martedì 25 febbraio 2014

IL LIBRO

Candida Morvillo: uccidere per un posticino nel palinsesto


Su chi sia lui, il presidente, il grande statista col vizietto delle ragazze, non ci sono dubbi. La sua festa di compleanno, col via vai di favorite in disarmo e in ascesa, pronte a piantarsi reciprocamente un coltello nelle natiche in nome del palinsesto televisivo, è una pagina di cronaca vera. Anche il giornalista Damerini, sempre compiacente col padrone, quello delle copertine con la ventesima riconciliazione formato cartolina, in una spiaggia esotica, tra la soubrette argentina e il presunto fidanzato, ricorda da vicino un direttore di riviste e massmediologo del gossip, non fosse altro che per l'assonante cognome.
Più difficile, per chi non è dell'ambiente, dare un nome a tutte le protagoniste di questa storia, sicuramente ispirate da signore e signorine in carne e ossa, intrattenitrici e conduttrici del piccolo schermo avvezze a alle "cene d'immagine", dove l'immagine, quella propria, si cura soprattutto nel dopocena. Solo un personaggio, Beatrice Saint Bon di Moncada, fa venire in mente subito un'ex annunciatrice televisiva, nipote di due noti attori degli anni '50 e con un quarto nobile per parte di padre, scaricata e precipitata in disgrazia dopo tre anni di affettuosa amicizia col Cavaliere.

Chi ne sa molto di questo ambiente, invece, è Candida Morvillo, ex direttrice di Novella 2000, al debutto nella narrativa, oggi in libreria, con "Le stelle non sono lontane" (Bompiani, pagg. 301), storia di una giovane calabrese, nata Carmela e diventata strada facendo Astrid, regina del pomeriggio in tivù, che dopo aver sgomitato e frequentato i talami giusti, quello del presidentissimo in testa, deve difendere la posizione conquistata dalle ultime venute, la generazione cresciuta a talent senza nessun talento particolare se non la famelica spregiudicatezza di arrivare in vetta.
La posta in gioco sono i programmi televisivi più ambiti, per cui sgambettano e sculettano molte altre concorrenti, l'emergente Florinda Dos Santos, fatina dello spot della telefonia, sexy ma non minacciosa per le casalinghe (vi dice niente?), la rodata Gloria Green, figlia di fruttivendoli diventata inamovibile, Stefania Crimi col suo "culo che parla", la stordita Beatrice, che non si dà pace di essere lasciata a far anticamera davanti allo studio del presidente, proprio lì dove lui l'aveva amata nell'abito di Cavalli col serpente annodato sul seno o nel caftano di Gucci... 
Intorno alle ragazze, in un sottobosco di pochezze umane e intrallazzi, si muovono agenti, intermediari, portabeautycase, onorevoli come il tal Glauco Tacchino, gestore delle "relazioni del governo con gli organi di informazione televisiva", uno smistatore di raccomandazioni con cui non si firma contratto se non si paga pegno, e vale per tutte, squinzie o star, senza andar troppo per il sottile.
Che può succedere alla carriera di Astrid se un fotografo con cui condivide rapporti d'affari e sms compromettenti, finisce in manette per estorsione? E se la macchina del fango rischia di schizzare Re Sole? Non c'è che correre ai ripari, mettendo in campo il fidanzato nobile della ragazza, Giangi, cresciuto tra Domitille e Delfine dai cognomi blasonati e il naso aristocratico, che l'Astrid, la ragazza del profondo sud coi genitori piombati a Roma a cucinarle le "purpette" di melanzane, se la spupazza in giro senza troppo entusiasmo di presentarla a mammà contessa. Ma il presidente ha l'esca giusta: basterà sbloccare la pratica per una concessione di rotte, così gli elicotteri di famiglia, con cui Giangi si trastulla tra una festa e un'amichetta e l'altra, potranno levarsi in volo senza intoppi. E la nuova famigliola avrà il gruzzolo necessario per cominciare una dorata vita insieme, allontanando la favorita in odor di scandalo dal suo potente protettore. «Sono diventata intoccabile», dice Astrid, che sa bene perchè, in un colpo solo, è uscita da un'inchiesta giudiziaria ed entrata in una casa di sangue blu.
La fiction, cinica e implacabile, si consuma nella giornata dei palinsesti. Fuori gioco Beatrice, ogni stellina avrà la sua conduzione, compresa Loriana, nelle grazie del presidente del senato: una "Domenica che relax" alla stellina, in cambio di una favorevole calendarizzazione in aula dei provvedimenti che stanno a cuore all'ennesimo "papi". Astrid, la rifatta nata Carmela, potrebbe salvarsi accettando l'amore inconfessato di un assistente del presidente, l'onesto giovanotto che di smistare il traffico si è stancato al punto di accettare una missione diplomatica dall'altro capo del mondo. Ma anche il lieto fine, se la fiction è più vera della realtà, non può che essere d'interesse: un nuovo programma alla "carramba" val bene il futuro con Giangi, tradito nelle sue preferenze sessuali dalla scicchissima camicia con la coda. Quella che si abbottona sulla patta, perchè non faccia una piega.
twitter@boria_a

