domenica 4 febbraio 2018

 IL LIBRO

Se il figlio prediletto è "ricchjuni"







Sono passati vent’anni ma “ricchjiuni futtuti” e “pputtane” per i calabresi Lo Cascio sono sempre un’onta da lavare, anche col sangue. È il 1970: il giovane Nunzio Lo Cascio, riccioluto talento del calcio, viene sorpreso in auto con un altro uomo. La spedizione punitiva di tre incappucciati si accanisce senza pietà su Nuccio, il compagno di squadra che ama segretamente da due mesi, e lo ammazza a bastonate sotto i suoi occhi, abbandonandone il corpo in aperta campagna.

1990: Annina, la nipote di Nunzio, che sogna di fare teatro, compie diciott’anni in un audace vestito rosso con spacco fino alle cosce. Nulla è cambiato nella famiglia feroce e chiusa dei Lo Cascio, dove il capofamiglia Santino, fratello di Nunzio, che vende pesce in tutto l’Aspromonte e ha rapporti con la ’ndrangheta, cerca di ridurre la ragazza ribelle a una “fimmina” di casa, ovvero domata e invisibile, arrivando a segregarla seminuda in una masseria. Ma c’è un possibile marito da agganciare, e davanti alla sua Ferrari rossa e agli ammanicamenti criminali importanti, Annina diventa merce da esporre nell’involucro più vistoso, con buona pace dei pettegolezzi di paese.


Un filo tenace intreccia le vicende dello zio omosessuale e della nipote ribelle nel libro “Il figlio prediletto” di Angela Nanetti (Neri Pozza, pagg. 232, euro 16,50) autrice di romanzi per ragazzi pluripremiata e tradotta in venticinque paesi, che si misura ora con una storia adulta, dolorosa e crudele, di ricerca della felicità. Una storia che si rincorre negli anni, da Londra, la città in cui la famiglia ha spedito in tutta fretta Nunzio, schiantato dal dolore e dall’orrore (forse ha intuito da subito chi ha giustiziato il suo uomo...), e Milano, dove Annina riesce finalmente a scappare per rincorrere il sogno dello spettacolo.


 
Angela Nanetti


 

Sulla copertina, il profilo angelico di un ragazzo dai capelli morbidi, quasi il Timothée Chalamet di “Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino. La vicenda di Nunzio, infatti, e del suo tormentato percorso per superare il trauma della morte di Nuccio e lasciarsi alle spalle per sempre una condizione vissuta con vergogna, per diventare uomo libero a tutto tondo e non solo gay dichiarato, è lungo e costellato da incontri importanti. Una sorta di formazione, di alfabetizzazione sentimentale e sessuale.

Con Thomas, il giovane di sangue blu che ha rinnegato la famiglia per abbracciare il comunismo, Nunzio comincia ad aprirsi, a raccontare della violenza del passato e della solitudine del presente. È un primo passo, ma il suo interlocutore, ambiguo e inafferrabile (come la sua sessualità), non può diventare un compagno di vita. Nè amante nè amico cameratesco, gode di un’educazione privilegiata che gli ha insegnato l’arte di ascoltare, se non di empatizzare. Forse proprio per questo, durante lunghe passeggiate nei luoghi londinesi di Marx, Nunzio riesce a liberarsi dai sensi di colpa e a guardare senza sofferenza quello che è.


Seguiranno altri incontri maschili, in una sorta di frenetica bulimia sessuale, fino all’ultimo con il fotografo Funny, amante e pigmalione. La felicità di riuscire a definirsi senza più vergona, lo spinge a chiamare casa, a parlare con la madre Carmela, rocciosa nel suo amore per quel figlio perduto, che non vuol tornare. Lui promette, lei vivo non lo rivedrà più.


Carmela è personaggio defilato eppure centrale, il perno delle vicende dei consanguinei. Coriacea e manipolatrice. Odia la nuora, la madre di Annina, alla quale imputa l’esigua discendenza del figlio Santino. Di lui conosce la brutalità (come di Nunzio la diversità), e probabilmente la parte avuta nella partenza del fratello, ma nè lo condanna nè lo allontana, anche se il lettore intuisce che sarebbe “fimmina” con la forza di imporsi. Un unico obiettivo la divora, ritrovare tracce di Nunzio, e alla sua testarda e inesausta ricerca del figlio prediletto piega senza scrupoli l’inconsapevole nipote Annina, favorendone la fuga da casa, sotto gli occhi del padre Santino.


Non si può dire di più senza svelare la trama. Che ha felici intuizioni nel tratteggiare i personaggi maschili, nonostante una certa ripetitività di situazioni inceppi il processo di liberazione del protagonista. Più sbiadite le donne, inclusa Annina, l’unica che parla in prima persona. Fa eccezione la matriarca. «E chistu Funny chi è? Nu ricchjiuni pure lui? E a Nunzio gli voleva bene?», insiste Carmela. Ricevuta la rassicurazione della nipote, con una battuta restituisce un paese, un universo di relazioni: «Tuo nonno non mi disse mai che mi voleva bene, per fottere non serviva».

@boria_a

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