la proposta della svedese Amelie Marciasini, pellicce verde acido dai top alle scarpe: il tutto per signore sull’orlo di una crisi di gusto, a forte rischio drag queen.
Le "maghelle" di Tabitha Osler (f. Lasorte) |
Decima edizione del concorso in archivio, dunque, presentata come sempre dall’adrenalinica Victoria Cabello.
La donna della svedese Amelie Marciasini (f. Lasorte) |
Un anniversario che i budget inesorabilmente ridotti hanno privato dei contenuti celebrativi, privilegiando la rimpatriata di quella che gli organizzatori chiamano la “famiglia ITS”, una rete ormai consolidata di ex concorrenti in carriera, insegnanti, giornalisti, buyer, cacciatori di talenti. Questo il parterre della serata conclusiva all’ex Pescheria, alla quale ha preso parte il “vecchio” supporter Roberto Cosolini, per la prima volta in veste di sindaco e fresco fresco del primo sigillo d’oro, assegnato proprio al finanziatore principale di ITS, Renzo Rosso. Tribù internazionale di “alieni”, li ha definiti il giornalista Angelo Flaccavento, che per la città che li ospita, negli anni sono rimasti tali, anche in quest’edizione in cui avrebbe dovuto compiersi l’aggancio tra territorio e manifestazione. I tagli nei fondi hanno rinviato a tempi migliori mostre e iniziative promozionali, così i “pacifici invasori” di ITS ancora una volta sono stati per Trieste i conoscenti delle vacanze, se non perfetti sconosciuti. «Speriamo che gli amministratori capiscano che il concorso è importante per l’economia e il turismo. Il gesto del sindaco fa sperare bene...», azzarda Hilary Alexander.
Altrove, ITS perderebbe parte del suo fascino, Trieste una ribalta, un’occasione di guadagno. Ma dieci anni sono tanti per non capire che c’è il rischio della nicchia. Come l’invenzione del vincitore di ITS Nine, ultima uscita in passerella di Takashi, il tenero stilista prigioniero nelle sue visioni e nel suo inespugnabile giapponese: un aereo-vestito lungo venti metri, che cinque modelli muovono in contemporanea. Che alieno, pure lui.
twitter@boria_a
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