La scrittrice e giornalista Candida Morvillo

martedì 11 febbraio 2014

I PERSONAGGI

Magris e Missoni, l'amicizia segreta

L'amicizia tra Ottavio Missoni e Claudio Magris nacque vent'anni fa, dietro le quinte del Rossetti, dove entrambi aspettavano di uscire in palcoscenico per ricevere il premio la Rosa d'Argento dei commercianti al dettaglio. Non è difficile immaginarli in quei pochi minuti che precedono la cerimonia di consegna, il professore serio e compito, lo stilista colorato e mattacchione, che si scambiano qualche battuta in triestino in attesa di essere chiamati sotto i riflettori. Fino all'ultimo istante non si doveva assolutamente sapere chi erano i due destinatari del riconoscimento. «Mentre la presentatrice e il presentatore - racconta Magris - stavano dicendo che era ancora un mistero l'identità dei premiati, improvvisamente Ottavio, alle mie spalle, mi ha dato uno spintone che mi ha scaraventato in mezzo al palcoscenico, davanti al pubblico, dicendo a voce alta: "Ecco uno!". Al che io ho detto: "È stato Ottavio Missoni che mi ha sburtato!". E così abbiamo per alcuni guastato la festa, ma noi abbiamo avuto, già in quel primo incontro, un aperitivo di quello che sarebbe stato il tono del nostro legame, della nostra amicizia».
Questo ricordo di Claudio Magris sarà letto stasera dalla figlia di Tai, Angela, al Teatrino di Palazzo Grassi, a Venezia, dove, dalle 21, per la Giornata del ricordo, il comitato di Venezia dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia e il Comune hanno organizzato una serata-tributo allo stilista, scomparso nel maggio scorso, a 92 anni. Un omaggio speciale, che cade proprio nel giorno del suo compleanno, l'11 febbraio e che, attraverso un mosaico di contributi e testimonianze, intreccia il Missoni artista e creativo al Missoni dalmata, sindaco del libero Comune di Zara in esilio, appassionato e instancabile "testimonial", come si direbbe nel linguaggio fashion, dello strappo dell'esodo.
«Sono turbato e mi sento inetto a parlare di Ottavio, della sua irripetibile, grande, generosa, sanguigna personalità, insieme affettuosa e tagliente», scrive ancora Magris nel testo affidato alla voce della figlia, oggi direttore creativo della casa di moda. «Quel suo ridere che era spesso un modo di stemperare quasi un eccesso di retorica nelle dichiarazioni di affetto, il che le rendeva ancora più intense, come quando mi telefonava, dopo aver letto un mio articolo o qualcosa di mio, con grande generosità ed entusiasmo, naturalmente quasi sempre con l'inciso "No lo go leto tuto"...».


