martedì 14 luglio 2009

MODA & MODI: mix chic

La griffe più in auge dell'estate di crisi? Non avere griffe. Recessione e austerity economica cambiano le coordinate dello stile, per alcune come dolorosa necessità, per altre sull'onda degli esempi virtuosi delle first ladies, più che mai attente a non esibire il lusso oltre un certo limite. Se qualche anno fa "no logo" aveva un preciso connotato politico, oggi lo adottano anche signore insospettabili di simpatie eversive. Basta firme esibite, al bando accessorioni monogrammati, borse, scarpe, cinture che, anche in tempi di floridezza, avevano il duplice effetto di compensare qualche insicurezza e di trasformare l'interessata in una pubblicità ambulante. Il vero vezzo non è più sfoggiare "doppie g" "d&g", "lv", vere o imitate che siano, ma saccheggiare i magazzini di moda low cost e i negozi dell'usato per imparare a vestirsi con gusto spendendo poco. Tutti hanno notato la grande spilla a fiore di cellulosa verde che Michelle Obama indossava sull'abito maionese, al suo arrivo all'aeroporto di Pratica di Mare insieme a Barack, per i lavori del G8 all'Aquila, spilla preziosa solo perchè vintage. La signora ne ha fatto una cifra del suo stile ancora prima di diventare "first", presentandosi ai dibattiti televisivi o nelle occasioni pubbliche a fianco del marito-candidato in capi recuperati nei grandi magazzini o acquistati da stilisti assolutamente sconosciuti. Il giorno del giuramento di Barack, sul tailleur della cubana Isabel Toledo, Michelle portava guanti verdi della catena americana J. Crew, e dagli stessi magazzini veniva il cardigan cipria indossato nel primo viaggio in Inghilterra col marito, poche decine di dollari, andato a ruba il giorno dopo.
Chic cheap, grande gratificazione. Se il portafoglio è più smilzo, il gusto della ricerca cresce. Vuoi mettere la poca soddisfazione di calarsi in un look preconfezionato, per quanto rassicurante, propinato a tutte, rispetto al divertimento di miscelare il capo a buon mercato della catena commerciale con la borsa anni sessanta uscita da qualche fondo di armadio, la collana di materiali poveri con un paio di infradito o di zeppe salvate dalle stagioni passate? La griffe, se anche c'è, va "annacquata" in mezzo a pezzi assolutamente anonimi. E il risultato, con un po' di pazienza e senso della misura, è sempre più originale che affidarsi ciecamente ai terribili "total look" di molti stilisti (le carte geografiche, che orrore), una riedizione lusso delle ragazze-sandwich che, fuori dai mcdonald's promuovono l'ultimo happy meal.
Attenzione solo all'euforia da saldo, fa perdere lucidità. I negozi di secondamano sono una miniera, perchè ci approdano sia le signore grandifirme che vogliono ripulire il guardaroba e far cassa per nuovi acquisti senza sensi di colpa, sia quelle che, magari inconsciamente, si liberano di capi d'antan di sartoria, i pezzi migliori. Un paio di occhiali giganti anni sessanta, una giacchina o un soprabito in quei tessuti mistoseta da corredo oggi praticamente introvabili, sono una chicca. Da tralasciare, invece, borse e accessori griffatissimi di qualche anno fa, sempre cari e che non sono affatto vintage, semplicemente hanno stancato la proprietaria.
@boria_a
 Michelle Obama scende dall'Air Force One a Pratica di Mare (foto Ansa)

sabato 11 luglio 2009

E' ITS EIGHT A TRIESTE
Al sudcoreano Mason Jung l'ottava edizione del fashion contest 



The greatest show of all firmato dalla scenografa Belinda Devito per ITS Eight

TRIESTE Signore delicate come porcellana. Vestono gonne che sono tazzine rovesciate, pelle candida bordata dai decori di Sèvres in oro, azzurro, "bleu du roi", quel filo di rosa confetto che prese il nome da Madame Pompadour. Sono eleganti e intoccabili come servizi da custodire nella cristalleria le donne immaginate da Karisia Paponi, prima giovane stilista italiana ad aprire una sfilata di ITS, la numero otto, quella che sarà anche l'ultima del concorso di moda a Trieste. Sulla pista circolare dell'ex Pescheria, scivolando altere sul fondo sabbioso, le modelle sono sigillate in abiti ispirati alle decorazioni della ceramica, e che come la ceramica sembrano sul punto di andare in frantumi, abbigliate per un tè pazzoide alla "Alice nel paese delle meraviglie".


