mercoledì 28 novembre 2018

IL LIBRO

Guerre, amori, maternità combattute
tra due guerre le figlie di una nuova era 






Se il segreto di una saga annunciata è il desiderio di continuare a seguire gli intrecci delle vicende dei suoi personaggi, Carmen Korn, scrittrice e giornalista tedesca che vive ad Amburgo, ha centrato il segno. “Figlie di una nuova era” è il primo volume uscito in Italia (Fazi, pagg. 522, euro 17,50) di una trilogia che ha al centro quattro donne, nate all’alba del secolo scorso, le cui storie attraverseranno due guerre e i loro drammatici esiti, in una trama fittissima di relazioni, amori e dolori, emancipazione professionale e iniziazione politica, alla conquista di un nuovo ruolo sociale e familiare.

Lo scenario storico che fa da sfondo è imponente, in un arco temporale dal 1919 al 1948: la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, l’inflazione e la fame nella repubblica di Weimar, la pervasività e l’esplosione del nazismo, la questione ebraica, le delazioni e gli arresti, poi la morte di Hitler, il crollo del Reich, la resa agli alleati, la denazificazione. Snodi cruciali, che nel romanzo vediamo riflessi nella quotidianità delle quattro protagoniste, ragazze di Amburgo uscite dagli anni bui di del conflitto con opportunità mai conosciute prima dalle donne: lavorare fuori casa, muoversi liberamente, vestirsi in modo non punitivo e limitante, confrontarsi da pari a pari con i loro compagni, gestire in modo diverso la famiglia, la sessualità, la maternità.

Le figlie della nuova era della Korn affrontano e si misurano con un’autonomia da cui non si tornerà più indietro. Non sono tutte amiche tra loro e hanno posizioni sociali diverse, ma ognuna, col suo percorso di scelte, errori, contraddizioni e debolezze, dà voce a questa identità femminile sempre più indipendente e battagliera, in dialogo spesso difficile con la figura materna.


Käthe ed Henny sono ostetriche. La prima è una convinta comunista, come il marito Rudi, ed entrambi cadranno nella rete infida delle spie, capillare e invisibile, e conosceranno la violenza della Gestapo. La seconda, di estrazione borghese e anche lei ostetrica, ossessionata da una madre “spietata nella sua generosità” (e invadenza) di cui ha comunque bisogno, cercherà di far convivere lavoro e figli, non volendo rinunciare a quell’indipendenza economica che le ha consentito, ancora nubile, il primo passo verso la libertà, ovvero lasciare il letto che occupava con la madre vedova...


E poi Lina, insegnante e fattrice ariana mancata, che vive una storia omosessuale con l’anticonformista artista Louise, per metà ebrea. E ancora, Ida, il personaggio più complesso e ricco di sfumature, l’unico che compie un completo percorso di crescita e trasformazione, da ricca signora prigioniera di un matrimonio sterile non solo affettivamente (e per colpa di lui, l’infingardo Campmann, ma le è stato taciuto), a donna libera che travolge le convenzioni sociali e gli obblighi di purezza della razza per scegliere il primo, antico amore.


Il tema forte che percorre tutto il romanzo è quello della maternità. Due dei personaggi maschili principali, i dottori Landmann e Unger, sono ginecologi, consegnano alle madri neonati che verranno abbandonati per indigenza, sono costretti a segnalare i deformi o disabili, come prescrivono le leggi sull’eugenetica e per la prevenzione della nascita di “persone indegne della vita”. Käthe non vuole figli da immolare al regime, Henny ne partorisce due, combattuta nella decisione. La svolta nell’esistenza di Ida coincide con la nascita di Florentine, prova vivente della violazione del decreto che vieta le relazioni tra cinesi e donne tedesche, monitorato personalmente dal capo della Gestapo. Anche dietro la vita di Rudi c’è una maternità sofferta e un padre che a lungo ne è stato all’oscuro. Alla clinica Finkenau, che è lo snodo nella storia di tutti i protagonisti, si continua a nascere, anche sotto la “tempesta di fuoco” delle bombe della Royal Force, che il 28 luglio 1943 distrugge Amburgo e miete migliaia di vittime.


Al termine del primo libro della trilogia (già uscita completamente in Germania, 600 mila copie vendute) si aspetta il ritorno dei prigionieri, si cammina sulle macerie e si pensa a ricostruire. Marike, figlia dell’ostetrica Henny, sta diventando medico. Un’altra era è già cominciata.

@boria_a

lunedì 5 novembre 2018

MODA & MODI 
 

Scarpette nere 





Non si può pensare a una ballerina senza evocare il rosa. Il colore del corpetto, del tutù, degli scaldacuore, delle scarpette con i lunghi nastri di raso da avvolgere alla caviglia. Impalpabile, aereo, leggero. È la sfumatura per antonomasia del sogno del balletto. Sulle punte, fotografati in primo piano, i piedi nervosi della danzatrice sono sempre rosa. Quella nuance così delicata, che esprime eleganza e potenza, entra nell’immaginario di molte bambine fin dalla più tenera età. Non c’è bambola ballerina, Barbie l’antesignana, che non abbia un tutù rosa, colore preferito anche dal marketing per le linee sportive che fanno leva sul fascino di sbarra e plié.

Ma se la danzatrice ha la pelle nera? O bronzea? Ecco che quelle vezzose estremità diventano un pugno nell’occhio, spezzano con un colore incongruo l’unica, ininterrotta linea di flessuosità, dalla testa ai piedi. Molte ballerine professioniste nere o mulatte sottopongono le loro scarpette a vere e proprie sedute di trucco di ore, le cospargono di fondotinta e cipria per attenuare il più possibile il contrasto con la pelle. Sentono il color petalo un atto di prevaricazione.

Oggi, però, qualcosa è cambiato per sempre. Freed of London (www.freedoflondon.com), il più antico produttore inglese di abbigliamento per la danza, con quasi un secolo di storia, ha deciso di mettere in commercio scarpette scure, marroni e bronzo. Dopo il rifiuto di Precious Adams, étoile nera dell’English National Ballet, di indossare calze rosa - decisione che le ha attirato gli strali degli ortodossi, per violazione delle regole dell’uniforme - le scarpette scure sono un altro scossone al santuario immacolato della danza. Il momento è considerato storico per gli artisti di diverse etnie. Come possono i sogni essere tutti dello stesso colore? —