sabato 19 giugno 2021

IL LIBRO

Nelle vite nascoste dei colori

di Laura Imai Messina

è scritto l'alfabeto per imparare ad amarsi

 

 

La scrittrice Laura Imai Messina

 

Non c’è un solo bianco per Mio. Nè un solo blu o verde o nero. Nè esiste una sola parola per definire qualsiasi colore. Il bianco è polvere di valve d’ostrica, o bianco grezzo, o bianco impasto che ha una punta di giallo. Il verde è quello dei primi germogli primaverili o il retro delle foglie dei salici piangenti, il giallo può essere del soffione o della pesca che trascolora in arancio e rosso prima di staccarsi dall’albero. E poi c’è il blu ripostiglio, il suo colore preferito, il rifugio, quello che definisce l’oscurità dentro un armadio.


Fin da quando era piccolissima, Mio ha saputo cogliere ogni sfumatura cromatica, anche quelle invisibili agli altri, e non ha parlato finchè il suo vocabolario non è stato abbastanza ampio per definire con una lunga perifrasi ogni gradazione. Il suo destino è scritto nella nascita: venne alla luce su un vecchio kimono dismesso da anni e il sangue di sua madre Kaneko fu assorbito dal ciliegio in fiore dipinto sulla tela. Era una tradizione delle donne della famiglia Yoshida da almeno tre generazioni, che il parto avvenisse su abiti smessi, da conservare imbrattati fino alla morte per poi essere bruciati insieme al corpo. Nell’atelier dove la madre cuce e ricama kimono da sposa, Mio impara la pazienza e la potenza dei dettagli, affascinata dal bianco nuziale che poi diventa il cremisi del banchetto, quando ogni donna muore come figlia e in quell’onda rossa rinasce nella famiglia del marito. “Le vite nascoste dei colori”, con cui Mio decifra il mondo saranno per sempre il suo primo alfabeto, la sua chiave d’accesso al mondo. Un dono che alla madre fa paura.


Aoi, invece, è abituato ad attraversare le ore più buie delle persone e, nell’agenzia funebre dei genitori, ha appreso dal padre a lasciar andare i morti e ad accompagnare i “rimasti” nel distacco dai loro cari. I tempi del commiato e della consolazione e i tempi per la maturazione dei semi che il genitore gli insegna a piantare in un giardino strappato alla ferrovia. «Devi entrare nel rito in punta di piedi. Si sta costruendo uno dei ricordi più potenti per le persone che vi parteciperanno - diceva». Parla dei defunti, ma anche della forza di un germoglio che buca la terra. Il padre gli ha trasmesso le metafore tra la morte umana e la vita vegetale e di entrambe Aoi si occupa con dedizione.

 


 


Laura Imai Messina - l’autrice bestseller di “Quel che affidiamo al vento” (Piemme, 2020), da vent’anni trapiantata in Giappone - torna in libreria con un’incantevole storia d’amore ambientata in quella Tōkyō dove convivono riti e costumi millenari con la frenesia e le contraddizioni della metropoli, la palette di colori delicati che Mio ha il dono di percepire con i neon pulsanti delle insegne. In “Le vite nascoste dei colori” (Einaudi, pagg. 315, euro 18,50), racconta un incontro all’apparenza casuale dietro cui si nasconde un segreto lontano, che intreccia le vite dei protagonisti ben prima che loro nascessero.

Ma si può amare qualcuno che ci riporta prepotentemente la paura della morte, l’orrore dei funerali? Che ci obbliga a riaprire porte che credevamo chiuse per sempre? Che non vede allo stesso modo i colori? Nel negozio Pigment, dove lavora, in un universo ordinato di migliaia di pigmenti, tempere, lacche, Mio ha trovato la felicità. Quel tempio di sfumature ordinate le suggerisce l’idea che funzioni così anche per il mondo e gli individui, che basti classificarli o trovare la loro corrispondenza cromatica per capirli. 

Un giorno un anziano cliente le chiede di restaurare un quadro raffigurante la casa che lui e la moglie avevano costruito insieme, appena sposati, e che la donna aveva dipinto. Le tinte dovevano essere identiche all’originale, salvo il tetto, che insieme, in un restauro successivo, avevano deciso di cambiare da nero a rosso. «Quell’uso plurale della lingua, l’idea che il colore dovesse inseguire la loro vita e non l’inverso, l’aveva colpita». La vecchia coppia le aveva involontariamente consegnato un’altra chiave per comprendere gli altri e se stessa.

Molti anni dopo Mio, scoprendo in una mostra una fotografia “rubata” di lei e Aoi che guardano il giardino della ferrovia ormai distrutto, ricorderà quell’attimo. Quando il colore insegue la vita. E l’amore diventa un unico colore.

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