martedì 20 aprile 2010

MODA & MODI: tacchi assassini

La prima fu Naomi Campbell, ma allora era davvero una rarità. Nella sfilata per Vivienne Westwood del marzo 1993, issata su un paio di scarpe a pagoda con il plateau di legno chiaro, capitombolò sulla passerella per la gioia dei fotografi, esibendo anche quelle porzioni di coscia che il microscopico kilt riusciva a coprire. Dovevano essere più o meno dieci centimetri, un'altezza su cui oggi si arrampicano agilmente le adolescenti. Il volo della regale Naomi, che per la verità, come testimoniano le immagini, si rimise in piedi con un broncio tra il sorpreso e il seccato, fu citato in una celebre puntata di Sex & The City, quando Carrie, reclutata per una sfilata da Dolce & Gabbana e coperta solo da mutande color carne e trench bluette, si schiantò miseramente a metà percorso, riuscendo però a riguadagnare la verticalità degli stiletto con molta classe.

Carrie Bradshaw cade sulla passerella di Dolce&Gabbana 
Le calzature pazze dell'estate lo impongono: imparare a camminare sui tacchi, minimo dodici, ma soprattutto imparare a caderci con un certo aplomb e, se non si può evitare il pavimento, almeno il ridicolo. Gli esempi cui ispirarsi non mancano. Alla famosa cena delle gaffe, all'Eliseo, ospiti il presidente russo Medvedev e consorte (quella, per intenderci, in cui la première dame Carlà si presentò senza tacchi ma pure senza reggiseno), la cantante Mylene Farmer, invitata per allietare le coppie, non riuscì a salire la scalinata del palazzo presidenziale senza precipitare dai sandali neri e, in un acrobatico tentativo di recuperare l'equilibrio, complice uno spacco abissale, offrì agli astanti un pregevole colpo d'occhio sul suo lato B.
Naomi, da precursora di ruzzoloni da passerella, continua a collezionare cadute, anche trasversali. Vedere per credere la sfilata organizzata dalla marilyn nera in favore di Haiti, dove la sua collega, la modella Agyness Deyn, è precipitata dai trampoli per ben due volte, risolvendosi alla fine, e per nulla imbarazzata, a liberarsi dalle zeppe vertiginose e a proseguire la sfilata a piedi nudi. 
Agyness Deyn a terra al Fashion for Relief Haiti
Pronta a risalire sulle proprie scarpe come se niente fosse anche la cantante Beyoncé, cui va la palma del miglior capitombolo da concerto, quando, nel 2007 a Orlando, percorse a pelle di leopardo tutta la scalinata del palco. Ha replicato quest'anno a Florianapolis in Brasile, rischiando di conficcare i tacchi, affilati come punteruoli, direttamente sul cranio dei fan: a salvarla un colpo d'anca, con cui è riuscita ad accucciarsi e poi, sculettando con indifferenza, a rimettersi in posizione eretta.
Se riusciremo a dimenticare gli effetti collaterali dai nomi inquietanti (tipo il neuroma di Morton, sindrome caratterizzata da un dolore lancinante alla pianta del piede...) e ci avventureremo sui perigliosi tacchi dell'estate, armiamoci di una dose di faccia tosta proporzionale ai
centimetri e, come Carrie spiaccicata sulla passerella, ricaviamone almeno una massima di vita: "L'importante è rialzarsi". A meno di non assomigliare a Jennifer Lopez che, al suo rientro dopo la gravidanza agli American Music Awards del 2009, franò indenne da una piramide umana di ballerini. Più che di grazia innata, questione di sedere.
@boria_a

martedì 6 aprile 2010

MODA & MODI

Il bon ton non c'entra con l'happy hour

Donne con le gonne, ma soprattutto con le forme. Schiene piene e ben disegnate, vite ampie, décolleté rigogliosi. Che cosa succede se top model neomamme, sfoggiando le rotondità della recente gravidanza, sfilano inpasserella senza sottoporsi a snervanti digiuni? Che la moda ha riaperto un capitolo, delizioso, del suo passato, quello tra gli anni Cinquanta e i primissimi Sessanta, popolato da silhouette morbide che si appoggiano, una volta tanto, su entrambi i lati, A e B, avvolte in vestiti e consistenze che li esaltano.
Da Parigi a Milano rimbalza lo stesso "mood". Per gli appassionati di prodotti televisivi di nicchia (da noi, almeno), l'accostamento è immediato: la moda si ispira alle protagoniste della pluripremiata serie televisiva Mad Men, alle tornite signore che, nell'era kennedyana, lavorano in un'agenzia pubblicitaria newyorkese sulla Madison, con i loro delicati twin-set e chemisier, le gonne a ruota e il punto vita restituito dalla cintura, i colletti infantili e le cascatelle di rushes sulle camicette, i tweed spessi, che non hanno paura di aggiungere centimetri a centimetri già abbondanti. Non a caso, una delle protagoniste, Peggy Olson, la timida ma determinata segretaria che diventerà rapidamente copy writer, nella prima serie riesce a scodellare un bebè senza che nessuno dei famelici e sessisti executive che popolano l'agenzia si accorga di nulla, limitandosi al massimo a qualche commento sulle sue misure lievitanti.
Come accadde a Patricia Field per i vestiti di Sex&TheCity, Janie Bryant, la costumista di "Mad Men" regina del vintage, che ha ricreato in modo sublime il guardaroba dei Sixties, è già diventata una star in America: gli stilisti dichiarano apertamente di pescare dalle sue idee, Brooks Brothers e Banana Republic l'hanno ingaggiata per collaborare a serie limitate, il gusto retrò spopola nelle vetrine di Manhattan e i negozi dell'usato, anche quelli respingenti dell'Esercito della salvezza, sono diventati miniere da esplorare.
Certo, è improbabile che i suoi stupendi abiti da cocktail possano essere esportati in quei finti, tristi, omologati raduni che sono gli happy hour. Abiti alla Grace Kelly, cui la Bryant ha confessato di ispirarsi, sbracciati e regalmente scollati, con fantasie di grandi fiori e colori zuccherosi. O che il lui di turno indossi un completo scuro, il gilet e la cravatta sottile o, addirittura, altro fresco "repechage", il papillon.
Ma il revival è nell'aria, come voglia di pulizia, di bon ton, di sobrietà. Le reminiscenze anni '60 dell'ultima collezione di Prada, portate in passerella da modelle con fianchi e seno, sono raffinati abiti tagliati in  vita, maglioncini fermati dalla cintura, alti chignon trattenuti da una fascia. Vuitton ha proposto una florida Laetitia Casta, al suo terzo pargolo, con l'abito dalla gonna vasta sottolineata da un fiocco di velluto in vita e lunghi guanti color mou. Proprio come quelli, di capretto, che indossano le protagoniste del romanzo di Rona Jaffe, "Il meglio della vita", (anno 1958, riedito nel 2007 da Neri Pozza), uno delle storie importanti della letteratura femminile americana. È il gennaio 1952 e dalla metropolitana newyorkese escono centinaia di giovani donne, tailleur di tweed e guanti di capretto, per andare alla conquista di "the best of everything"...
twitter@boria _a

Peggy Olson della serie Mad Men (l'attrice Elisabeth Moss)