lunedì 18 marzo 2024

MODA & MODI

Oscar 2024: di che tendenza sono

le spille da uomo? 


Michael B. Jordan


 Spille di testimonianza e spille gioiello nella notte degli Oscar. Poche le prime, piccoli dischi rossi con la mano arancione e il cuore nero degli Artists4Ceasefire, che chiedono il cessate il fuoco a Gaza, gli aiuti umanitari, la liberazione degli ostaggi. Tante, e preziosissime, le seconde, sulle giacche dei protagonisti maschili. Fiori, animali, soli, bagliori di diamanti e pietre in grado di energizzare la prevedibilità dello smoking di ordinanza per una cerimonia black tie, quando ci vuole ben altro che una gonna a ruota (ricordate Billy Porter nel 2019?) per far alzare un sopracciglio di stupore. È tendenza, si legge ovunque. La spilla, cui le signore preferiscono orecchini e collier per illuminare viso e décolleté, a meno di non fare Windsor di cognome, se indossata da un uomo si scrolla la polvere da portagioie della nonna e caratterizza, personalizza, trasforma, dà un twist al completo da cerimonia, gli ruba i riflettori. 

 

 

Cillian Murphy


 

Robert Downey Jr

 

Eccoli Cillian Murphy, che ha accolto l’Oscar per Oppenheimer con un piccolo disco d’oro appuntato sulla giacca Versace, una raggiera vittoriosa, e Robert Downey Jr, migliore non protagonista per lo stesso film, salito in palcoscenico a celebrare il suo riscatto in abito Saint Laurent impreziosito da un fiore nero con stelo di diamanti, magari un omaggio alla moglie Susan, che l’ha assistito nelle sue discese e risalite. Non manca di coraggio Michael B. Jordan, con due cacatua di diamanti appollaiati sul rever del doppiopetto di Vuitton a reggere un rubino e uno smeraldo, mentre cita indirettamente Karl Lagerfeld, antesignano del genere, l’attore Colman Domingo, col suo sigillo sbrilluccicante al centro del papillon. Flora e fauna hanno offerto molta ispirazione, ma c’è anche chi fa appello al proprio vissuto, non a caso l’attore Teo Yoo di “Past Lives”, confessando che la tartaruga di diamanti dal carapace color ametista è un tributo personale a quella autentica, la sua Momo, venuta a mancare l’anno scorso.

 

Teo Yoo

 


Chi sostiene la tendenza spiega, e non a torto, che le spille sono decorazione pura, non hanno altra funzione che abbellire. Non così i gemelli che reggono i polsini, non le medagliette informative di gruppo sanguigno e segno zodiacale, non gli anelli con sigillo, espressione di appartenenza. Sono oggetti che distinguono e illuminano e consentono di giocare con la fantasia. Anche quando uno scopo pratico ce l’hanno, come nel caso di Simu Liu di “Barbie”, che ha fermato in vita la giacca Fendi, portata a petto nudo, con una broche a linee curve.

 

Mark Ruffalo

 


Ma è tutto oro quel che luccica? Se tendenza c’è, l’hanno creata le griffe della gioielleria, da Cartier a Tiffany, da Boucheron a Verdura, occupando sulle giacche maschili cerimoniosamente noiose un intonso spazio pubblicitario. E anche gli attori da red carpet, già brandizzati da capo a piedi sotto la guida degli stylist, che indossano un’altra sponsorizzazione, più mediatica di un vestito. Testimonial? Meglio che testimonianza, certo più lucroso. A meno di non essere Mark Ruffalo che il disco rosso per fermare il massacro di Gaza l’ha messo proprio sopra la spilla di ispirazione vegetale, come un puntolino esclamativo.

lunedì 4 marzo 2024

MODA & MODI

 Saint Laurent, metto un collant per vestito

 

 


 

Le calze di nylon diventano abiti, top, camicie col fiocco. Quel color brodo da sempre divisivo si declina in diverse sfumature del carne, si nobilita in caramello, ocra, oliva, si estende al blu, cioccolato, nero e avvolge il corpo lasciandolo completamente nudo, esposto. È la collezione Saint Laurent disegnata da Anthony Vaccarello e presentata nei giorni scorsi a Parigi. Lycra unico tessuto per pezzi fragilissimi, a forte rischio dissoluzione, che si incollano sui busti esangui delle modelle e non nascondono nulla. Lo scandalo di un tessuto comune, che tutti hanno nel cassetto, trasformato in consistenza da indossare a qualsiasi ora, elevato a involucro d’alta moda per pezzi mai uguali, che una distrazione può smagliare. Volevo emozionarmi, superare il concetto di stagionalità della moda, vedere fino a che punto la nudità può ancora scioccare, ha detto lo stilista. E il pensiero corre alla collezione Liberation che Yves Saint Laurent creò nel ’71, dirompente con le sue donne dal trucco pesante, alzate sui plateau, in corte pelliccette colorate, abiti dalle scollature profonde e giacche con spalle squadrate, che evocava gli anni bui della guerra e faceva a pezzi l’opulenta rinascita del New Look di Dior. Quella di Yves passò alla storia come la collezione dello scandalo, per le implicazioni non per le rivelazioni.

Ma le donne nude di Vaccarello scandalizzano oggi? La prima fila delle passerelle quasi unanimemente plaude, parla di “virago potentissime, velate di desiderio e fierezza”, di “esplosione di trasparenze” che rivelano corpo e lingerie. Siamo al consueto discorso sull’empowerment, la donna “calzata” scopre il suo corpo come affermazione di sé.


Fuori dal coro Vanessa Friedman, critica di moda del New York Times: “basta tette” ha scritto senza giri di parole, basta mercificare corpi femminili che la cronaca ci rimanda quotidianamente come oggetti. E ha snocciolato tutta la sua insofferenza in numeri: su 48 uscite in passerella da Saint Laurent, solo dodici non mostravano seno e culotte e, di queste dodici, tre erano mini abiti con reggicalze incorporato. Armani si è espresso più o meno nello stesso modo, pur riferendosi a Bianca Censori, compagna del rapper Kanye West, entrata pressoché nuda al ristorante di Cracco: basta pazze in mutande in giro per Milano.


Ma torniamo a Vaccarello e alla sua collezione collant. Una ragazza può davvero, come lui sostiene, avvolgersi intorno al seno un paio di calze trasparenti e replicare con quattro soldi un elaborato top di Saint Laurent? Improbabile. Più credibile che il designer abbia giocato a spingere all’estremo la tendenza allo scoprimento e a scardinare i pregiudizi sull’utilizzo dei materiali, elevando la lycra a chiffon. Resta un dubbio. Ogni volta che in passerella sfilano donne seminude, o per le strade celeb di ogni tipo si aggirano in mutande, qualsiasi accenno di perplessità viene rimandato al mittente: il buon gusto e l’opportunità non c’entrano, è la donna a esercitare l’insindacabile diritto a decidere come e quanto mostrare del suo corpo. Eccoci al punto: è davvero la nudità l’unica unità di misura del nostro potere?