Sunset Boulevard, divina Norma
Uno spettacolo magnifico sulla magnifica ossessione dello spettacolo. Quando Norma Desmond, diva del muto caduta nell’oblio, torna sul set e, avvolta dalla luce di un riflettore, canta we gave the world new ways to dream, abbiamo dato al mondo nuovi modi per sognare, la macchina da presa comincia a girare sotto i nostri occhi, incessante e crudele creatrice di illusioni e di dipendenze. Siamo improvvisamente lì, negli studi della Paramount, al centro del set dove il grande regista Cecil B. De Mille sta lavorando, tra concitazione e frenesia della nuova Hollywood che nasce. Norma incede maestosa nel suo tailleur nero glitterato, e intonando il pezzo più celebre, “As if we never said goodbye”, accende il teatro col fuoco che la divora, la smania di tornare protagonista di un mondo che ormai ha voltato pagina, confinandola nel passato.
È “Sunset Boulevard”, il musical di Andrew Lloyd Webber, scritto da Don Black e Christopher Hampton, che sarà in scena al Politeama Rossetti di Trieste (www.ilrossetti.it), in esclusiva nazionale dal 21 al 25 marzo 2018 (sabato e domenica anche in pomeridiana, alle 16, prevendite già aperte), con un’emozionante Ria Jones nei panni di Norma Desmond.
La cantante era stata scelta proprio da Webber, quando cominciò a provare la sua opera nel 1991, ma all’epoca era troppo giovane per interpretare i tormenti e la follia di Norma. L’anno scorso un’occasione le restituisce la parte, quando Glenn Close, in cartellone al London Coliseum, si ammala, e Jones viene chiamata a sostituirla da un giorno all’altro. Glenn Close aveva già interpretato Norma nell’edizione americana del musical, a Los Angeles nel 1993 e poi a Broadway nel ’94, dove lo spettacolo vinse sette Tony Award, compreso quello per la miglior attrice protagonista, e staccò oltre un milione di biglietti.
Comprensibile, quindi, la prima reazione del pubblico del West End alla notizia della sostituzione della protagonista. Accolta da sonori malumori del pubblico che per sentir cantare Glenn Close aveva pagato anche più di cento sterline, al termine della rappresentazione Ria Jones riceve una lunghissima standing ovation (documentata su youtube), per l’interpretazione intensa di tutti i registri del personaggio: la disperazione, la tirannia, la malinconia, la passione, l’egoismo e la megalomania, l'ironia e la tenerezza, fino alla demenza.
Quella che arriverà a Trieste è la produzione originale inglese, che poi volerà al Koninklijk Theater Carré di Amsterdam. Venti attori in scena per dar vita a quarantacinque personaggi, diciassette musicisti (uno dei più numerosi complessi in tour) diretti da Adrian Kirk che eseguono partiture riorchestrate, originariamente scritte per quarantasei, dieci chilometri di cavi sul palco, seicento costumi fatti a mano ed elaborate parrucche, da 2000 sterline l’una, che ogni sera vengono ripettinate e messe in forma con cura certosina (tre addette solo per loro).
In tutto una macchina da cento persone al lavoro per ricreare la magia e la crudeltà dello star system colto in un momento epocale, il passaggio dal muto al nuovo cinema industriale, a una tecnologia che cancella, o ridicolizza, le vecchie star. «Con un solo sguardo», canta Norma all’inizio dello spettacolo, scendendo la scalinata della sua magione, decadente come una scenografia abbandonata, «incendio lo schermo, nessuna parola può raccontare le storie che raccontano i miei occhi»: è lo strazio della divina che non si rassegna alla fine del suo mito. Sulle quinte scorrono le immagini dei “silent movies”, quando labbra, occhi, sguardi e sorrisi dilagavano sullo schermo. Lei è rimasta cristallizzata in quei primi piani, con il suo trucco pesante, i turbanti e le architetture di piume, gli strass e l’animalier, i kimono da primadonna che esce dalla sala trucco, offrendosi ai riflettori per il primo piano (Alright, Mr. De Mille, I'm ready for my close-up).
Il musical ripercorre in tutto la trama del celebre film di Billy Wilder con Gloria Swanson del 1950, in Italia “Il viale del tramonto”. Terrorizzata dall’oblio, Norma intrappola nel suo disegno il giovane e squattrinato sceneggiatore Joe Gillis (a Trieste sarà l’aitante Danny Mac, che strappa applausi da pettorali quando, in boxer a bordo piscina, all’inizio del secondo atto canta il brano del titolo, Sunset Boulevard), coinvolgendolo nel suo progetto di scrivere un testo, “Salomé”, per il suo ritorno in scena (non un “comeback”, ma un glorioso “return”).
Prima collaboratore presto toyboy (e non c’è qualcosa di contemporaneo in questi meccanismi?), Gillis si trasferisce nel castello dell’attrice, dove il maggiordomo Max, in realtà il suo primo marito, ne custodisce con devozione memorie e memorabilia. Lo interpreta l'imponente Adam Pearce, quasi un Lurch della famiglia Addams, la cui estensione vocale, dai toni più profondi agli acuti senza falsetto, lascia a bocca aperta negli assoli.
La scena è sempre un set, con le posizioni degli attori ben segnate sul pavimento e le grandi luci anni Trenta appese alle quinte. Norma scende le scale, incorniciate da tende che sembrano un pesantissimo sipario, e si muove nella sua casa seguita da una macchina da presa, come i ricordi che la perseguitano. Per spostarsi dal castello alla Paramount, Gillis si siede dentro una sagoma di auto mossa freneticamente a mano da figure nell’ombra, e completa solo dalla parte funzionale alla cinepresa. Per precisa scelta registica, il cinema è ossessione perenne.
La comodità della nuova vita e la pietà per l’attrice in disarmo non basteranno a trattenere il giovanotto, che si innamora di Molly, coetanea degli Studios, e decide di rompere la prigionia in cui è stato ridotto (lei, Betty Schaefer, ha una voce luminosa e i loro duetti ritmati e caramellosi si scalpellano in testa, restandoci per giorni). La vicenda, da qui, è un crescendo verso la tragedia. Dopo il patetico ritorno di Norma sul set, frutto di un equivoco, la donna rivela al telefono a Molly la doppia vita del suo amore e quando Gillis sta per lasciare lei e la sua dimora una volta per tutte, lo ammazza con un colpo di pistola.
Spettacolare, nell’ultimo quadro, l’uscita di scena di Norma, che ormai folle e scarmigliata, con le labbra livide senza più rossetto, scende le scale e va incontro a poliziotti e giornalisti credendoli assiepati per celebrare la sua rentrée, mentre Max, seduto sugli scalini, cerca fino all’ultimo di difenderla da se stessa e dai suoi fantasmi.
Il pezzo “The final scene” fa calare il sipario sul lato oscuro e disturbante dell’industria dello spettacolo: il cinismo con cui crea e distrugge i suoi miti, la tossicità della fama, la dipendenza dal mondo dell’immagine, i compromessi che pretende. La musica di Lloyd Webber è splendida e senza tempo, la storia di “Sunset Boulevard”, riletta alla luce delle quotidiane cronache da Hollywood (e non solo), ancora potentemente attuale.
boria_a
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