domenica 14 luglio 2002

E' ITS ONE a TRIESTE
Daniele Controversio vince la prima edizione del fashion contest 



Daniele Controversio con il trofeo di ITS One (foto di Andrea Lasorte per Il Piccolo)

Potrebbe essere proprio lui, Daniele Controversio, un ragazzone dal nome e l'aspetto per niente modaiolo, il primo stilista italiano della nuova generazione, quello che si è finalmente affrancato dalle guaine di Versace e, seppure siciliano, dalla Sicilia torrida e imbustata di Dolce & Gabbana.
Quando, sotto i riflettori della passerella di San Giusto, è uscita la sua collezione, tre capi da uomo e cinque da donna, è successo quello che dovrebbe succedere sempre davanti alla nuova moda che nasce: il pubblico si è sentito scioccato, divertito, intrigato, disturbato. Un mix magico tra «geniale, come ha fatto a pensarci» e «ma chi si metterebbe mai quella roba?» Lui, che ha studiato in quella fucina di talenti oggi alla ribalta che è La Cambre di Bruxelles, università delle arti visive, dedica i suoi modelli ai mostri, primi fra tutti quelli autogenerati dalle perversioni della moda. Ecco allora sfilare false Vuitton e Rolex di carta, vistosamente ostentati su camicie, queste sì vere, fatte incollando tanti colli uno dietro l'altro, papillon e guanti che invece di stare al loro posto ortodosso sigillano scarpe e caviglie, copricapi maschili composti da piccoli scheletri ballonzolanti e giostrine per bambini. Paradossi da vendere e una moda che ride di sé, finalmente. Ma attenzione: dietro l'humour corrosivo ci sono tagli sartoriali, giacche impeccabili e una camicia da sera emozionante, un nido di piegoline, un fiore carnivoro che sembra sul punto di esplodere.



L'uomo di Controversio, tra ironia e sartorialità

Perfino Isabella Blow, che è stata assistente della mitica direttrice di Vogue America, Anna Wintour, e che è una delle più sofisticate talent scout internazionali, sigillata in un abito di pizzo verde penicillina di Alexander McQueen, ha alzato gli occhi da sotto il cappello-ragnatela di Philip Treacy - entrambi sue «scoperte» - e ha sussurrato con un mezzo sorriso di approvazione: «Potrebbe essere lui». E Wilbert Das, direttore creativo della Diesel: «Daniele mi ha dato gioia, energia, mi ha fatto ridere. Arriverà, se non è già arrivato».
Che colpo per Trieste se Its One- prima edizione del concorso internazionale dedicato a studenti di fashion design, la cui sfilata conclusiva si è svolta ieri sera al piazzale delle Milizie, con i settecento posti «bruciati» in pochi giorni - tenesse a battesimo una nuova stella nel capriccioso, autoreferenziale e ultimamente fin troppo sonnacchioso firmamento della moda. Sorpresa: Daniele è italiano, quando da tempo le idee arrivano da Paesi e scuole - in Belgio, Olanda, Israele - che hanno radici nella storia del costume molto più labili e meno blasonate delle nostre. «Si spiega facilmente», dice Laurent Dombrovicz, giornalista di Citizen K e anche lui membro della giuria del concorso, insieme a Blow, Das e ad altri sette esperti internazionali. «Nei Paesi più "chiusi" i giovani sono abituati a pensare, a fare il loro
viaggio interiore. In Italia si sentono già tutti haute couture, mentre dovrebbero partire dal minimalismo». Gli dà ragione lo stilista israeliano Victor Bellaish, che nel '96 vinse il premio Mittelmoda di Gorizia, poi ha lavorato da Roberto Cavalli e oggi disegna una linea col suo nome: «In Italia c'è tutto: materiali, riviste. Da noi non c'è niente. Mi ricordo che sugli abiti che ho portato a Mittelmoda ho spalmato il silicone che avevo in casa. Quando non c'è più niente da pensare, è difficile inventarsi qualcosa che guardi avanti».
Poco dopo le nove, sotto la tensostruttura lunga cinquanta metri che ha ospitato questa prima «free catwalk» per talenti emergenti, il pubblico si è goduto l'ultima parte, la più spettacolare, del concorso. Un assaggio di tutto il lavoro fatto, per mesi, dai suoi ideatori -
Barbara Franchin, con il suo staff di undici ragazzi che fanno parte dell'agenzia Eve - è venuto dai video proiettati in apertura: flash-back del tour di presentazione dell'iniziativa, un viaggio in mezza Europa e oltreoceano nelle più importanti scuole di moda del mondo e una piccola raccolta di messaggi lasciati nel sito di Its One dagli aspiranti stilisti. Uno per tutti, di tale Nirma: «Iniziativa grandiosa. Perché non la estendete a tutti i continenti? Io sono delle Mauritius e studio moda in Sudafrica...»



