martedì 6 febbraio 2007

MODA & MODI

Yo soy Betty, il riscatto delle cozze
Ugly Betty, l'attrice America Ferrera (ph. Abc)

Le sfigate hanno trovato la loro eroina. Si chiama Betty e in America e Inghilterra è già diventata un'icona di stile alla rovescia: anonima, un po' sovrappeso, coi denti ingabbiati nell'apparecchio, le sopracciglia cespugliose, assolutamente incapace di abbinare colori e vestiti senza sembrare un'insegna al neon. «Ugly Betty», protagonista l'attrice America Ferrera, è una serie televisiva che, negli Stati Uniti, ha sbaragliato tutti gli indici di ascolto, soffiando due Golden Globe alle stilose «Desperate housewives» e a quella gattamorta della dottoressa Grey dell'omonimo telefilm.
Basata sulla telenovela colombiana «Yo soy Betty, la fea, la fea» - e già l'origine la dice lunga sulla carica eversiva del prodotto - racconta le disavventure di Betty Suarez, assunta dal magnate dell'editoria Bradford Meade come assistente del figlio Daniel alla rivista patinata «Mode». Betty è arguta e acuta, ma viene scelta solo perché è probabilmente l'unica donna a New York con cui Daniel non andrebbe a letto.
La prima scena è già tutto il telefilm. Betty arriva a «Mode» impacchettata in un orrendo poncho rosso e blu con la gigantesca scritta «Guadalayara» che le ballonzola sul seno, causando una specie di infarto alla splendida receptionist Amanda.
Potrebbe sembrare il «Diavolo veste Prada» formato serial. Ma, al contrario dell'Andrea del film, che finisce risucchiata dall'implacabile sistema della moda, Betty non cambia né i valori né tantomeno il guardaroba. Anzi, quel suo stile «bancarella», quelle sue tinte esplosive da mercato latino, sono diventati un «trend».
Secondo un'indagine del network Abc, su cui va in onda la serie, i telespettatori si affidano all'antieroina delle griffe non solo per i risvolti buonisti della storia - l'intelligenza, la creatività, l'impegno che prevalgono sull'esteriorità: è la rassicurante faccia del sogno americano - ma anche per il suo modo di vestire, che ha riportato alla ribalta un delizioso look retrò anni Settanta.
Non tutto è casuale, anche nella bruttezza, ovviamente. Il poncho che Betty indossa il primo giorno di lavoro è un'idea della costumista Patricia Field, che ha inventato il pirotecnico guardaroba della serie Sex&TheCity. E così la collana della protagonista, una B gigante in creta e perle artificiali, che un po' fa il verso a quella famosa con la scritta «Carrie» di Sarah Jessica Parker, è opera della designer Jennifer Parrish (di Parrish Relics), tutt'altro che paccottiglia etnica.
Ma il resto sembra uscito in blocco da un negozio di seconda mano e con una sua, indefinibile, coerenza cromatica e cronologica: dai gilet di lana che danno a Betty quell'aria «zitellosa» alle camicette dalle fantasie caleidoscopiche, dalle gonnellone simil-jersey ai vestiti chiusi al collo con la sciarpina, dai golfini chiassosi e un po' infeltriti, all'abito «da sera» stile Judy Garland nel Mago di Oz, al tocco degli occhialoni da lettura linea occhio di gatto: tutto autentico e demodè, come i suoi ideali. E mentre intorno trionfano le griffe (visto il successo della serie gli stilisti non si sono fatti pregare a «prestare» capi e accessori), è il no-logo di Betty a sembrare davvero nuovo e originale.
Intanto, la rivista People ha scatenato la ricerca delle reali «ugly Bettys», invitando quante si sono sentite ignorate nella vita a causa di aspetto o look, a inviare foto e storie. Riuscirà il riscatto della «cozza» a prendere piede anche da noi, quando il telefilm approderà in primavera (dopo un primo assaggio già andato in onda su Happy Channel)? E il motto «be ugly» (scritto sulle magliette che l'online store della rete Abc vende alle fan, insieme agli accessori dei vari episodi) segnerà fieramente la rivincita delle bruttine, stagionate e no?
A guardarsi in giro, tra tv e riviste, è difficile crederlo. Ma c'è di certo una Betty nascosta in ognuna di noi. Basta non reprimerla troppo.
twitter@boria_a

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