MODA & MODI
Operazione tarocco griffato
Quanto conta ancora il logo? Un curioso esperimento commerciale della Diesel fa riflettere sul potere che i brand esibiti continuano a esercitare sugli acquirenti. Qualche giorno fa, nella settimana della moda di New York, il marchio di Renzo Rosso ha segretamente aperto in Canal Street a New York, eldorado del tarocco, un negozio dove si vendono prodotti “Deisel”, scambiando un paio di lettere dell’originale ma con lo stesso “font”, come spesso fanno i contraffattori per mettersi al riparo dalle persecuzioni legali. Marketing diabolico: i pezzi erano imitazioni ma originali quanto l’originale, tutti creati dai designer di Diesel, camuffati con finta etichetta e logo pasticciato.
Il nuovo “negozio” è identico a quelli vicini, con le magliette a buon mercato, o palesemente finte, che penzolano dagli attaccapanni. E i commessi utilizzano le stesse tecniche persuasive di vendita, una sorta di pittoresco butta-dentro per assicurarsi ”real Deisel” a “twenty bucks”, venti dollari.
Increduli e diffidenti, i compratori (video su youtube), cellulare alla mano, si lanciano nello spelling di “diesel” per smascherare l’inganno delle vocali scambiate, ma alla fine, vinti dalla convenienza, se ne vanno con jeans e t-shirt “deisel”. Logo finto ma produzione Diesel al cento per cento (che costa, per ogni capo, almeno dieci volte tanto).
Che senso ha l’operazione? Il brand dice di aver voluto giocare con i suoi fan, «incoraggiandoli a sentirsi liberi di vestire come vogliono». È il momento di celebrare quelli che con “venti bucks”, come canta il rapper Macklemore nel video Thrift Shop, “fanno grandi acquisti, alla ricerca di un risultato fottutamente meraviglioso”. I loghi altrui rifatti in versione deluxe negli ultimi tempi sono stati appannaggio del fiuto commercial-creativo del georgiano Demna Gvasalia, che è riuscito a far sborsare oltre duemila euro per una borsa Balenciaga che citava l’iconica Frakta dell’Ikea (60 centesimi) e più di duecento euro per una t-shirt quasi identica a quella dei corrieri di Dhl ma firmata Vetements. Diesel si spinge più in là: si cita con errore creando un falso autentico che si potrà tra poco acquistare sul suo sito, naturalmente in edizione “molto limitata”, o online, se qualcuno degli inconsapevoli acquirenti del “deisel diesel” deciderà di rivendere il capo (e non certo, supponiamo, a venti bucks).
Resta un dubbio. Ma qual è la “libertà” nel vestire lasciata ai fan del brand? Dal video sembra solo che i clienti abbiano scelto, un po’ rassegnati, la merce più simile a quella che non si possono permettere. Nessuna “de-loghizzazione”, anzi, un logo in più.
@boria_a
Nessun commento:
Posta un commento