lunedì 27 maggio 2019

IL LIBRO

Yokomizo Seishi e il mistero degli sposi pugnalati la prima notte di nozze


 



Una coppia di sposi trovata morta, sul corpo di entrambi ferite di arma da taglio, nella loro prima notte di nozze. La camera della dependance di una vasta proprietà è chiusa dall’interno, le finestre sono sigillate, salvo una feritoia da cui nessun essere umano può avere accesso all’alcova. All’esterno una spada tradizionale giapponese.

È la fine del novembre del 1937, nel villaggio di Yamanodani, nella prefettura di Okayama. Lui è Kenzō Ichiyanagi, quarantenne colto e metodico, primogenito di una famiglia nobile, lei, Katsuko, un’insegnante molto più giovane, mal digerita dalla futura suocera: alla ragazza non perdona di essere di classe inferiore, figlia di suoi fittavoli arricchiti all’estero, e di non saper suonare l’antico strumento tradizionale a corde, il koto, come la consuetudine familiare impone alla promessa nel corso della cerimonia.


Intorno ai due cadaveri sgozzati, si muovono pochi personaggi: la vedova Itoko, madre dello sposo, due dei suoi fratelli, il giovanotto Saburō, sfaccendato amante dei gialli, e la diciassettenne Suzuko, affetta da ritardo mentale ma sublime suonatrice, il cugino Ryōsuke, che funge da amministratore della casa e ha occupato il posto del primo figlio, troppo impenetrabile e distante, nella fiducia della padrona di casa. Da parte della sposa, un unico invitato è intervenuto alla cerimonia, lo zio Ginzō, provvidenzialmente amico e benefattore di un giovane investigatore che aiuterà a risolvere il soffocante caso dei novelli sposi ammazzati.


Nei giorni prima delle nozze, uno strano personaggio, con tre dita e una cicatrice che gli devasta il volto, fa la sua comparsa nel villaggio, si ferma in una locanda per chiedere un bicchier d’acqua e informazioni sulla proprietà degli Ichiyanagy. Il colpevole perfetto, quando in casa vengono trovate impronte insanguinate di tre plettri, gli oggetti, simili a unghie, necessari per pizzicare le tredici corde del koto.


Se amate i gialli adrenalinici, i dialoghi serrati, i colpi di scena che accelerano la storia, “Il detective Kindaichi” (Sellerio, pagg. 208, euro 13), piccolo, raffinato noir di Yokomizo Seishi (1902-1981), uno dei massimi esponenti del crime nipponico - ammiratore dei maestri del genere “camera chiusa” come gli americani Carr e Van Dine, il francese Leroux, Conan Doyle e Agatha Christie citati esplicitamente - vi lascerà perplessi, a bocca asciutta.





Ma non è solo il mistero del duplice delitto nell’ambiente inaccessibile a creare l’atmosfera di soffocamento e sospetto che permea le pagine. È anche la circolarità dei personaggi, che si muovono in un ambiente ristretto alla proprietà della famiglia, sempre gli stessi, almeno fintantochè il giovane detective Kindaichi, grassoccio e trasandato, arriva in treno al villaggio e comincia a interrogare i parenti degli sposi, a osservare gli ambienti, a sommare i tanti, troppi indizi apparentemente univoci, a prendere iniziative incomprensibili che rivelano come già la strategia investigativa sia nella sua testa. 


I personaggi li immaginiamo lenti e solenni nelle loro hakama, la gonna pantalone maschile, ai piedi gli geta, le calzature unisex rialzate sulla piattaforma e con la stringa che divide l’alluce dalle altre dita, muoversi tra pareti laccate di rosso, far scivolare le porte scorrevoli con lo scheletro di legno e l’anima di carta lucida, camminare sulla neve che ovatta i rumori, imbozzola la grande casa e, incredibilmente, nasconde alcune impronte e ne lascia evidenti altre. Possibile?


Un mondo di regole, di gerarchie sociali, di codici d’onore fa maturare il fatto di sangue. Kenzō, mai prima fidanzato, si è imposto sulla madre per sposare una donna di condizione inferiore, si è vergognato perchè è toccato alla sorella Suzuko sostituirla al koto, è irritato dal confronto col cugino, che minaccia il suo ruolo negli equilibri familiari. In Katsuko ha visto la gioventù, l’istruzione, la purezza, al punto da schierarsi contro tutti per lei. Chi, allora, poteva avere interesse a eliminare entrambi, quasi si trattasse di ricostituire un ordine violato?


La soluzione del giallo, come vogliono i codici di questo genere, è un perfetto meccanismo ingegneristico, cui concorrono più persone. Chi sia il colpevole è poco interessante, il pregio del noir è l’averci portato dentro la sua testa, la vera camera chiusa.

@boria_a

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