martedì 21 settembre 2010

MODA & MODI: le griffe okkupano i grandi magazzini

La moda la fa la gente comune e le griffe entrano nei grandi magazzini. Perchè se le icone di stile proposte da tanti siti web sono persone anonime, ma che sanno miscelare con gusto il pezzo da mercato e quello da boutique, gli stilisti non hanno più la puzza sotto il naso a firmare mini-collezioni per la maxi-distribuzione, conquistando un esercito di potenziali clienti contro i quattro gatti dei monomarca esclusivi. Vestirsi low cost è diventato addirittura snob, significa sapere scegliere e abbinare, avere uno stile personale e non farsi tiranneggiare dai "look" (parola che sta finalmente sparendo dai reportage di moda, seppure con fatica...). Tutto si mescola in tempi di crisi, gli stilisti catturano la novità dalla donna qualunque e la donna qualunque può scegliere un capo firmato più o meno facendo la spesa.
Mettetevi in coda, allora, davanti alla porta di H&M, dove il 23 novembre prossimo, in uno dei duecento punti vendita del mondo, sarà possibile acquistare un abito di Lanvin, quintessenza della desiderabilità, che ha ideato ben due collezioni, una femminile e una maschile, apposta per il colosso svedese della moda a buon prezzo. H&M è stato il primo a trascinare inarrivabili marchi tra i suoi scaffali, mandando in visibilio i clienti con pezzi di Karl Lagerfeld, Stella McCartney, Comme des Garçons, Jimmy Choo, Viktor & Rolf, Sonia Rykiel, Roberto Cavalli, letteralmente "bruciati" nel giro di poche ore. Aggiungere alla lista Lanvin, però, è un colpo magistrale, perchè per un vestituccio della boutique parigina di Faubourg Saint Honorè, fondata nel 1889 da Jeanne Lanvin, bisogna avere nel portafoglio dai duemila euro in su.
E il direttore artistico della maison, Alber Elbaz, aveva dichiarato in passato che mai e poi mai avrebbe realizzato una collezione accessibile ai comuni mortali. Ora, con una contorsione a centottanta gradi, torna sui suoi passi: «Quello che mi ha intrigato è l'idea che H&M si avvicini al lusso piuttosto che Lanvin al pubblico!».
Moda democratica o marketing spietato? Ne sa qualcosa anche Gap, colosso americano dell'abbigliamento, che sta collaborando con Valentino per una mini-collezione da presentare, a novembre, in contemporanea allo sbarco italiano del primo monomarca a Milano, e in altri negozi selezionati nelle principali capitali europee. I due stilisti che ora disegnano la linea Valentino, Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli, si sono detti entusiasti del "matrimonio" che fino a poco tempo fa non s'aveva proprio da fare, tra chic e cheap, tra lusso e basic.
Intanto Ovs Industry, del gruppo Coin, ha iniziato la controffensiva contro gli stranieri H&M e Zara con una campagna pubblicitaria di Scott Schuman, il celebre "sartorialist" dell'omonimo sito: testimonial glamour, da Ginevra Elkann a Jessica Einaudi, da Nicolas Vaporidis a Jacaranda Caracciolo Falk, accanto a perfetti sconosciuti, e tutti, vips e nips, interpreti dello stile povero di "tendenza", della collezione "democratica". La linea sarà firmata dal milanese Davide De Giglio e da Ennio Capasa di Costume National, costerà un trenta per cento in più dei capi tradizionali e cercherà di combinare design, qualità e prezzo.
Quale sia il "clima" della guerra tra i marchi lo lascia intendere l'amministratore delegato del gruppo Coin, Stefano Beraldo. «Il nostro target sono le persone vere che indossano abiti veri, H&M fa usa e getta proponendo pochi pezzi di una firma o di un personaggio...». Resta un dubbio: che il lusso a portata di ogni tasca non sia che un modo "elegante" per occupare militarmente nuove fette di consumatori, con meno soldi ma sempre la stessa febbre da etichetta. Tutti i grandi magazzini sostengono che i clienti sono "cresciuti" e che premiano la qualità. Appunto: non serve una griffe.
@boria_a
 Lanvin per H&M

martedì 7 settembre 2010

MODA & MODI: nell'anno del cammello

Invecchia? Sbatte? Annoia? È il colore che mentalmente si abbina in automatico all'idea dell'anonimato, della discreta mezza età, della tappezzeria, la tinta-rifugio di chi vuole sentirsi "in ordine" senza sforzi di immaginazione e senza paura di sbagliare? Insomma, condividete anche voi lo slogan di Hadley Freeman, caustica giornalista inglese del Guardian, per cui "only the beige wear beige"? Allora ricredetevi subito, prima che arrivi il freddo, e preparatevi a entrare nell'anno del cammello.
Ci sono stagioni e stagioni di pregiudizi da cancellare per il confortevole e "domestico" crema, trasformato dalle passerelle dell'autunno-inverno 2010 nel nuovo nero, tinta di punta per qualsiasi ora e occasione, versatile, addirittura sofisticato, declinato in capi, tagli e lunghezze quasi impensabili. Non più "cammello", appunto, scoraggiante e zitellesco fin dalla definizione. La copertina di Vogue Italia, la nostra "september issue" (ossia il numero che detta le tendenze della stagione) è tutta dedicata a lui, re beige. La top model Miranda Kerr sfoggia un perlaceo make-up, occhi e labbra naturalissimi in nuance petalo, un cappotto stretch tinta cremino con il collo di maglia a trecce, in braccio un cagnolino pure lui ambrato.
L'operazione rilancio è partita dalla tavolozza: adesso si chiama pelle, sabbia, cognac, "cenere di rosa", taupe (è un, molto nobilitato, marroncino chiaro), sughero, cipria. Un colore pieno e sicuro di sè al punto da proporsi ton sur ton, combinando insieme tutte le sue sfumature e sfidando il total look che è un disastro sempre in agguato.
Altro mito da sfatare: il beige schianta qualsiasi carnagione e mortifica le chiare. Gli stilisti suggeriscono di provare il contrario. Per le bionde slavate è chic, nelle brune e more smorza i contorni e valorizza, nelle rosse attenua il rischio della volgarità. Come il nero, si abbina a tutto, agli scontati bordeaux, marroni, verdi, ma anche ai più inediti grigi, dal polvere al ferro, al rosa cammeo, al bronzo e all'oro per la sera. Non ha paura delle consistenze: per il giorno sui tweed mascolini, le pellicce sintetiche, i maglioni tricottati, per la sera sulle sete, gli chiffon, le organze, gli aderentissimi jersey.
E, a far la parte del leone, ritorna il famigerato "cappotto cammello", che non ha più nulla dei legnosi paletot del passato rubati al guardaroba maschile, squadrati, vagamente militareschi, adatti pressochè soltanto a donne alte e androgine. È un cappottino rivisitato nelle proporzioni, più corto e svelto, con dettagli di pelle, pelliccia o maglia, sbracciato come un gilet o con le maniche gonfie, che si porta sulla gonna a tubo, i pantaloni sottili o con l'altro "must", gli stivaloni sopra il ginocchio, anch'essi mou o color cremino.
Convinte? Oppure, come a me, vi resta il dubbio su che cosa avrà mai voluto dire la Freeman col suo sibillino "only the beige...": veste così chi ama uno stile "non gridato" o chi è davvero un po' incolore?
@boria_a
Miranda Kerr in copertina sulla "september issue" di Vogue Italia