domenica 8 gennaio 2023

PERSONAGGI

 "Estée Lauder? Complicata

La mia preferita è Leonor Fini" 


Leonor Fini vestita da Simonetta


 Wallis Simpson? Sapeva di non poter vincere sul piano della bellezza, ma quando conquistò il principe di Galles, che per lei rinunciò al trono d’Inghilterra, puntò tutte le sue carte sullo stile e sull’eleganza. Estée Lauder, l’imperatrice della cosmesi? Divisa tra l’azienda e una vita sociale frenetica, era difficile di carattere e per di più allergica a tutti i materiali, salvo la seta pura. La più simpatica? Leonor Fini, la pittrice triestina che aveva grande intuito e sensibilità per la moda: vestirla era una gioia.


Ricche signore del bel mondo parigino degli anni Sessanta, clienti affezionate, e alcune, come Lolò, diventate anche amiche. Dalle memorie di Donna Simonetta Colonna Romano di Cesarò, figlia del duca Giovanni, già ministro di Mussolini, per tutti Simonetta, eccentrica pioniera del made in Italy scomparsa nel 2011 a 99 anni, escono pungenti ritratti delle “celeb” che passavano per il suo atelier di Rue François 1.

 

Simonetta Colonna di Cesarò fotografata nel 1951 a New York da Clifford Coffin (Archivio Simonetta)

 


L’aveva aperto all’inizio nel 1962 insieme al secondo marito, lo stilista Alberto Fabiani, seguendo il trasferimento d’oltralpe del loro grande amico Roberto Capucci, che aveva lasciato Roma per sfilare per la prima volta a Parigi nello stesso anno. Quando Simonetta e Alberto debuttarono sulla scena francese con la collezione congiunta “Dauphin”, l’amica Leonor Fini era tra gli invitati, accanto a Elsa Schiaparelli ed Helena Rubinstein. Poliziotti facevano la guardia all’ingresso della boutique e negli showroom del piano superiore, perchè gli accessori per gli abiti erano preziosi da mille e una notte prestati dal gioielliere americano Harry Winston.


Leonor e Simonetta si erano conosciute a Roma, durante la guerra. La prima frequentava scrittori e artisti della capitale e si affermava come ritrattista di signore dell’alta società, tra cui la sorella di Simonetta, Mita, andata in sposa al conte Uberto Corti Santo Stefano Belbo, che ritrasse nel 1949 (l’opera fu esposta al Museo Revoltella di Trieste, nella grande mostra del 2009 su Leonor Fini, l’italienne de Paris).
Simonetta, all’epoca sposata con Galeazzo Visconti di Modrone, aveva fondato appena ventiquattrenne, nel ’46, la sua casa di moda, annoiata dall’asocialità del marito. Cinque anni dopo, alla sfilata che segnò la nascita della moda italiana, nella villa fiorentina del marchese Giovan Battista Giorgini, presentò le sue creazioni accanto alle Sorelle Fontana, Schuberth, Marucelli, al futuro secondo marito Fabiani, a Jole Veneziani, Pucci, e a un imberbe Capucci, che fece parlare di sè vestendo moglie e figlie del padrone di casa.


Ma torniamo alle clienti di Rue François 1. Wallis Simpson, racconta nelle sue memorie Simonetta, era “la cliente ideale”. La sua segretaria fissava gli appuntamenti e lei era di una puntualità assoluta, comparendo infallibilmente all’ora stabilita. Estée Lauder, al contrario, non avvertiva mai del suo arrivo, ma in genere si presentava in maggio o giugno, al culmine della stagione, quando aveva bisogno di nuovi abiti da cocktail o da sera. Non aveva una bella figura e non era facile da vestire, per di più le sue allergie obbligavano le sarte a foderare tutti i capi in chiffon. Suo marito Joe, alto e robusto, fungeva da sherpa, reggendo le scatole con i suoi spettacolari gioielli. Seduto nello showroom aspettava pazientemente che Madame Lauder scegliesse tessuti e colori adatti per l’abbinamento ai monili. Le prove erano lunghe e laboriose, perchè la linea del décolleté andava spesso modificata in modo da valorizzare spille e collier e l’atelier era costretto a defatiganti straordinari.


«La mia cliente prediletta - confessa Simonetta nel memoir
("Una vita al limite, 2008, Marsilio) - era la pittrice Leonor Fini». Bruna, istrionica, «aveva grande intuito e sensibilità per la moda. Il suo stile era molto personale, semplice, ma sorprendente. Proprio quello che preferivo!». La tenuta più amata da “Lolò” consisteva in un completo pantaloni e blusa, «che indossava con inimitabile e spavalda eleganza». Simonetta racconta come alla pittrice piacesse moltissimo avvolgersi con fare teatrale in lunghi mantelli ondeggianti, poncho e scialli. «La sua tavolozza di colori non cambiò mai: amava il nero, nero con qualche tocco bianco, oppure il rosso. In inverno indossava quasi sempre stivali col tacco alto e cappelli di pelliccia alla cosacca».


Leonor aveva ritratto Simonetta nel 1947-48: bellissima, altera, il collo da cigno circonfuso dal nero della camicia, gli occhi profondi che guardano lontano. Per Leonor, Simonetta aveva ideato una sorta di pantalone-stivale, rigorosamente nero. E le aveva inviato da Roma a Parigi le lunghe piume per il costume da “Angelo nero”, con cui l’artista monopolizzò l’attenzione dei media internazionali a Venezia il 3 settembre 1951, nel fastoso “Bal du siècle”, organizzato dal miliardario Carlos de Bestegui a Palazzo Labia.


Il loro sodalizio fu lungo e profondo. «Penso di essere stata una delle sue poche amicizie femminili - scrive Simonetta nel memoir - perchè non si curava troppo della compagnia delle donne. L’amicizia, però, era molto importante per lei, che odiava essere sola».

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