giovedì 19 luglio 2018

MODA & MODI

Estate smutandata 



La città delle smutandate. La moda estiva più coriacea, persistente, trasversale delle ultime stagioni è quella dei minishorts. Al primo caldo ecco legioni di ragazzine liberarsi di qualsiasi indumento che si ostini a scendere in po’ più giù della zona inguinale, gonna o pantalone che sia. Francobolli di jeans, hanno preso il posto delle tende da circo a fiori o a balze, che per mamme e nonne erano quintessenza della libertà, e si sono propagati come un’epidemia. Minacciando da vicino il buon senso, tanto che presidi e insegnanti non smettono di metterli ogni anno espressamente all’indice, nel caso a qualcuna venisse in mente di presentarsi così, nel look adesivo, davanti a una commissione d’esame. Gambe lunghe, corte, sedere più o meno allenato, polpacci tonici o filiformi, bucce d’arancia e altre calamità dell’epidermide, su cui nei mesi invernali ci si arrovella e si soffre non poco, evaporano in una totale amnesia.

 A differenza di stivaloni da squaw o da cowgirl, sandali da schiava, pantaloni da odalisca e altre amenità etno estive, ormai residui di passati e fuggevoli innamoramenti, i pantaloncini ini ini resistono. In città o al mare non fa quasi differenza e dove i due ambiti coincidono non ci si può girare senza posare l’occhio su natiche “chi mi ama mi segua”, la pubblicità dei Jesus che quasi cinquant’anni fa scandalizzò mezza Italia benpensante, Pasolini compreso.

Oggi quella mutanda denim è diventata uniforme e di trasgressivo non ha proprio più niente. Anzi, se i centimetri si riducono, aumentano le adepte negli enta e anta, perchè la maggiore età in fatto di stile non aiuta la cautela. Qualunquisti e democratici, i mutandini non guardano nessuno dall’alto in basso, purtroppo neanche dal lato b.
@boria_a

sabato 14 luglio 2018

 IL LIBRO

La ragazza che portava il diamante al naso come un piercing da quattro soldi 





I diamanti guardano gli opposti. La ricchezza e la povertà assolute, gli estremi della scala sociale. La piccola miliardaria cinese che riceve in regalo due pietre rosa battezzate col suo nome e il piccolo miserabile della Sierra Leone, drogato e armato di kalashnikov per controllare chi lavora nelle miniere. «C’è chi li porta al dito e chi con le dita li raccoglie nel fango. Chi li compra all’asta e chi viene ammazzato se cerca di venderli. Solo loro conoscono lo spazio fra due destini paralleli». Mondi che non si incontreranno mai e che un diamante, testimone splendido e passivo, intercetta e non trattiene.
Anche la protagonista dell’ultimo romanzo di Caterina Bonvicini, Ludò, racchiude in sè gli estremi: la serenità di una vita agiata e movimentata, in giro per il mondo, e la mostruosità di un passato lontano, nella costrizione dell’immobilità per sfuggire alla morte. Il suo preziosissimo diamante rosso, che porta al naso come un piercing da quattro soldi, è lì, a testimoniare queste esistenze spaiate, che non possono riconciliarsi e che il suo stesso marito ignora.


Caterina Bonvicini


Nella prima pagina di “Fancy Red” (Mondadori, pagg. 293, euro 18,00), Ludò è già morta. Quando Filippo, gemmologo da Sotheby’s, si sveglia nella lussuosa camera da letto di una villa in Grecia, ai suoi piedi c’è il cadavere della moglie, un paio di forbici piantate nel collo, e accanto una giovane sconosciuta che lo accusa dell’omicidio. Ma è stato davvero così? La donna nella mano stringe la pietra di Ludò, che crede un semplice rubino: invece è il “Fancy Red”, diamante rosso, purissimo e dal colore singolare, di cui al mondo esistono forse trenta esemplari. If, internally flawless, perfezione assoluta.
Lui morde la mano della sconosciuta, per costringerla a mollare la pietra, intuisce che in quella gemma c’è la chiave della sua vita e la soluzione di tanti interrogativi. “Il piano di sfaldatura”, direbbe un gemmologo: il punto naturale dove la pietra cede, che i tagliatori studiano per mesi.


