martedì 6 aprile 2010

MODA & MODI

Il bon ton non c'entra con l'happy hour

Donne con le gonne, ma soprattutto con le forme. Schiene piene e ben disegnate, vite ampie, décolleté rigogliosi. Che cosa succede se top model neomamme, sfoggiando le rotondità della recente gravidanza, sfilano inpasserella senza sottoporsi a snervanti digiuni? Che la moda ha riaperto un capitolo, delizioso, del suo passato, quello tra gli anni Cinquanta e i primissimi Sessanta, popolato da silhouette morbide che si appoggiano, una volta tanto, su entrambi i lati, A e B, avvolte in vestiti e consistenze che li esaltano.
Da Parigi a Milano rimbalza lo stesso "mood". Per gli appassionati di prodotti televisivi di nicchia (da noi, almeno), l'accostamento è immediato: la moda si ispira alle protagoniste della pluripremiata serie televisiva Mad Men, alle tornite signore che, nell'era kennedyana, lavorano in un'agenzia pubblicitaria newyorkese sulla Madison, con i loro delicati twin-set e chemisier, le gonne a ruota e il punto vita restituito dalla cintura, i colletti infantili e le cascatelle di rushes sulle camicette, i tweed spessi, che non hanno paura di aggiungere centimetri a centimetri già abbondanti. Non a caso, una delle protagoniste, Peggy Olson, la timida ma determinata segretaria che diventerà rapidamente copy writer, nella prima serie riesce a scodellare un bebè senza che nessuno dei famelici e sessisti executive che popolano l'agenzia si accorga di nulla, limitandosi al massimo a qualche commento sulle sue misure lievitanti.
Come accadde a Patricia Field per i vestiti di Sex&TheCity, Janie Bryant, la costumista di "Mad Men" regina del vintage, che ha ricreato in modo sublime il guardaroba dei Sixties, è già diventata una star in America: gli stilisti dichiarano apertamente di pescare dalle sue idee, Brooks Brothers e Banana Republic l'hanno ingaggiata per collaborare a serie limitate, il gusto retrò spopola nelle vetrine di Manhattan e i negozi dell'usato, anche quelli respingenti dell'Esercito della salvezza, sono diventati miniere da esplorare.
Certo, è improbabile che i suoi stupendi abiti da cocktail possano essere esportati in quei finti, tristi, omologati raduni che sono gli happy hour. Abiti alla Grace Kelly, cui la Bryant ha confessato di ispirarsi, sbracciati e regalmente scollati, con fantasie di grandi fiori e colori zuccherosi. O che il lui di turno indossi un completo scuro, il gilet e la cravatta sottile o, addirittura, altro fresco "repechage", il papillon.
Ma il revival è nell'aria, come voglia di pulizia, di bon ton, di sobrietà. Le reminiscenze anni '60 dell'ultima collezione di Prada, portate in passerella da modelle con fianchi e seno, sono raffinati abiti tagliati in  vita, maglioncini fermati dalla cintura, alti chignon trattenuti da una fascia. Vuitton ha proposto una florida Laetitia Casta, al suo terzo pargolo, con l'abito dalla gonna vasta sottolineata da un fiocco di velluto in vita e lunghi guanti color mou. Proprio come quelli, di capretto, che indossano le protagoniste del romanzo di Rona Jaffe, "Il meglio della vita", (anno 1958, riedito nel 2007 da Neri Pozza), uno delle storie importanti della letteratura femminile americana. È il gennaio 1952 e dalla metropolitana newyorkese escono centinaia di giovani donne, tailleur di tweed e guanti di capretto, per andare alla conquista di "the best of everything"...
twitter@boria _a

Peggy Olson della serie Mad Men (l'attrice Elisabeth Moss)

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