Un modello di Karisia Paponi (foto Massimo Silvano per Il Piccolo)

Non poteva esserci uscita più azzeccata per dare avvio a "The greatest show of all", il grande circo di inizio secolo che è il filo conduttore di questa edizione di ITS. Ancora una volta, incalzata dalla presentatrice habituée Victoria Cabello, l'ex  escheria ha pulsato e rimbombato al ritmo delle capitali della moda, Milano, Londra, New York, col primato di concedere una passerella autentica, bizze e narcisismi compresi, a stilisti emergenti, a sbarbatelli talentuosi ancora sui banchi di scuola. Molti, ieri notte, sono usciti dal loro, "personalissimo", Salone degli Incanti, con lo stage da una griffe importante, da Diesel a Gucci, l'anticamera della professione, o "scoperti" dalle cacciatrici di teste del lusso, in sala e nella giuria. È accaduto anche a David Steinhorst, il vincitore dell'anno scorso, oggi al lavoro nello studio di Antonio Berardi, che è ritornato a Trieste un anno dopo con una collezione maestosa di abiti polvere, cipria, ostrica, una riedizione, ancora più raffinata e sartoriale, delle sue farfalle da cocktail, tutte pieghe, tagli, incroci, impalpabilità e sideralità.
E meno male che c'erano le donne di Karisia, di David, quelle lunghissime e nere, un po' infernali, di un'altra italiana, Erika Comin (un primato "nazionale" quest'anno, tutto al femminile), o dell'israeliana Maria Lavigina, imbozzolate in piume e vernice, a riconciliarci con la coerenza, la personalità, l'assertività di uno stile.


Perchè ITS Eight, l'anno degli uomini, ben sette collezioni per lui in pista, mai così tante, e un surplus di scolpitissimi indossatori fatti arrivare da Milano per la bisogna, ha perso i suoi maschi un po' per strada. Persino il tycoon del denim, Renzo Rosso, seduto come sempre in prima fila, è parso sollevare un sopracciglio di perplessità davanti a questi buffi figuri sepolti da ponchi di lana, infilati in mutande dalle proporzioni schizofreniche, umiliati in completini trasparenti da trasferire su due piedi in fondo alle Rive, al sexy shop poco distante. Maschi imprecisi o impresentabili, grigi come le sfumature predominanti nelle collezioni, o talmente alla ricerca di identità da mescolare a casaccio quadri, bavaglini, ghette, berrettucci, costretti alla fine a a coprirsi la faccia con le calze.

Renzo Rosso e Victoria Cabello all'ex Pescheria di Trieste (foto Andrea Lasorte per Il Piccolo)
A salvare lui dal ridicolo ci ha pensato la tedesca Josefine Jarzombek, che finalmente ci restituisce un uomo sensuale, con pantaloni a sigaretta impreziositi da dettagli, o ampi e chiusi di lato, in modo da formare una piega che fluttua sulla gamba, un uomo che non si sente messo in pericolo dal bijoux grande, geometrico, appeso al collo del maglione o al trench. E un maschio da applauso è anche quello disegnato dal sud-coreano Mason Jung, non a caso il vincitore assoluto di quest'anno, che reinventa l'eredità delle forme classiche (lui la definisce un "fardello", e intitola così la sua collezione) fino al punto da nascondere in un abito innocuo un sacco a pelo, e viceversa.
La collezione maschile di Mason Jung
ITS Eight, la breve stagione della moda triestina va in archivio e si rifugia sul web, colpa della crisi economica e della poca attenzione delle istituzioni locali? A sfilata finita, dopo l'assalto alla pista dei ragazzi di tutte le edizioni del concorso, alcuni già sul mercato con le loro etichette, Renzo Rosso, principale finanziatore, si accalora: «Sono qui di nuovo a Trieste per l'ottavo anno di fila per dimostrare ulteriormente quanto credo in questo progetto e nella grande opportunità che questa manifestazione dà a giovani di tutte le parti del mondo. Trovo incredibile che la città, la provincia e la regione non abbiano capito appieno non solo il valore incondizionato di ITS, ma anche gli enormi risvolti d'immagine che porta a questi luoghi, i personaggi di altissimo livello che visitano Trieste e ne parlano, stilisti, giornalisti, giovani creativi. Siamo rammaricati - insiste - che non ci venga dato il minimo supporto, pensando a tutto l'impegno e risorse con cui tutti noi riusciamo a portare qui
giornalisti importanti di tutto il mondo, che a loro volta porteranno questa città alla ribalta a livello internazionale.... Trieste storicamente era la porta di transito tra diverse culture e culla di creatività innovativa. Sarebbe bellissimo vederla ritrovare con orgoglio questo ruolo grazie a un progetto come ITS, che già ha nelle sue mani». 
A "salutare" il circo della moda c'erano il sindaco Dipiazza con vari assessori della sua giunta, qualche consigliere regionale, rappresentanti della Fondazione CrT. Pianeti, secondo uno slogan politico che da queste parti ha avuto una certa fortuna, "allineati", capaci di reciproche influenze e condizionamenti. Troveranno fondi o si spenderanno per restituire quelli tagliati, impediranno che ITS, i suoi colori, la sua passione, la sua gioventù, il suo business, diventino solo un'avventura virtuale?

@boria_a