IL MUSICAL
Gabriella Slade e i costumi di Six
Tra storia e pop, hanno vinto un Tony Award
Six di Toby Marlow e Lucy Moss |
Sei regine rock. Immediatamente riconoscibili dai colori e dalla silhouette. Sei donne che portano su di sé il peso della storia e la condivisione di un uomo ingombrante, ma che si scatenano sulla scena adrenaliniche come popstar di oggi. Una band, coesa e compatta, dove ognuna delle protagoniste rivendica la sua individualità.
Non è stato un compito da poco vestire le regine di Six per la costumista Gabriella Slade. Ma questa giovane creativa, che ha studiato arte e ha radici napoletane per parte di madre, lo ha assolto in maniera così originale da vincere un Tony Award per i migliori costumi di un musical alla 75° edizione dei premi. Il segreto? Mescolare dettagli storici all’energia della musica contemporanea. E assegnare una tinta particolare a ogni sovrana, solo sua, per renderla unica e inconfondibile. Il musical cult Six sarà in scena al Politeama Rossetti di Trieste, in esclusiva nazionale, dal 24 al 28 aprile 2024.
Anna di Cléves (f. Pamela Raith) |
«Caterina d’Aragona, per esempio - spiega Gabriella - è spagnola e cattolica. Per lei una scollatura squadrata e poi il nero e l’oro, riferimenti cromatici imprescindibili, che ci riportano però anche a una star di oggi come Beyoncé. Anna di Clèves, invece, in un famoso dipinto indossa un abito come ampie strisce a zig zag, che ho voluto assolutamente riproporre nel costume. Per Anna Bolena, poi, il girocollo è un elemento fondamentale...». L’infelice seconda consorte, infatti, mandata a morte per decapitazione con un ventaglio di accuse dal tradimento all’incesto, sfoggia l’iniziale del nome proprio sotto la gola, una sorta di medaglione incastonato nello scenografico costume verde smeraldo. L’altra consorte cui Enrico VIII fece mozzare la testa, l’adultera Caterina Howard, porta l’iniziale del nome appesa a un choker intorno al collo, punto sensibile del suo destino. Il costume di Caterina d’Aragona ha avuto invece l’onore della ribalta museale, esposto nelle sale del Victoria&Albert di Londra.
Il lavoro di Gabriella Slade è stato certosino. Prima lo studio delle regine dal punto di vista storico, quindi la loro ritrattistica e l’approfondimento degli elementi del periodo Tudor. A tavolino ha discusso a lungo le caratteristiche dei personaggi con gli autori del musical, Toby Marlow e Lucy Moss, poi con le interpreti. «Così mi sono sentita completamente a mio agio nel disegnare e le artiste a loro agio nell’indossare i costumi». La sfida è stata grande: outfit all’altezza di uno show che stava facendo molto parlare di sé, ma che doveva uscire dall’ambito universitario per approdare al Fringe Festival e poi sui palcoscenici del West End londinese, una delle mecche del musical. «All’inizio avevamo pochissimi soldi, ma lo spettacolo era ambizioso. Dovevamo dare il massimo con la nostra creatività. È stata un’avventura appassionante, il risultato di molto studio, ricerca, prove per cercare di capire se erano abiti con cui si poteva andare in scena ogni sera, se erano confortevoli per le interpreti, banalmente se erano facili da lavare per chi lavora nel backstage». I primi costumi furono in numero ridotto. Oggi sono un elemento chiave dello spettacolo, ogni interprete ha i suoi, e il loro costo è astronomico.
Jane Seymour (f. Pamela Raith) |
A legare la corte di Enrico VIII alla contemporaneità ci sono i materiali: cuio, ecopelle, latex, pvc, paillettes, plastica, vinile, pellicola olografica. Superfici che riflettono e amplificano il gioco di luci, una scarica elettrica proprio come in un concerto rock. E finiture borchiate per tutte le sei mogli del sovrano. «È un riferimento al genere di ornamenti che indossavano i membri delle famiglie reali - spiega la costumista -. Le regine sono sempre ritratte con gioielli magnifici ed elaborati e i loro abiti sono decorati. Ma le borchie danno anche l’idea di un’estetica fresca e dura. Il nero mescolato al colore, e le trame degli abiti, si rifanno poi agli elementi architettonici del tempo, come le vetrate colorate».
Caterina d'Aragona (f. Pamela Raith) |
Gabriella ha definito i suoi costumi “sculture mobili”. Le gonne, le maniche e i bustier hanno un’anima interna, una struttura invisibile agli occhi, che permette, per esempio, di realizzare pieghe molto piccole, simulando la naturalezza di un tessuto convenzionale. E cos’è quella sorta di gancio applicato davanti, all’altezza dei fianchi, negli stessi colori di gonne e shorts? Sembra un accenno di fodero per la spada, invece è il porta-microfono. Gli abbinamenti tra regine sono plurimi: Caterina D’Aragona mescola primedonne come Beyoncé, Jennifer Lopez, Jennifer Hudson, Shakira e Katy Perry; Anna Bolena si ispira a Miley Cyrus, Avril Levigne e Lily Allen; Jane Seymour ad Adele, Sia e Céline Dion; Anna di Cléves all’energia di Nicki Minaj e Rihanna, Catherine Howard a Britney Spears e Ariana Grande; infine l’ultima moglie di Enrico VIII, Catherine Parr, ad Alicia Keys ed Emeli Sandé. «Il risultato? Un look regale - lo ha definito Gabriella Slade - per le ultime regine a dominare il palcoscenico».
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