martedì 17 giugno 2008

MODA & MODI: il costume fa il "cutting out" 


Il tempo strampalato ci risparmia uno degli stress pre-estivi: la prova costume. Ovvero il delicato momento in cui recuperiamo dal consueto fondo di cassetto una manciata di reperti sbiaditi e ci colpisce una duplice e sgradevole verità: non si può più rimandare l'acquisto nè ignorare l'aggiunta di una smagliatura, l'ulteriore cedimento del gluteo, una «tendina» più penzolante della passata stagione. Superato lo shock, eccoci dunque al negozio, dove il ridicolo però è in agguato. Se l'abbigliamento «seriale», per scongiurare la crisi, si rifugia in capi rassicuranti, destinati a far fronte a più stagioni, la moda mare fa pazzie, si accorcia, si stringe, diventa asimmetrica o, al contrario, si allunga, nel caso estremo fino a coprire i capelli, diventando il nuovo «burqini», adatto a spiagge islamiche ma inventato da una tonicissima ragazza australiana.
Cominciamo dal «monokini», o meglio dal «tankini», fresca denominazione per quello che le nostre mamme chiamavano «intero». Intero? Oggi, non più, ha fatto il «cutting out». Ha perso una spallina, si è aperto imprevedibilmente su un fianco, ha un oblò a livello  ell'ombelico o la parte posteriore tagliuzzata in striscioline tipo bondage. Per chi prende l'abbronzatura perfetta, dai contorni marcati, il risultato è sexy, indiscutibilmente: nero e bianco in punti strategici, un po' graffito, un po' effetto optical, un po' tatuaggio transitorio. Se invece si tende all'arrossamento a macchia di leopardo, il costume tagliuzzato non fa che esaltare i bordi scottati. Un bel contorno aragosta intorno all'ombelico, o sul seno, o sulla spalla, poco sensuale molto cerotto.
Il monokini non piace? Gambe non troppo lunghe per reggere tutte quelle sforbiciate nei punti cruciali? Allora c'è il «trikini». Il nome sembra rassicurare, ma la moltiplicazione non aiuta. Tre, ovvero reggiseno, slip e pantaloncini, di solito attillati. E che arrivano proprio all'attaccatura tra coscia e sedere, dove si annida quella cellulite che qualche seduta di palestra nell'ultimo mese non può nemmeno lontanamente spianare. Inutile illudersi che mettendo i pantaloncini l'imperfezione si veda meno e si possa con eleganza passeggiare fuori dalla spiaggia anche quando l'anagrafe lo sconsiglierebbe: meglio un bel pareo, che quantomeno «vela».
L'invenzione più perversa si chiama «quadranga», ossia quel bikini, di solito griffatissimo, con lo slip a più lacci sui fianchi. Due, tre, nei casi di accanimento perfino quattro. Stringhe sottili, ma il risparmio di lycra è inversamente proporzionale al prezzo, alto a dispetto dei millimetri coprenti. E ogni laccio non solo è un segno (piuttosto indistinto, a meno di posizionarli sempre allo stesso posto, operazione da ingegnere della Nasa) ma è pure un rotolino di grasso che sprizza fuori in tutta la sua consistenza.
Ho deciso: mi rifugerò nel tradizionale bikini, nel «due pezzi» direbbero le antenate. Non c'è il sole e allora la volonterosa commessa propone le novità di quest'anno, con paillettes o tutto dorato, che riflette i pochi raggi in circolazione. A questo punto speriamo che il tempo rimanga così, perchè col solleone sarebbe come stare sotto un riflettore, con buona pace della cellulite...
@boria_a

martedì 3 giugno 2008

MODA & MODI: la lingerie di Carrie, fuori tempo massimo 


Passi il film, deludente come sempre capita quando una serie geniale - forse il prodotto televisivo più acuto, disinibito, intelligentemente non moralista degli ultimi anni - viene spalmata sul grande schermo solo per una gigantesca operazione commerciale. Forse questo lo si poteva anche perdonare a Carrie e alle sue amiche, che nella versione film di «Sex and The City» sembrano solo diventate più vecchie, a dispetto delle spianature del botox e del chirurgo («are we getting wiser, or just older?» si chiede la protagonista nella terza serie, e vien voglia di risponderle, pur con tutto l'affetto dovuto a un'icona, «ahimè siete diventate solo più vecchie, prevedibili, stridule, domestiche e fate anche poco sesso...»). Ma il merchandising che riprende vitalità intorno alla serie «defunta» o meglio «felicemente cristallizzata» nella nostra memoria di fan della prima ora, è proprio triste, anacronisticamente insopportabile.
Insieme alla pellicola arriva nei negozi la prima collezione di lingerie firmata «Sex and The City». Ben quattro linee diverse, una per ciascuna delle protagoniste e dei loro caratteri: stravagante come Carrie-SarahJessica Parker, sensuale come Samantha, chic come Charlotte e cosmopolita come Miranda. Reggiseni a balconcino, perizomi, babydoll, reggicalze, tulle, bordi animalier, rose diffuse, pizzi smerlati, tutto l'armamentario della seduzione disinvolta e leggera che ci ha fatto sorridere, divertire, sbalordire e magari anche convinto a comprare qualcosa nella lunga stagione delle sei stagioni televisive e che oggi abbiamo sepolto con qualche rimpianto in fondo al cassetto.
Le coetanee di Carrie e delle sue amiche sono diventate come loro: mamme, mogli o in procinto di esserlo, stritolate tra il lavoro, la carriera e tutto il resto, con poco tempo e sempre meno entusiasmo per quei rituali al quale la lingerie in questione sembra finalizzata. Il «sex» del titolo non c'è più nel film: se persino Samantha si cosparge inutilmente di sushi e deve rinunciare ai suoi ragguardevoli standard perchè «lui», che fa l'attore, ha bisogno di un sonno di bellezza, allora quegli hot pants, quei bustier, quei nonnulla di mutande restano solo un business un po' desolante e desolato, fuori tempo massimo. Le «it girls» sono cresciute, pure troppo, e alle generazioni di amiche successive sembra piaccia di più la morigeratezza dei costumi e la praticità dell'intimo. Chi se la filerà, allora, la biancheria così lussuosamente scorretta, così sventata di «Sex and The City»?
Accanto a me, in una celebre catena di cosmesi (molto, molto pubblicizzata nel film) una ragazzina compila la scheda del concorso: tot euro di spesa e la possibilità di vincere cinque giorni nella «City» senza «Sex». Sono sicura che a lei quel rosa e nero del cartoncino, i colori della serie, non dicono proprio niente. E che, se vince, si perderà Perry Street, dove «abitava» Carrie con decine e decine di scarpe, di borse, di abiti, di reggiseni, di amorazzi. Prima di diventare grande.
@boria_a