martedì 13 gennaio 2009

MODA & MODI

Jersey chic, da Lily a Marilyn

Elastico, duttile, modellante. Perfetto per mettere d'accordo eleganza e  praticità ai tempi della crisi. Il jersey, timida e poco convinta riscoperta dell'estate, è entrato trionfalmente in quest'inverno di recessione come tessuto ideale per combinare esigenze diverse, costrette a convivere: confortevolezza e versatilità, novità e durata, stabilità e frivolezza, chic e prezzi contenuti.
Le sue origini, infatti, sono modestissime: era il tessuto di maglia indossato dai pescatori dell'isola omonima, portato alla ribalta dall'attrice Lily Langtry negli anni Venti, detta Jersey Lily per i suoi natali e considerata una delle donne più eleganti del suo tempo, oggi vagamente ricordata non tanto per il suo talento quanto perchè diventò l'amante del principe di Galles, futuro Edoardo VII.
Ma il jersey fu anche la stoffa di una rivoluzione, quella che, negli stessi anni, compiva Coco Chanel, liberando le donne dalle impalcature di tessuto e dalla sovrabbondanza di dettagli e infilandole in abiti sciolti di quell'impalpabile maglina che pareva inconsistente e cedevole, ma tornava magicamente al suo posto dopo ogni stropicciatura. Le umili origini non importavano a «madame», cresciuta in orfanotrofio, che nobilitando il tessuto della sua crociata destrutturante fino alla haute couture, diceva: «Alcune persone pensano che il lusso sia l'opposto della povertà. Non lo è. È l'opposto della volgarità».
Fu Emilio Pucci, negli anni Sessanta, a dimostrare in una memorabile sfilata a New York, le potenzialità del jersey. Una modella in calzamaglia pescava da un beauty case un pigiama palazzo, lo indossava e sfilava, poi lo sostituiva con un abito da sera, e così via via per dieci volte, dieci mise diverse, sempre estraendo i vestiti e poi ripiegandoli nel beauty: in un piccolo spazio c'era un intero guardaroba, impeccabile, mille usi. Chemisier che avevano le dimensioni di un fazzoletto e pesavano neppure due etti, coloratissimi e da stringere in un pugno, paparazzati ovunque addosso alle signore che facevano e dettavano lo stile: Diana Vreeland, potentissima megera direttrice di Vogue America, e l'attrice Lauren Bacall, la regina della dolce vita Consuelo Crespi e la quintessenza della semplicità maniacalmente costruita, Jacqueline Kennedy. Abiti per chi, all'epoca poche, viaggiava in jet e voleva bagaglio ridotto ad alto contenuto di classe, oggi l'ideale per viaggi di massa fatti di lunghe attese. Ma soprattutto per interpretare l'opportunità di un'eleganza discreta, sottotraccia, veloce e ingualcibile, l'eleganza nel financial crunch. Basta dare la caccia ai saldi, il jersey è presente in tutte le collezioni, da Stefanel ad Armani. E ha un vantaggio: smussa le punte delle scheletriche, attenua forme troppo asciutte. Per chi le forme le ha, è solo questione di dosare la sottolineatura. Un jersey nero di Pucci lo indossava Marilyn Monroe quando incontrò Arthur Miller. Lui, pare, abbia commentato: «È tutta donna. È la donna più donna che abbia mai visto».
twitter@boria_a

Marilyn Monroe in un jersey Pucci a Mexico City nel 1962 (foto da prettycleverfilms)

Nessun commento:

Posta un commento