domenica 19 settembre 2021

MODA & MODI

Cambiare pelle, con leggerezza

 

La pelle si impone nelle prime vetrine autunnali. Non solo le prevedibili giacche maschili o i giubbotti da biker, ma un intero guardaroba: trench, cappotti, gonne, camicie, abiti. Qualche pezzo era comparso già prima della pandemia, ma nel secondo inverno di faticosa convivenza col virus, la pelle può ricoprirci dalla testa ai piedi. E non solo nei pezzi minimal, perché la tecnologia e le lavorazioni hanno reso il materiale duttile come un tessuto e declinabile in una molteplicità di svolazzi, maniche a palloncino, balze sulle gonne, cascatelle di ruches e volant. Corazza o divertimento? L’impatto è comunque forte, soprattutto nelle scelte “total”.

 

Evan Mock al gala del Met

 

 

 Coprirsi di pelle è sempre un’operazione insidiosa, come camminare sulla corda tesa sopra un abisso di volgarità. Sembra quasi un paradosso, dopo tanti mesi in cui confortevolezza e libertà di movimento sono diventati una sorta di mantra, un’opzione irrinunciabile. La pelle, per quanto ammorbidita e trattata, fatica a liberarsi dall’idea di una costruzione che si sovrappone al corpo e gli conferisce un’innaturale rigidità, una definizione forte che va diluita con abbinamenti, accessori, colori più gentili e accomodanti. Ma forse, in questa fase dai codici sovvertiti, anche un materiale ostico riscrive le regole.

 

 

Madonna agli Mtv Music Video Awards


Nei grandi eventi dello spettacolo c’è anche un che di feticistico. Madonna agli Mtv Video Music Awards si è presentata sigillata in un busto di latex, versione aggiornata della sua performance del 1984, nella prima edizione del premio, con la hit Like a Virgin. Strizzata nel body, ha calzato berretto e guanti di pelle nera, evocando atmosfere da Portiere di notte. Sul tappeto rosso del gala al Met, l’evento glamour più monitorato degli ultimi giorni, l’attore di Gossip Girl, Evan Mock, si è fatto fotografare nascosto sotto una maschera vintage di pelle nera borchiata. Prima ancora, la cantante Billie Eilish in copertina per l’edizione inglese di maggio di Vogue, sulla guêpière mozzafiato portava una gonna di pelle color carne.

 

 


 


Gli osservatori del costume spiegano che il ritorno della pelle è una sorta di reazione collettiva ai mesi di costrizione fisica, un’affermazione del riconquistato controllo sul proprio corpo. Una pelle posticcia che trattiamo e pieghiamo alle nostre esigenze, alla nostra riconquistata libertà. Negli ultimi mesi abbiamo vissuto uno strano rapporto con chi ci governa, quasi una relazione BDSM di dominazione/sottomissione, in cui a colpi di decreto siamo stati espropriati del corpo, costretti a mascherarci e a seguire regole rigide su chi toccare o avvicinare. Trasferita la relazione sul terreno della moda, cadono le costrizioni e la pelle diventa un involucro per poter anche stuzzicare e sedurre, riappropriandoci della libertà e della spensieratezza di un gioco.


Se le letture sociologiche sono un tantino cervellotiche, il cambio di pelle è innegabile. Accanto al nero, sempre un po’ autoritario, spuntano colori vivaci, carichi, pungenti, per enfatizzare l’idea della leggerezza. Questa è la chiave: senza cadere negli effetti speciali, si può procedere a piccoli pezzi e dettagli: una gonna ampia, una camicia, un kimono da abbinare a sete e lane. Così la pelle perde l’aggressività, diventa piuttosto un’allusione sottile.

lunedì 13 settembre 2021

MODA & MODI

 

 September Issue, che grande libertà

 

 

The September Issue

Che cosa ci dicono le “september issues”? Per tradizione i numeri di settembre delle riviste di moda, Vogue in testa, “dettano” le tendenze della stagione fredda che sta per iniziare. Meglio, “indicano”. Se il lockdown ci ha lasciato un’eredità positiva è un certo fastidio per le imposizioni, certo in tema di abbigliamento. Smart working e confinamento hanno cancellato le divise da ufficio e abituato tutti a coniugare comfort e presentabilità (non solo nel mezzobusto dello schermo).

Il famoso film The September Issue del 2009, in cui Anna Wintour, allora alla guida di Vogue America, spiegava la defatigante nascita dell’edizione che sarebbe stata per tutti la Bibbia su come vestirsi nei mesi a venire, oggi ci sembra il manifesto di un mondo al quale il virus ha cambiato i connotati. Sparite le collezioni nuove ogni tre mesi (sono i designer i primi a dire: perché devo sconfessarmi in così poco tempo?), sparite le passerelle esclusive, diventate film e video che tutti possono vedere da una virtuale prima fila, ridimensionato il verbo dello stilista a favore delle tendenze che i giovanissimi viralizzano su TikTok, la “september issue” è prima di tutto una questione di personalità. Le riviste sintetizzano suggerimenti, ma sono molto più caute nel gridare alla tendenza a tutti i costi.


Forse la vera novità è questa. Il nuovo, nella moda, non è più un valore assoluto. Anzi. Quantomeno va coniugato con il vecchio. La ripartenza è anche (e non solo), upcycling, riciclare. Non per fare quello che l’incombente Greta Thunberg chiama il “green washing”, ossia lavarci la coscienza con l’ambientalismo di facciata, ma perché mischiare ci stimola, molto di più che comprare online un capo da quattro soldi purchè sia di stagione. Miu Miu ha acquistato vestiti nei migliori negozi vintage del mondo e li ha personalizzati. Chic-upcycling. È una chiave per tutti.


Prendiamo il foulard, uno degli accessori di punta dell’autunno inverno 2021, da portare legato sotto il mento, come bandana, come cintura, al manico della borsa. Difficile non trovarne uno in casa, anonimo o logato, reperto bon ton di mamme e nonne. (Ri)metterlo in circolo pretende fantasia. Lo stesso vale per i maglioni king size, lasciati indietro prima che il lockdown ci facesse riscoprire l’importanza della morbidezza: con una gonna o un paio di pantaloni di tweed, tessuto in gran (ri)spolvero, ritornano contemporanei. Si potrebbe continuare: il kilt da (ri)scoprire, perché lo stile preppy degli studenti americani anni Sessanta resiste; o l’abito intero, i due pezzi, i pantaloni tutti in lana, capi di transizione del post-lockdown, facili da (re)cuperare e (ri)adattare. Crescono e si moltiplicano le pelliccette ecologiche: chi l’ha comprata nel primo sussulto di sostenibilità, può sbizzarrirsi con gli accessori per minimizzare un taglio datato. (Ri)compare il temuto animalier, che ognuna, almeno una volta nella vita, ha sulla coscienza: abbinandoci un colore acido non fa più divano da discoteca anni Ottanta.


Finita l’era dei guru (gli influencer sì sono deperibili), la “september issue” 2021 ci regala una grande libertà. Anche dalla selva dei “re” e dei “ri”. Il riciclo è divertimento, non un altro (ipocrita) diktat, seppure in nome di nobili cause.