MODA & MODI
Scarpe killer
Scarpe killer
Scarpe assassine su suole
“siamesi”. La linea si chiama “Conjoined illusion”
(www.notjustalabel.com)
ed è firmata dalla giovane designer Carolin Holzhuber, tra i
finalisti dell'edizione 2014 nella sezione Accessories al concorso
per fashion designer ITS, a Trieste. Nell'anno che celebra le
calzature più temerarie, aggressive, feticistiche, pericolose,
quelle che ispirano soggezione mista a desiderio, in una carrellata
attraverso i secoli, dalle “ciopine” veneziane agli stiletto
d'acciaio di Louboutin, le sue sono al top, degne di essere messe in
mostra, insieme ad altre, già notissime, di queste armi improprie,
dal fascino perverso.
Conjoined illusion di Carolin Holzhuber |
Il Brooklyn Museum (fino
al 15 febbraio) la definisce una sorta di “arte di uccidere”. La
mostra si intitola infatti “Killer heels” (the art of the
high-heeled shoe”) e propone, fino al 15 febbraio, anche le
straviste scarpe stringate bluette, dal tacco e plateau
impressionanti, che fecero precipitare Naomi Campbell in passerella
nel 1993, consegnandola agli annali della storia delle calzature da
concupire ed evitare.
Naomi Campbell precipita sulla passerella di Vivienne Westwood |
Le rivedremo, comunque,
nel giugno 2015, al Victoria & Albert di Londra, che ha messo in
cartellone, senza troppa fantasia, “Shoes: pleasure and pain”,
scarpe croce e delizia, presentando, un po' sulla stessa falsariga
dei colleghi newyorkesi, 200 modelli, che comprendono le platform
assassine di Vivienne Westwood, Alexander McQueen e le sue scarpe
“armadillo” (pericolose e, diciamolo, altrettanto sgraziate,
fanno un piede goffo e simil-ingessato), le ballerine rosse disegnate
per Moira Shearer nell'omonimo film del 1948, e poi le calzature
delle dive, dalla Monroe a Sarah Jessica Parker, che ha consegnato
all'immaginario televisivo di molte le “Manolo” e le Jimmy Choo.
Ma torniamo a Carolin
Holzhuber e alle sue “illusioni siamesi”, architetture gemelle
da piede. Cambia la lettera dell'alfabeto per identificare una sorta
di scala Richter della suola - I (carbonio), H (cuoio color limone,
peeptoe, piattaforma geometrica), F (si allungano alla caviglia con
dettagli metallici, peeptoe e piattaforma), A (double face, blu o
bianca, dipende dall'umore), C (anche qui carbonio, una sorta di
calzari futuribili in azzurro polvere), con un prezzo che è killer
almeno quanto il design: da 2.800 a 3.400 sterline più o meno. Al
confronto, quelle di un'altra giovane designer, Chau Har Lee
(www.chauharlee.co.uk), che a Trieste vinse ITS Accessories nel 2009
e nello stesso anno l'award di Manolo Blahnik, e che ora sono esposte
nella rassegna del Brooklyn Museum, anch'esse costruzioni ardite,
architettoniche e iper-techno di metalli, legni, plastica, pelle,
sembrano quasi facili da infilare, da sostituire alle scarpe da
ginnastica prima di entrare in ufficio.
La scarpa di Chau Har Lee |
Siamo ormai al confine con
l'oggetto da arredo puro, su cui investire come su una scultura.
L'Eamz disegnata dieci anni fa da Rem Koolhaas (pur comodissima e
indossabilissima) ha segnato la strada: scarpe fungibili con pezzi di
design. In una delle più recenti e godibili serie tv, The Fall, una
delle giovani donne, single e in carriera, che sono sulla lista nera
dell'insospettabile killer, tiene le sue scarpe in camera da letto,
custodite in un vetrina in stile, come una collezione di cristalli,
di ovetti di Limoges.
twitter@boria_a
Le "ciopine"veneziane in mostra al Brooklyn Museum |
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