martedì 26 novembre 2013

MODA & MODI

Di che boot sei?

Ankle boots, biker boots, Chelsea boots, daily boots. Pare che senza uno qualsiasi di questi boot alle estremità, non si possa andare da nessuna parte. Gli stivaletti per ogni ora del giorno e della notte assediano le vetrine, in un tripudio di borchie, catenelle, plateau, lacci, fibbie, elastici, vernice e pelle, camoscio e gomma. Di rigore il nero, possibilmente con qualche bagliore metallico. Che fare? Lasciarsi tentare da un'appendice da motociclista, modalità cattiva ragazza, o dai tronchetti da gran sera, che raggiungono a stento la caviglia dopo essersi arrampicati su uno stiletto perlomeno dodici? La scelta è ardua, perchè prima di infilarsi nei boots, in tutte le loro immaginifiche varianti terminologiche, vanno studiate con cautela posologia e controindicazioni. I più inoffensivi sono i Chelsea, punta rotonda, elastico laterale, tacco inesistente: nacquero in epoca vittoriana e raggiunsero la fama quando li adottò, negli anni '60, il "Chelsea set", come la stampa chiamava quel gruppo di artisti e fashionisti ante-litteram che frequentava King's Road a Londra e che comprendeva Mary Quant e la modella Jean Schrimpton. Piacevano anche ai Beatles, seppure con l'aggiunta del "cuban heel", un tacchetto più alto. I "Chelsea" sono pratici, disinvolti, comodi, sia con i pantaloni a sigaretta sia con gonne e vestitini. Non richiedono gambe da top-model perchè si fermano discretamente a livello caviglia, evitando di segare in due il polpaccio e di scombinare tutte le proporzioni. Altrettanto non si può dire dei biker, stivaletti da centauro più o meno alti, tacco squadrato, carroarmato e ammenicoli vari, meglio se pungenti e luccicanti. Si sprecano i consigli per "ingentilirli" con gonnelline di tartan o twin-set pastello della mamma. Ma che senso ha infilare una calzatura per digrignare i denti, se poi ci si preoccupa di smorzarne l'effetto? Piacciono? E allora subito in sella con chiodo e jeans skinny, scendendo quando si avvicinano gli "anta".
Daily e ankle boots sono le due facce della stessa scarpa, altezza caviglia: da giorno tacco robusto, da sera spillo. Le puriste li tengono distinti dal tronchetto, che si avventura più in su lungo il polpaccio. Il conteggio dei centimetri è irrilevante: gli ankle sigillano il collo del piede e riducono l'altezza. Quella "percepita", certo, ma le bassine vanno ancora più giù.


twitter@boria_a


martedì 12 novembre 2013

MODA & MODI

In pelliccia di orso giocattolo

Pitonesse, leopardate? Già viste, troppo viste. La specie animale che va per la maggiore sono le orsacchiotte. Morbide, tenere, calde, politicamente corrette. Perchè la loro pelliccia è quella finta degli orsi Steiff, vero e proprio giocattolo di culto per collezionisti, prodotto in Germania dagli inizi del secolo scorso. I più rari di questi simpatici teddy bear raggiungono in asta quotazioni vertiginose, con un record che veleggia al di sopra dei centomila euro, neanche il vello ce l'avessero d'oro.
Ebbene, sarà un caso che tra i cultori dell'orsetto tedesco ci siano molti stilisti, dal "connazionale" Karl Lagerfeld a Marco Zanini, appena insediato alla direzione artistica di Schiaparelli, alla nostra Prada, ma quest'anno l'allegro plantigrado è uscito dai negozi per bambini ed è salito in passerella.
Mohair setoso, riccioluto o pettinato liscio, alpaca e cashmere tessuti al telaio, creano una eco-pelliccia tutta naturale, che si distingue immediatamente da quella ispida di poliestere, spiacevole al tatto, impettinabile come i capelli delle bambole e, una volta bagnata, impossibile da riportare all'originaria lucentezza. Chi non ricorda il proprio orsetto preferito (no logo) finito sotto l'acqua e poi asciugato col phon? Il pelo si trasformava in un tappetino di aculei, perdendo qualsiasi appeal consolatorio. L'orso Steiff, di tempra pannonica, resiste a qualsiasi intemperie senza trasformarsi in un animaletto spelacchiato da cartone animato. Per decenni ignorato dalla moda, oggi conquista perfino le colonne del Financial Times come alternativa "sostenibile" al pelo animale.
Lo stilista Dries Van Noten ha preso l'orsetto, l'ha rivoltato e riconvertito in giacche e cappotti confortevoli, caldi ma leggeri, per tutte le ore della giornata. Pelliccia scanzonata, che non sa da signora in gran montura. Tommy Hilfinger, meno credibilmente, la propone anche all'uomo, mentre la stilista russa Vika Gazinskaya  la mette tutta per strappare le sue ricche clienti da visoni ed ermellini offrendo l'alternativa divertente di stole di finta volpe (e autentico orsetto) con tanto di muso posticcio.
L'idea è eco fuorchè nel prezzo, perchè herr Steiff vende cara la pelle. Non sarà allora che sull'idea ludica prevale quella simbolica? Nostalgia della pelliccia e di tutto quanto significa: solidità e stabilità economica, sicurezza, certezze. Altro che gioco.
twitter@boria_a
Eco pelliccia firmata Vika Gazinskaya