Ottavio Missoni, con la moglie Rosita, in consiglio comunale a Trieste per la cerimonia di conferimento del titolo di Soci Honoris Causa, il 15 settembre 2012 (foto Massimo Silvano)
In sala, al Teatrino di palazzo Grassi, ci saranno i figli di Tai, Angela e Luca, e una folta rappresentanza di nipoti, Ottavio junior, primogenito di Vittorio (la cui tragica fine - disperso nel mare di Los Roques con la moglie, in un incidente aereo durante la vacanza di Capodanno - ha piegato per sempre il cuore del padre), il fratello Giacomo e il cugino Francesco, quest'ultimo figlio di Angela. L'«altra metà» di Ottavio Missoni, Rosita, in un dialogo con l'assessore comunale alle attività culturali di Venezia, Angela Giovanna Vettese, racconterà l'avventura creativa e imprenditoriale dei Missoni, lunga sessant'anni e ancora viva e vitale con i giovani della terza generazione.
A parlare di Tai, con il coordinamento del giornalista Edoardo Pittalis, interverranno anche Paolo Scandaletti, co-autore della biografia dello stilista, "Una vita sul filo di lana", e Maria Luisa Frisa, direttore del corso di laurea in Design della moda e arti multimediali all'Università Iuav di Venezia. L'impegno di Ottavio nel preservare e trasmettere le memorie della sua terra, la natia Ragusa, la città dov'era cresciuto, Zara, sarà affidato alle parole di Alessandro Cuk, presidente del comitato veneziano dell'Anvgd, e di Giorgio Varisco, in rappresentanza dei dalmati italiani nel mondo, mentre a materializzare i colori della Dalmazia, verrà proiettata l'intervista fatta a Tai nel 2010 da Rosanna Turcinovich Giuricin.
«È una bellissima maniera per festeggiare il compleanno di mio papà» si emoziona Angela. «Da parte mia, non potrò che ricordarlo con le stesse parole che ho pronunciato al suo funerale, parole di gratitudine per averci cresciuti liberi, per averci sempre sostenuto, stimandoci senza mai giudicarci. Ottavio ci ha dato la massima libertà e ci ha aiutato per la persona che era, con la sua visione allargata e disincantata della vita, ma sempre a misura del reale. Mio padre non aveva bisogni materiali. Gli bastava un libro, una tavolata di amici, un bicchiere di vino e una sdraio per prendere il sole. Le sue battute sulla moda? Per forza - continua Angela - lui non si occupava di moda, lui era un artista, era mia mamma a curare tutta la parte stilistica. Quando, vent'anni fa, ho raccolto il suo testimone, Ottavio mi ha detto quello che diceva a lei: "Adesso sono al tuo servizio"».
Claudio Magris fotografato da Renzo Sanson a Trieste il 6 novembre 2013
Scrive ancora Claudio Magris, nel suo omaggio: «La creatività artistica di Ottavio Missoni non si limitava al mondo dei colori. Era uno straordinario narratore epico orale, come gli antichi; c'era qualcosa di omerico in lui, l'immediatezza incancellabile della vita che si racconta». E ricorda il modo in cui Tai rievocava la giornata in cui fu preso prigioniero, in Egitto, il primo giorno dei quattro anni successivi che trascorrerà come "ospite di sua maestrà britannica". «La sua rievocazione personalissima della sventurata giornata di El Alamein è un capolavoro - annota Magris - in cui, anche in questo caso, nel piglio sanguigno, negli incidenti anche drammaticamente buffi, passa, ma in modo contenuto e assolutamente sobrio, l'eco di un pianto per il nostro paese».
Una vita "a misura del reale": così Angela Missoni ha definito l'eredità che il patriarca ha lasciato a figli e nipoti. E, con questo spirito, nell'anno del primo anniversario della sua scomparsa, la famiglia guarderà avanti: «Dobbiamo festeggiare i sessant'anni dell'azienda, ancora non lo abbiamo fatto», anticipa Angela. Purtroppo, aggiunge, il congedo da Vittorio è ancora in sospeso, ma c'è una festa in arrivo, quella per la quarta generazione Missoni, rappresentata dal primogenito di Margherita, il piccolo Otto, che il bisnonno non ha fatto in tempo a conoscere: «Avremo un battesimo con la bella stagione».
Anche nelle parole di Magris ritorna il senso del "reale" dell'amico Ottavio. Il suo impegno per strappare all'oblio il dramma degli esuli, per protestare contro assurdi e codardi silenzi, «e tutto questo senza mai perdere il senso realistico, ossia umano, di ciò che è possibile o impossibile, di ciò che bisogna accettare e di ciò che non si può e non si deve accettare». «È stato giustamente pugnace - chiude Magris - nel rivendicare la memoria obliata e lacerata, ma non ho mai sentito da lui una parola di rifiuto pregiudiziale, di enfasi nazionalista nei confronti dell'altra componente, slava, del nostro mondo istriano e dalmata. Sono fiero di aver ricevuto da lui, anni fa, quel fazzoletto blu che simboleggia questa fraternità». 
twitter@boria_a
Ottavio Missoni guida un raduno di dalmati in piazza Unità a Trieste

