martedì 26 gennaio 2010

MODA & MODI

Un, due, Nine e la lingerie esce allo scoperto


 Veronique Leroy, 2010


Corpetti di seta, body percorsi da pizzi e rushes, torride guépiere, microabiti coperti di Swarovski, il reggicalze che miracolosamente resiste a ogni acrobazia, a ogni spaccata aerea. Se Nine, musical-omaggio di Rob Marshall a "otto 1/2" di Fellini, non è un capolavoro, l'underwear lussuoso disegnato da Colleen Atwood riscatta ogni tentazione di sbadiglio. Sensualità e comodità: parola della costumista che è riuscita a comprimere in un bustino mozzafiato Fergie, la prostituta Saraghina del film, quando solletica il nostro orgoglio nazionale cantando e ballando "Be italian", ma soprattutto accende la voglia di intimo da mille e una notte, da mostrare non da nascondere.
C'è nell'aria un capovolgimento, il sotto che esce allo scoperto e diventa sopra, pezzi di biancheria rubati all'archeologia della seduzione e trasformati in capi urbani, da miscelare a giacche maschili, pantaloni, trench, per scombinare i piani dei generi, delle occasioni, delle opportunità del guardaroba.

Dal grande schermo alla passerella, il passo è istantaneo. Ecco il miniabito effetto guépiere che spiazza l'osservatore: si metterà a una prima teatrale o si tratterà da semplice capo di biancheria, nascondendolo sotto un anonimo vestito per tutti i giorni? Ecco i reggiseni a vista riproposti dal duo di stilisti diventato celebre con la versione hard della donna siciliana, tutta coppe esplosive e sottovesti trasparenti. E ancora le culotte nere sopra le autoreggenti a rete abbinate alla giacca sportiva, il reggiseno che rinuncia a spuntare e si piazza sopra la camicia, la sottoveste trasparente sovrapposta all'abito o l'abito trasparente che lascia intravedere gli short a vita alta, come una castigante panciera.

Posto che è improbabile, per quanto suggestiva, l'idea di indossare il bustino e la microgonna in raso con inserti di pizzo, pezzo forte di Dior che nessuna avrebbe mai il coraggio di comprare per nascondere, c'è qualche suggerimento da cogliere su queste passerelle affollate di capi di lingerie con la vocazione a farsi notare?

Per chi ha il fisico sufficientemente tonico, è l'occasione per divertirsi a confondere consistenze e occasioni: i misti lana delle giacche si abbinano alle sete dei calzoncini o delle gonne, gli "stringivita" in pizzo e tulle compaiono sotto il cachmere dei cardigan, i body e le loro velature, le  canotte come top preziosi sono promossi a sottogiacca. È uno stile imprevedibile, mai scontato, che scardina i "lui" e "lei" tradizionali e gioca sull'eterna attrazione della donna sbirciata sotto i paludamenti maschili.


Altro indizio da cogliere: è tramontato l'effimero revival del powerdressing  anni Ottanta. Basta spallone imbottite, tailleur squadrati e rigidi, in archivio l'immagine femminile monolitica e monocorde. È questione di sfumature, non di stagioni, ci si veste componendo pochi pezzi essenziali in assoluta libertà, per trovare un proprio, unico, modo di proporsi. Infine, un pizzico di autoironia. Per una volta non è divertente infilare una sottoveste di velo sopra vestiti e camicette pudicissime? O stringersi in un finto bustino appoggiato sulla camicia dal taglio spartano? In una quotidianità spesso scandita da ruoli fissi e interlocutori paludati, un modo innocente per spiazzare.
@boria_a

Il musical "Nine" i Rob Marshall

martedì 12 gennaio 2010

MODA & MODI

Neo-army da sbadiglio

Che sia un modo per esorcizzare l'Iran e l'Afghanistan, com'era negli anni Ottanta per la guerra in Vietnam? O piuttosto, in un momento di confusione e smarrimento, la scusa per riportare nel guardaroba un po' di disciplina, cacciando ogni tentazione di volubilità a beneficio di consistenza nei materiali, forza di linee, decisione nel dettaglio e nel disegno del corpo, uniformità di colori?

O ancora: immaginiamo un prossimo futuro in trincea, così impegnate in una guerriglia quotidiana, da volerci rimettere l'uniforme, da rinunciare a ogni ghiribizzo cromatico per calarci nei giochi mimetici di verdi e marroni, soffocanti, prevedibili, scontati, per quanto gli stilisti cerchino di convincerci che con qualche tagliuzzo qua e là, accorciando un po' le gonne e miscelando cinghie e trasparenze, mostrine e drappeggi, anfibi e pizzo, l'ennesima riedizione del soldato Jane, appena un po' aggiornata e spolverata, riuscirà a saltare dalle passerelle nel nostro guardaroba?
"Militar chic", dicono gli stilisti.


Ovvero: non è un semplice ricorso storico ma un vero e proprio nuovo corso della moda, come se ci fosse sfuggito che, almeno dagli anni '70, quando Yves Saint Laurent calò la signore in un cappottone da ufficiale, ogni due stagioni rispunta la donna-soldato con la sua palette di kaki e verdi, i suoi tascapane e le sue decorazioni farlocche, tanto più finta e insopportabile proprio perchè siamo circondati da soldatesse in carne e ossa che alle guerre, vere, ci vanno per davvero.

Puntuale come l'animalier (quest'anno l'abbiamo chiamato "pop-animalier", una specie di ghepardato all'ecstasy, tutto virato in rosso, blu, fucsia...) riecco lo stile militare che baldanzosamente occupa le anticipazioni della primavera. Non un'ispirazione alla "truppa", ma uno stile che punta agli alti gradi, ovvero ricerca sofisticatezza, aristocraticità, sensualità, disegna il corpo e non lo ingoffa, mette d'accordo praticità e sobrietà con forme lineari ma decise.

Che bisogno ci fosse di (ri)scomodare stellette e dintorni per raggiungere questi obiettivi resta uno dei ricorrenti, ineffabili misteri della moda. Molto più concreto e defatigante dev'essere stato il lavoro degli uffici stampa delle griffe, impegnati a riempire comunicati e brochure di arzigogoli verbali per convincerci che il banalissimo mini-abito mimetico o la giacca coperta di finte onorificenze su un velo di gonna ultratrasparente propongono un'inedita guerrigliera urbana armata solo del suo charme, che gli stivaletti di tela grezza color corda aperti in punta sono una "rilettura" degli anfibi, che la mantellina o la sahariana sabbia rappresentano la versione ingentilita di capisaldi del guardaroba militare.


Insomma, un déjà vu del "mettete fiori nei vostri cannoni", abusato ma utile per compensare una creatività un po' alle corde. Il neo-army catturerà le fashioniste annoiate? O le soldatesse di professione, sempre più numerose e in carriera, convincendole che nel tempo libero è molto trendy travestirsi con la loro divisa?
@boria_a

Blumarine, primavera-estate 2010