Daniele Controversio in passerella a Trieste

Trentatrè ragazzi arrivati da diciotto Paesi, i più lontani da Giappone, Cina e Tailandia, hanno animato una sfilata fatta di globalizzazione e di gelose citazioni etniche. Mentre Victoria, il volto di Mtv Italia che ha condotto la serata, annunciava la prima uscita, quella della svizzera Lela Scherrer, con la sua bella idea tutta costruita intorno alle bandiere, l'olandese Erik Jan Frenken già cominciava a vestire le sue modelle, che sfileranno oltre un'ora dopo. L'organizzazione ha dovuto reclutare quattro ragazze in più per permettergli di rispettare i tempi. Alla fine la sua collezione, è stata uno show nello show, proprio come quella di Controversio: silfidi che svettano da gonne di paglia di Vienna o da abiti (ma con che coraggio li si chiama così?) che sono giganteschi paralumi rovesciati, dilatati da metri e metri di tulle e amplificati da nascoste incastellature di legno.
Bizzarrie, certo, esagerazioni. «Ma la moda - sentenzia Isabella Blow - non sono i disegni, non sono i portfolio, la moda è movimento, emozione. Io non voglio vedere carta, né modelle impalate davanti alla giuria, voglio vedere vestiti che si muovono».
Tra i concorrenti, naturalmente, c'è chi ha un occhio già perfettamente orientato al mercato, come l'israeliano laureato all'Istitut française de la mode di Parigi, Assaf Bitton, una specie di efebo tutto nero e spiritato che disegna un uomo esattamente a sua immagine e somiglianza, spalle strette e fianchi sfuggenti, infilandolo in giacche da sera che si lavano in lavatrice, con fodere talmente curate che verrebbe voglia di rivoltare il tutto e uscire per strada così, da abbinare a gilet impunturati di rosa antico e a camicie con i polsini dipinti.

un'altra israeliana, Einav Zucker, allieva della prestigiosa Shenkar school of engineering and design (il livello altissimo delle proposte israeliane è stato riconosciuto da tutti, mentre i designer inglesi sono in ribasso e i tedeschi, al solito, inesistenti), che parla del suo abito da sposa, perfettamente tradizionale a parte il materiale usato, tela da paracadute, come del momento conclusivo di un «percorso interiore». O, ancora, l'indiano Vishvajeet Dhir, che riesce a combinare due colori ostici come il viola e il bluette, confezionando una deliziosa linea maschile piena di tinte zuccherose e di richiami alla tradizione. E vien voglia di indossare anche i reggiseni e i corpetti di rettile, appoggiati sulle gonne asimmetriche, di una collezione tutta ispirata ai colori pastosi dell'Amazzonia, ma pensata da Kamilla Avdeeva, allieva della State Textile University di Mosca.
Non è stato facile mettere d'accordo la giuria, che ha cominciato a lavorare venerdì mattina. Anche perché se Isabella Blow è convinta che «il designer non debba mai avere in testa il consumatore», Victor Bellaish dice che quando crea un modello pensa sempre «se lo porterebbero mia madre e mia sorella».

Hanno vinto in tanti e tutti premi importanti per chi aspira a entrare in una sfida che oggi si gioca più sulle concentrazioni finanziarie che sulle idee. E Trieste, che di moda è a digiuno o quasi, ha ospitato un'iniziativa piena di potenzialità e di sviluppi futuri. ItsTwo, Three, Four sono già nella testa dei loro organizzatori, che pensano agli accessori, alla fotografia, ai video. Chissà se riusciranno a non scappare.