martedì 4 febbraio 2014

MODA & MODI

Maison Dressage a Trieste, è passione fetish

Passione "fetish" tra Trieste e San Paolo del Brasile. Collari, polsini, mascherine, reggicalze, "imbragature", baveri, giarrettiere e ancora pochette, buste e orecchini, disegnati a quattro mani al computer, ma a migliaia di chilometri di distanza, e poi realizzati da una parte e dall'altra del mondo con un fitto scambio di schizzi, con un togliere e aggiungere dettagli e rifinire particolari.
Lui, Matteo Dazzo, grafico e designer, fa base in un laboratorio di via dell'Università. Lei, Rossella Mancini, una laurea nel campo della moda al Dams triestino, fa l'insegnante e l'illustratrice in Brasile, dove ha seguito il marito. Uno minimalista e architettonico, l'altra immaginifica e barocca. Insieme hanno dato vita al marchio "Maison Dressage", specializzato in accessori "estremi". Dalla "rigida" disciplina equestre, pescano l'idea dell'innaturalità dell'andatura imposta al cavallo che si trasforma in danza, e giocano a riprodurla in abbinamenti tra consistenze e compattezze molto diverse, tenute insieme dalla tecnica artigianale. Il risultato? Una linea di accessori in pelle, seta e chiffon, lavorati solo a mano e ispirata ai finimenti dei cavalli, che può essere hard oppure spiritosa. Dipende da chi e da come la si porta.

«Tutti i pezzi - racconta Matteo, poco più che trentenne, come la sua partner - sono pensati per essere indossati sopra e sotto. Fin dalla nostra prima collezione, nel 2012, abbiamo fatto riferimento al mondo dell'equitazione. Ci piace l'equilibrio che c'è nel dressage tra forza e potenza, costrizione ed eleganza».
Collare con frange di seta e cintura
L'idea nasce il 12 gennaio 2012, in un locale del ghetto di Trieste. Rossella fa uno schizzo su un tovagliolino di carta, Matteo ci disegna sopra qualche cambiamento. Partono sperimentando, imparando come tagliare e cucire a mano dai suggerimenti degli artigiani pellettieri. E buttando via molto, pregiato, materiale. Che, come i loro colori, nero e pelle naturale, con minuteria metallica dorata, è subito una dichiarazione di intenti: cuoio, nappa, fior di pelle, con concia vegetale e cromo bandito. «In questo modo - spiega Matteo - la pelle sembra "invecchiata", assume una consistenza più legnosa. È un materiale vivo, che cambia colore col tempo, scurisce. A noi piace questo processo e ci limitiamo a ingrassarla, non utilizziamo prodotti che blocchino la trasformazione».
Quando Rossella lascia l'Italia, il progetto non si ferma. Pur a migliaia di chilometri di distanza, condividono lo schermo del computer e disegnano con una telecamera fissa sul manichino e una sullo schizzo. Nasce una collezione molto "feticistica": bracciali che possono diventare manette, harness, ovvero bardature-imbragature da portare sopra le camicie o direttamente sulla pelle, collari e corpetti con frange di seta nera, maschere alla "eyes wide shut".
Mascherina e bracciali-manette
Vendono subito bene in Europa, soprattutto in Inghilterra e Scozia, dove il "genere", anche su misura, ha un mercato di fedeli estimatrici in boutique e sexy shop di lusso. Ora, però, Matteo e Rossella vogliono ampliare la rete in Italia e, naturalmente, in Brasile, allentando l'aspetto "bondage" per intercettare i gusti di un pubblico più ampio. «La nostra prima immagine - ammette il designer - era troppo "fetish", accentuata dalla magrezza della modella che avevamo scelto. Così, nel secondo servizio, l'abbiamo "ingentilita" e abbiamo presentato la linea con ballerine classiche che indossavano un kimono, giocando sempre con i contrasti. Per il momento siamo soddisfatti dei risultati, ma vogliamo crescere».
Accanto ai pezzi eccentrici, infatti, "Maison Dressage" firma borse da signora bon ton più che da dominatrice, che si richiamano alla cifra della griffe solo nelle stecche rubate alla corsetteria: sono originali pochette con l'interno di seta nera da infilare al polso o ricavate in un unico pezzo di pelle, poi ripiegata su se stessa e bloccata da un elastico nero, e bustine per ordinare gli oggetti. Stanno già nascendo borse di più grandi dimensioni - con l'irrinunciabile chiusura "elastica" - e una linea uomo: portafogli, borselli, e - per chi ha una vena autoironica - cravatte e papillon, nei colori della casa (maisondressage.com).

twitter@boria_a
Rossella Mancini e Matteo Dazzo, designer di Maison Dressage