martedì 23 gennaio 2024

MODA & MODI

JW Anderson mette l'uomo in collant

 

 


 

 

Lei in mutande, lui in collant. Entrambi urbani. L’uomo pensato per l’autunno inverno 2024-2025 dal designer Jonathan Anderson se ne va in giro in calze velate. In alto la trama più spessa fino a metà coscia simula un paio di pantaloncini da ciclista, poi i denari si assottigliano scendendo implacabili fini ai polpacci. Nelle sfilate milanesi, appena archiviate all’insegna del “rappèl a l’ordre”, richiamo a ordine e classicismo, armonia e portabilità, irrompe la versione maschile della biancheria da passeggio. Lei si dimentica la gonna, lui i pantaloni, ma i collant potranno scambiarseli allegramente, un evviva alla fluidità del guardaroba che è il mantra quando le idee latitano.

Non è un’uscita isolata in passerella solo da instagrammare. L’uomo in collant di JW Anderson - questo il brand dello stilista, che disegna anche Loewe - apre la sfilata in maglione oversize e calze nere trasparentissime infilate sopra i boxer, col gioco dei finti calzoncini che smorza un impatto visivo spiazzante. Al primo ne seguono altri, qua e là nello svolgimento della collezione: modelli dentro grandi maglioni da cui spuntano estremità palestrate o da struzzo, glabre o con un accenno di irsutismo, ma tutte ombreggiate dalla calza nera di pochi denari, identica a quella che da sempre divide le donne tra pasionarie della gamba sensuale e sostenitrici della praticità coprente. Quella di Anderson non è un’eccentricità, piuttosto una dichiarazione di intenti.


Da Pitti a Firenze alla Milano Fashion Week il nuovo anno della moda è cominciato sotto il segno di un ritorno ai fondamentali. Il quadro non è incoraggiante. Le guerre, i costi lievitati nei trasporti, l’inflazione che accascia le esportazioni e riduce il potere di acquisto, il futuro indecifrabile, si abbattono sulle passerelle. Il mercato del lusso è arretrato di oltre il sette per cento. Questi segnali spingono in un’unica direzione: capi sartoriali, ben tagliati, materiali di qualità, vestito come bene rifugio. Rispunta inevitabile la citazione della serie “Succession”, reduce dal trionfo ai Golden Globes, col suo stile quiet luxury, quietamente, noiosamente, anonimamente lussuoso, al di là del tempo e delle temperie contingenti. Giorgio Armani l’ha detto: attenzione al rischio della carnevalata. L’uomo non ha bisogno di essere stordito da continue forzature, per lui conta un bel vestito, colori e materiali giusti, perché seguire troppo le tendenze rende ridicoli.


E la scelta controcorrente di JW Anderson? Il designer, molto vicino al cinema, spiega che l’ispirazione della sua collezione maschile, presentata con la pre-fall femminile (una delle stagioni inventate dalla moda e in tempi di sostenibilità ci sarebbe di che discutere...), viene da “Eyes wide shut”, l’ultimo film di Stanley Kubrick con Nicole Kidman e Tom Cruise ancora coppia, dal rosso e nero dei suoi interni, dai quadri di Christiane, moglie pittrice del regista, che dalla pellicola ritroviamo stampati sui lunghi abiti maschili in passerella. Sfilano donne inguantate in rosso fuoco, uomini in ampi e bei cappotti come bozzoli. Tra loro s’insinuano i pantacollant che, ammosciato il tasso erotico, cacciate indietro le parole di Armani, si spiegano solo come un’amara metafora del tempo presente. 

lunedì 8 gennaio 2024

  MODA & MODI

 

No-pants, sarà l'anno della mutanda? 

 

Emma Corrin alla Mostra del Cinema, settembre 2023

 

 Resisterà nel 2024 la mutanda urbana, o meglio, per dirla nell’indulgente gergo modaiolo, continuerà la tendenza “no-pants”? L’idea è all’osso: uscire di casa senza pantaloni o gonna, in un paio di collanti infilati dentro una culotte sgambatissima. Nel 2023 ha rappresentato la punta più estrema del sotto che diventa sopra, dell’underwear promosso outwear, un ribaltamento dei codici spiegato come ribellione post-Covid, all’insegna della massima liberazione del corpo. Su quelle mutande da passeggio Miu Miu, pioniera della svestizione 2023, ha piazzato il suo logo e ci ha infilato dentro un corpo efebico come quello di Emma Corrin, la Lady Diana della quarta stagione di The Crown, appena sbarcata a Venezia per la Mostra del cinema. In passerella Emma, ha affrontato la prova estrema, con un broncio che neppure il cachet da testimonial ha dissimulato: sfilare nelle stesse mutande ma ricoperte di paillettes, lasciando all’immaginazione degli astanti l’idea dei piccoli dischi dorati che si conficcano nella carne non appena i glutei guadagnino una qualsiasi seduta, morbida o rigida che sia. Ricordava Carrie Bradshaw modella per un giorno in Sex&The City, quando sognava di portarsi a casa un abito di Dolce & Gabbana e si ritrova in un paio di loro mutande glitterate.


La galleria delle celeb in intimo rimbalza nei siti. Le solite sorelle modelle Jenner, Kendall in slipponi neri Bottega Veneta a passeggio per Los Angeles, Kylie brandizzata Loewe, alla sfilata parigina della griffe, in canotta e slip bianchi, e poi Anne Hathaway, Dua Lipa sulla copertina del New York Times Magazine. Sui siti modaioli il dibattito divide, alimentato da prese di posizione eccellenti. Julia Hobbs di Vogue inglese plaude alla naturalità della scelta, ritiene che l’intimo a vista sarà una delle tendenze di punta del 2024, una sorta di dichiarazione di stare bene nella propria pelle nello spirito libertario degli anni Sessanta, Vanessa Friedman del New York Times si interroga su quanto la mutanda sia credibile sulle nostre strade, il Wall Street Journal boccia.

Quindi, in o out? C’è chi cita Chanel è il suo suggerimento di guardarsi allo specchio e togliersi di dosso qualcosa prima di uscire, come se la couturière celebrata in questi mesi nella sontuosa mostra al Victoria & Albert di Londra avesse sognato di liberare le donne non da orpelli inutili ma dalla convenzione sociale dei vestiti. Meglio allora riesumare la defunta prima signora Trump, Ivana, che già nel 1992 appariva su Vanity Fair in tuta da sci-mutanda giallo canarino, in pieno edonismo d’epoca. Vero è che ogni volta che una cosiddetta influencer calca la rete in slip s’impennano le ricerche, addirittura il 170 per cento in 24 ore con Emma-Diana a Venezia. Ma dal web alla strada? Le tante adepte degli shorts, in epoca no-shaming diventati purtroppo molto democratici, decideranno di alzare l’asticella?

La lettura socio-politica sostiene il diritto delle donne di mostrare il corpo, farne manifesto di libertà e di empowerment, in un momento storico in cui totalitarismi di varia natura si accaniscono su quelle donne che il corpo non lo coprono completamente.

Resta solo da decidere se al sacrosanto obiettivo arriveremo in mutande.