Filippo non ha mai voluto possedere un diamante, almeno finchè non ha conosciuto Ludò. E ora sarà proprio il “Fancy Red”, che appare e scompare lungo tutta la trama, a guidandolo a ritroso sulle tracce del passato della moglie, morta eppure protagonista in ogni pagina, con i suoi segreti e la sua inquietudine. Ludò adottata dal ricco finanziere milanese e da lui amata più dei suoi figli naturali; Ludò affamata di sesso, alla ricerca di avventure di una notte con Filippo, da Lisbona a Cuba, dalle Fiandre all’Argentina; Ludò bambina che, al luna park con la nuova mamma, rifiuta il cane di peluche vinto al tiro a segno perchè le ricorda i bersagli dei cecchini a Sarajevo; Ludò che affida i ricordi tremendi dell’assedio solo alle lettere indirizzate al marito, al suo “Pip” e scritte al computer come un diario da non condividere. Ludò che molti anni dopo, durante un incidente in barca a vela, vede un uomo morire in mare e sente il sangue fresco, calpestato sulle strade a Sarajevo, risalirle in testa.


Lungo gli otto capitoli della struttura a ottaedro, come quella cristallina del diamante, questo thriller asciutto, a tratti spiazzante, affolla tanti temi: i rapporti di coppia, il divario sociale che si allarga fino a diventare sperequazione tra il Nord e il Sud del mondo, la malavita internazionale, il coesistere di verità e menzogna. Al centro, metafora del doppio, il Fancy Red, che continuerà ad attraversare mondi e vite, a essere bramato o maledetto, senza che sporcizia e imperfezioni lo intacchino.
A differenza di Ludò, vittima del più elementare e ferino sentimento umano.

@boria_a
MODA & MODI

Il nuovo marsupio va per traverso

Dallo zaino alla borsetta, qualcosa va anche di traverso. L’estate 2018 getta scompiglio in materia di accessori maschili. Innanzitutto, un grande rientro: il marsupio, che gli inglesi chiamano familiarmente bum bag, ovvero un contenitore legato sopra il fondoschiena. Riemerso tra gli indicatori degli anni Novanta, equivale all’animalier al femminile: non ci sono zone grigie, o lo si considera comodo e spiritoso (gli americani lo definiscono funny pack, appunto...), o lo si cataloga nell’abbigliamento da aeroporti e lunghe traversate in classe economica, come le tute da ginnastica e le ciabatte.
Il marsupio 2018, per confonderci cambia posizione. Non ballonzola più all’altezza della cintura, ma si porta a bandoliera, cioè trasversalmente, come un grande arachide, meglio se griffato. La sua capienza ha un limite: se troppo riempito, davanti impedisce i movimenti, dietro crea protuberanze infelici.





Versace ha tagliato le mezze misure e a Milano ha fatto sfilare di recente maschi con la borsetta. Veri e propri contenitori mignon, con la catenella, identici a quelli femminili, indossati di traverso su giacche, canottiere e t-shirt. Borsette in tutto e per tutto intercambiabili con quelle che una signora sceglie per uscire la sera, quando non ha bisogno di altro che di chiavi, cellulare ed, eventualmente, di una carta di credito. È l’ultima frontiera nel guardaroba genderless, che attraversa i sessi senza differenze.




 
Versace, Men Fashion Fall Winter 2019-2020



Tra marsupi reloaded e provocazioni, resiste lo zainetto. Quest’estate è geometrico e si porta infilato a entrambe le braccia, mentre il simil-eastpak floscio sulle spalle, continua a piacere agli stropicciati radical chic. Tra gli uomini che non vogliono avere le mani occupate, è ancora la soluzione più innocua.
@boria_a