IL LIBRO
Rimpatriata di quattro amiche
le nonne di Sex&TheCity
Le ragazze di Rona Jaffe sono diventate grandi e per loro è arrivato il momento del bilancio. 1977, raduno annuale delle ex studentesse di Radcliffe, prestigiosa università femminile americana dove rampolle di ottima famiglia prendono la laurea giusta per un auspicabile matrimonio con qualcuno dei “cugini” di Harvard. Niente di troppo impegnativo, inglese o relazioni sociali, tanto per saper stare in società. Vent’anni prima, era il destino obbligato delle matricole Annabel, Chris, Daphne ed Emily: non “fare” il medico, ma “la moglie del medico”, ricca, annoiata, mediamente tradita e depressa, impeccabile nell’arte di organizzare ricevimenti e nascondere la propensione alla bottiglia. È andata davvero così a queste quattro donne, che si incontrano dopo due decenni nei loro vecchi dormitori universitari? O anche loro, come le protagoniste del primo romanzo e best seller di Rona Jaffe, “Il meglio della vita”, hanno cercato di affrancarsi dalla deriva della casalinghitudine, per quanto patinata?
Rona Jaffe - scomparsa nel 2005 a 74 anni - torna in libreria con “Riunione di classe”, uscito negli Usa nel 1979 e ora riedito da Neri Pozza. La stessa casa editrice nel 2007 aveva riscoperto “Il meglio della vita”, scritto a 27 anni e pubblicato nel 1958, ventun anni prima di questo romanzo, che è la sua continuazione ideale. Jaffe è stata una delle “sue” ragazze: laureata a Radcliffe, impiegata diventata in quattro anni editor della casa editrice Fawcett Pubblications di New York, lasciò il lavoro per dedicarsi alla scrittura. Per il primo libro aveva intervistato una cinquantina di donne e ricevuto la conferma che c’erano temi di cui volevano parlare: sesso, verginità, rapporti prematrimoniali, aborto, carriera, mobbing. In una delle ultime interviste, ha detto di aver scritto ”un Sex&TheCity senza il vibratore”, richiamando un parallelo che non le rende giustizia. Siamo negli anni ’50, il decennio della “lotteria genetica” (cattura l’uomo migliore, metti al mondo bambini perfetti...), dove non c’è spazio per l’insuccesso. Rompere le convenzioni sociali e il muro della morale accettata è l’inizio di una rivoluzione, sia per le signorine wasp, bianche e protestanti che sposano gli "Svedesi" di Philip Roth, sia per le segretarie che facilmente li inducono in tentazione.
Carrie e amiche ne godranno solo i frutti.
A Radcliffe c’erano “regole” scritte e non scritte. Le prime vietavano i pantaloni a cena, le altre di calarli più di quanto necessario ad agganciare i pretendenti migliori. Comincia da qui il lungo flashback nei destini delle protagoniste della rimpatriata. Che non sono le dattilografe in cerca di indipendenza de “Il meglio della vita”, ma ricche debuttanti da cui ci si aspetta di essere pilastri del successo dei mariti. Entrambe hanno fatto delle scelte e spesso pagano un prezzo di tradimenti e solitudine. Annabel, bella e disponibile, è una madre single di ritorno dopo il matrimonio con un miliardario idiota e una lunga parentesi alcolica. Daphne, la più intelligente, deve liberarsi da un segreto e confrontarsi finalmente con un marito blasonato, che nella sua progenie non tollera difetti. Emily, ebrea e di ricchezza recente, non si è mai liberata dal senso di inadeguatezza, al fianco di un uomo di successo, innamorato ma insofferente. Infine Chris, la più moderna e inquieta, che per amore accetta l’omosessualità del compagno, a costo di continui patimenti.
Sullo sfondo la New York della “decadenza”, come sintitola la seconda parte del romanzo, che tra le strade di Manhattan si scopre omofoba, violenta, classista, razzista. Dietro l’angolo del perbenismo dorato, si prepara il decennio della paura: gli eccessi, poi la peste dell’Aids. Gli uomini ne escono male, forse troppo. Splendidi e opachi comprimari, accanto a donne acciaccate e ferite, ma sempre in lotta contro un ruolo assegnato. Così, tra pagine leggere, frettolosamente definite chick lit, letteratura da gallinelle, l’autrice racconta un momento cruciale per l’emancipazione, l’uguaglianza, il rispetto e la parità tra i sessi. E ha ragione lei, senza scomodare #metoo: non ci siamo ancora prese il meglio.
@boria_a
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