martedì 24 agosto 2010

MODA & MODI

Inspirational strangers

Bill Cunningham a New York (zeitgeistfilm.com)
Caccia allo sconosciuto icona di stile. Al comune mortale che lancia una moda o ispira una tendenza, scovato dai fashion blogger e strappato al suo anonimato per approdare nel mondo planetario della rete, ormai la più autentica fonte di idee della moda. Saturi di modelle, celebrità, fanciulle nullafacenti dal cognome miliardario, a dettare le regole, o a stravolgerle, è oggi una pattuglia di persone assolutamente normali, di tutto il mondo e di ogni età, scelte e fotografate perchè "hanno qualcosa", l'accessorio, l'insieme, la freschezza, l'equilibrio, la trasgressione o il rigore - in una parola, il gusto - che le rende assolutamente speciali. Anonime e uniche.

Anonime perchè non famose, ma soprattutto, ed è un sollievo, perchè non griffate, o almeno con le griffe nè tracciabili nè esibite. L'idea l'ha avuta Scott Schuman, il fotografo che ha inventato il sito "The sartorialist", il primo a pubblicare le immagini delle persone, incontrate per strada, che lo colpivano e che giudicava adatte a entrare in un'inesauribile galleria dell'eleganza a tutte le latitudini. I cento scatti più suggestivi sono stati raccolti in un libro e Scott, secondo la rivista "Times", è tra le cento persone nel mondo in grado di influenzare lo stile.
Vale anche per Bill Cunningham, il fotografo dell'edizione on-line del "New York Times" che gira per Manhattan in bicicletta e mette a punto una selezione ancora più raffinata: sconosciuti, uomini e donne, che hanno qualcosa in comune, un colore, una fantasia, il design delle scarpe o degli abiti, il modo di portare un cappello, il recupero di un capo. E tutti insieme, senza saperlo, fanno tendenza. Date un'occhiata al suo ultimo "On the street" (s'intitola all-black uniform), un video dedicato alle signore che scelgono nero e tacchi non per la notte, ma per andare al lavoro ogni mattina: Bill si è addirittura appostato allo stesso angolo dalla Quinta Strada per immortalare una di loro riconvertita, dopo alcuni giorni di incursione nel colore. Schuman, invece, negli ultimi scatti di "Sartorialist", si è fatto colpire dal ritorno del colore a Milano, proponendo una sofisticatissima ragazza che miscela top gialli e arancio con pantaloni fantasia su fondo nero e sandali animalier.

Abbinamenti inimitabili? Tuttaltro. I "Beautiful strangers" (http://www.beautifulstranger.tv/), come si chiama un altro sito specializzato in sconosciuti di classe, suscitano più simpatia e spirito di emulazione dell'attrice paparazzata con lo stile di altri e il logo (regalatole anch'esso dai diretti interessati) in bella vista. "Real fashion on real people", vera moda su gente vera, sintetizza "Chicisimo" https://chicisimo.com/, altro spazio virtuale dedicato alle icone della porta accanto.


E l'ultimo nato, swagger.nyc (@SwaggerNewYork) propone anche la musica dei "trendsetter" incontrati per strada. Le modelle hanno stancato, stanno bene con tutto e si vedono dappertutto. Sono scontate e inflazionate. La gente comune con gusto, al contrario, dà idee agli stilisti e può essere un potente volano commerciale, non a caso alcuni siti propongono link dove è possibile comprare abiti e cosmetici suggeriti dai vari "tizi" della strada.

Funziona come per l'arte, dicono Melissa Fedor e Abby Wallace di "Beautiful Strangers": quando c'è, la riconosci. Non a caso i blogger specializzati in "visti per strada" siedono oggi in prima fila alle sfilate di moda. Meglio guardarsi intorno, allora, che guardare la tv, dove tristi pseudo-guru dello stile insegnano a vestirsi "bene" e cercano di convincerti che parlano di moda perchè sostituiscono banalissimi parole italiane con l'equivalente inglese ("questa bag in black and white e le scarpe con gli heels alti fanno molto fashion...").
twitter@boria _a

Scott Schuman, the sartorialist (Archivio Corbis)

martedì 10 agosto 2010

MODA & MODI: smutandate e marsupiati in volo

Il marsupio che ballonzola sulla pancia o il gilet simil-cacciatore, dalle tante e capienti tasche, dove custodire i documenti di viaggio. Il pinocchietto che trancia a metà i polpacci da mediano, immancabilmente abbinato alle scarpe da ginnastica immacolate da cui spuntano i bordi del calzetto meno che mai "fantasmino". I leggings incollati a ogni millimetro quadrato di quello che nella quotidiana vita urbana ci sforziamo in tutti i modi di nascondere, dalla cellulite alla biancheria. La tuta da ginnastica, promossa a indumento da spostamenti comodi e ingualcibili. I cappelli da cow-boy e gli stivali da ranchero anche se la destinazione è l'Alaska, le crocs multicolor dagli zero ai sessant'anni, le cinture di Gucci comprate sulle spiagge, le camicie hawaiane o le t-shirt che dichiarano mestamente "Ilove" a mete di precedenti trasferte o passaggi a esotici e improbabili rock cafè.
Le statistiche ci dicono che non raggiungono nemmeno il cinque per cento gli  italiani che quest'anno trascorrono un periodo di vacanza fuori dai confini nazionali. Una risicata pattuglia scampata alla tenaglia della crisi e più che mai ansiosa di liberarsi di tutte le mestizie invernali, anche di quelle altrui. L'aeroporto è la prima tappa di questa pimpante marcia verso la libertà, il passaggio obbligato che divide il rigido tran tran quotidiano, con i suoi codici di comportamento e di abbigliamento, dalla sospirata meta del relax. Una specie di porto franco del gusto in cui si comincia ad avvertire il brivido dell'anonimato, in cui saltano le regole e le inibizioni nel vestire, in cui tutto sembra concesso. Parola d'ordine, bruciare le confortevoli uniformi della vita "reale" e scatenare la fantasia, non c'è tarocco, taglia, colore, sedere che tenga. Mentre chi prende il treno rimane imprigionato nei suoi abiti di sempre, non fosse altro che per la contiguità fisica delle stazioni alle città, il popolo dei viaggiatori volanti ha caratteristiche tutte sue, difficili da isolare in altri luoghi di transito. Un popolo di variopinte tute di lycra di solito confinate al tempo libero e mai sdoganate nemmeno per il breve tragitto che separa la palestra da casa, di sandaloni tedeschi portati col calzino (perché in volo, si sa, ci si libera dalle calzature), di bermuda superaccessoriati, di canotte e mutande a vista, di calzoncini inguinali, di zainetti sepolti da tempo immemorabile negli armadi in attesa di gite fuoriporta sempre rimandate, di false vuitton su pantaloni da odalisca, di monili o paludamenti etnici che comunicano al mondo i propri precedenti da viaggiatore internazionale. Negli anni Cinquanta, quando volare era privilegio di pochi, ci si imbarcava con un guardaroba esclusivo. Attrici e miliardarie scivolavano sulle scalette come su una passerella e gli stilisti creavano un glam aeroportuale con capi e accessori particolari. Oggi lo
stile tamarro dei vacanzieri è democratico e trasversale, come i cieli. Smutandate e marsupiati in fila al check-in sono insospettabili professionisti sotto copertura, si vola e ci si veste low cost. Il guardaroba da viaggio è affidato alle migliaia di nuovi ricchi russi e cinesi, per cui volare è ancora un'emozione da vivere con stile.
@boria_a
Stile aeroportuale (fonte Quotidiano.net)