martedì 27 gennaio 2009

MODA & MODI

Barbie versus Bratz, cinquantenne alla riscossa

Barbie, splendida cinquantenne

La cinquantenne più famosa del pianeta si prepara a celebrare alla grande. Nel '59, suo anno di nascita, entrò trionfale alla Fiera del giocattolo di New York, tra pochi giorni, il 14 febbraio, festeggerà in anteprima il compleanno, che per la verità cade il 9 marzo, alla Fashion Week, evento modaiol-mondano per eccellenza della Grande mela. E saranno cinquanta i designer internazionali che vestiranno per l'occasione questa inossidabile modella di 29 centimetri e mezzo, che ha attraversato bufere e contestazioni sempre inappuntabilmente platinata e uguale a se stessa.
Grande «signora» Barbie. È il caso di dirlo se la bamboletta odiata dalle femministe perchè accusata di crescere nello stereotipo della donna-oggetto bimbette innocenti, destinate a diventare grandi senza la consapevolezza della differenza di genere, ha fatto fuori persino la sua più agguerrita avversaria, l'orrenda Bratz, serpe nata - come ha stabilito una controversia giudiziaria senza esclusione di colpi - in seno alla stessa Mattel.
Ma sulla distanza, la matura Barbie ha vinto sulla rampante Bratz, facendo le vendette di quelle generazioni cresciute in mezzo al suo mondo color rosa caramella, tra accessori minuscoli e perfetti, la roulotte, il cavallo, un fidanzato biondo e «lampadato» e il matrimonio su una carrozza del tutto simile a quella di Cenerentola. «Girls power» era lo slogan coniato da Barbie per il suo quarantennale, ovvero «bambine, non esiste alcun sogno irrealizzabile...». E infatti, in questi cinquant'anni, la biondissima micro-top è stata astronauta già nel 1965, ben prima che una donna varcasse i confini dello spazio, sergente dei marines quando l'idea di un esercito in rosa faceva sghignazzare, ha calcato le scene come cantante rap bruciando la pompata e minacciosa Madonna, è stata hostess, ballerina, fashion editor quando nessuno immaginava la Miranda de «Il diavolo veste Prada», si è candidata alla Casa Bianca anticipando Geraldine Ferraro. Immutabile e per sempre giovane, ha incarnato quelli che una volta erano solo i sogni delle ragazzine, anticipando un presente neanche poi tanto scontato, a dispetto delle rivendicazioni.
Barbie vestito Dior, Balenciaga, Saint Laurent, Armani e un centinaio di altre griffe da sogno. Nel 1985 Andy Warhol l'ha immortalata in un quadro diventato leggendario. Il suo appeal è intramontabile: l'hanno chiamata per un ruolo in «Toy Story 2» e nel cartoon cult dei «Simpson» la bambola Malibu Stacy si ispira decisamente a lei.
Intanto l'omologata Bratz, ringalluzzita da un paio di annate di grandi vendite, continua a sgomitare nei negozi con le sue labbra a gommone, come una velina o una naufraga dell'Isola dei famosi qualsiasi. Giovedì, a Milano, sarà annunciato il programma dei festeggiamenti per Barbie, ma già firme dei design e della moda hanno anticipato di voler creare oggetti-icona per arricchire il suo mondo. Una bella rivincita per la bambola che suggeriva di fare qualcos'altro, oltre la moglie e la mamma.
twitter@boria_a

 La rampante Bratz

martedì 13 gennaio 2009

MODA & MODI

Jersey chic, da Lily a Marilyn

Elastico, duttile, modellante. Perfetto per mettere d'accordo eleganza e  praticità ai tempi della crisi. Il jersey, timida e poco convinta riscoperta dell'estate, è entrato trionfalmente in quest'inverno di recessione come tessuto ideale per combinare esigenze diverse, costrette a convivere: confortevolezza e versatilità, novità e durata, stabilità e frivolezza, chic e prezzi contenuti.
Le sue origini, infatti, sono modestissime: era il tessuto di maglia indossato dai pescatori dell'isola omonima, portato alla ribalta dall'attrice Lily Langtry negli anni Venti, detta Jersey Lily per i suoi natali e considerata una delle donne più eleganti del suo tempo, oggi vagamente ricordata non tanto per il suo talento quanto perchè diventò l'amante del principe di Galles, futuro Edoardo VII.
Ma il jersey fu anche la stoffa di una rivoluzione, quella che, negli stessi anni, compiva Coco Chanel, liberando le donne dalle impalcature di tessuto e dalla sovrabbondanza di dettagli e infilandole in abiti sciolti di quell'impalpabile maglina che pareva inconsistente e cedevole, ma tornava magicamente al suo posto dopo ogni stropicciatura. Le umili origini non importavano a «madame», cresciuta in orfanotrofio, che nobilitando il tessuto della sua crociata destrutturante fino alla haute couture, diceva: «Alcune persone pensano che il lusso sia l'opposto della povertà. Non lo è. È l'opposto della volgarità».
Fu Emilio Pucci, negli anni Sessanta, a dimostrare in una memorabile sfilata a New York, le potenzialità del jersey. Una modella in calzamaglia pescava da un beauty case un pigiama palazzo, lo indossava e sfilava, poi lo sostituiva con un abito da sera, e così via via per dieci volte, dieci mise diverse, sempre estraendo i vestiti e poi ripiegandoli nel beauty: in un piccolo spazio c'era un intero guardaroba, impeccabile, mille usi. Chemisier che avevano le dimensioni di un fazzoletto e pesavano neppure due etti, coloratissimi e da stringere in un pugno, paparazzati ovunque addosso alle signore che facevano e dettavano lo stile: Diana Vreeland, potentissima megera direttrice di Vogue America, e l'attrice Lauren Bacall, la regina della dolce vita Consuelo Crespi e la quintessenza della semplicità maniacalmente costruita, Jacqueline Kennedy. Abiti per chi, all'epoca poche, viaggiava in jet e voleva bagaglio ridotto ad alto contenuto di classe, oggi l'ideale per viaggi di massa fatti di lunghe attese. Ma soprattutto per interpretare l'opportunità di un'eleganza discreta, sottotraccia, veloce e ingualcibile, l'eleganza nel financial crunch. Basta dare la caccia ai saldi, il jersey è presente in tutte le collezioni, da Stefanel ad Armani. E ha un vantaggio: smussa le punte delle scheletriche, attenua forme troppo asciutte. Per chi le forme le ha, è solo questione di dosare la sottolineatura. Un jersey nero di Pucci lo indossava Marilyn Monroe quando incontrò Arthur Miller. Lui, pare, abbia commentato: «È tutta donna. È la donna più donna che abbia mai visto».
twitter@boria_a

Marilyn Monroe in un jersey Pucci a Mexico City nel 1962 (foto da prettycleverfilms)