martedì 29 marzo 2005

IL LIBRO

Michel Pastoureau:  dagli Oscar alle rivoluzioni, tutte le sfumature del Blu

Hilary Swank vestita da Guy Laroche alla cerimonia degli Oscar 2005

Blu l'abito della vincitrice dell'Oscar, Hilary Swank, blu quello della bionda Cate Blanchett e di Imelda Staunton, pluriosannata per la sua interpretazione di Vera Drake, che nella Londra degli anni '50 aiuta le donne ad abortire. Quest'anno sul tappeto rosso di Los Angeles è ricomparso il colore meno gettonato dalle star, quel blu, bluette, avio, malva, che gli stilisti di solito snobbano per le creazioni di haute-couture. Anche le sfilate per l'autunno-inverno 2006 lo rispolverano alla grande e alcuni assaggi per la primavera appena iniziata sono già nelle vetrine: tailleur pantaloni in gessato carta carbone, gonne di seta cruda, spolverini in puro navy-mood. Da alcune stagioni - e in coincidenza con l'accorciarsi di quelle «di mezzo» (mai luogo comune è stato più opportuno) - il blu era scivolato nel dimenticatoio: scomparsi i tailleur in fresco di lana, i trench, gli abbinamenti col bianco, che facevano tanto marinaretto-look, al suo posto l'onnipresente nero o molti sdolcinati pastello (quest'anno è già invasivo l'orribile verde pisello...).
Sembra difficile credere che il blu, al contrario, sia il colore più sfruttato per l'abbigliamento nel mondo occidentale, perchè - come si legge nell'interessantissimo excursus su questo colore di Michel Pastoureau («Blu - Storia di un colore», edizioni Ponte alle Grazie) - le sue connotazioni nè violente nè trasgressive ma in prevalenza «neutre», lo hanno fatto preferire al rosso, al verde, al bianco e persino al nero, indipendentemente dal sesso e dalla posizione sociale.
La storia di questo colore attraverso i secoli è affascinante. Per i romani era la tinta che connotava i barbari e, in età repubblicana e agli inizi dell'impero, quella scelta dagli eccentrici o da chi era in lutto. Il riscatto del blu comincia nel XII secolo, quando entra nel sistema dei colori liturgici, viene utilizzato per il manto della Madonna e, dalla fine del XII secolo, anche dal re di Francia, entrando a pieno diritto nella palette delle tinte aristocratiche, inserito in buona parte degli stemmi della nobiltà francese. Nel corso della Riforma protestante, percorsa da un'insistente cromofobia, viene assimilato al nero, colore per eccellenza solenne e virtuoso. Al suo trionfo si assiste nel romanticismo: nessun libro sembra aver avuto sull'abbigliamento un impatto paragonabile a «I dolori del giovane Werther» e per decenni i giovani dell'intera Europa sfoggiarono l'abito blu e i pantaloni gialli che il protagonista indossa la prima volta che incontra Charlotte...
Blu «politico» nella Francia rivoluzionaria, blu dei jeans dei cercatori d'oro, nella California di metà '800, blu della ribellione negli anni '60, ma anche segno di voglia di evasione e di migrazione verso approdi lontani.
Che connotazione avrà questo e il prossimo anno? Forse, complice la crisi economica e la contrazione dei consumi, quella della calma, della distanza, quasi di una sorta di anestesia?

twitter@boria_a
Imelda Staunton al party di Vanity Fair per la cerimonia degli Oscar