Ottavio Missoni: "Per i miei 84 anni mi regalo uno stand all'Expo del Giappone"
Se gli chiedi quanti anni ha, ti risponde con una vecchia gag di Tino Scotti. «Una volta una gentile signorina in televisione, all'epoca in cui esistevano le vallette, gli ha domandato: "Signor Scotti, sia sincero, ma quanti anni ha?". Lui l'ha guardata e le ha risposto. "No ghe n'ho più".
Se la ride di gusto Ottavio Missoni,
che oggi festeggia ottantaquattro anni, più di cinquanta
dei quali passati a intrecciare, a combinare fili. «Put together»
l'hanno chiamato gli americani, per descrivere quei suoi
maglioni come tavolozze, che oggi sono esposti al MoMa di
New York. Ma per Tai, stilista nato a Ragusa, olimpionico
di atletica a Londra nel 1948, il put together è molto di
più. Un'arte, ineffabile, di mescolare non soltanto la lana,
ma l'amore, la famiglia, gli amici, gli incontri e
un'azienda che oggi è sinomimo per eccellenza di
maglieria italiana, di gusto italiano nel mondo.
Cinquant'anni e oltre, un punto dietro l'altro, sempre
insieme a Rosita, la ragazzina sedicenne che s'innamorò
di lui a Londra, vedendolo correre, e che da allora non
l'ha lasciato più.
Buon compleanno allo
stilista, dunque, ma anche a un meno conosciuto Missoni artista.
A Villa Mazzucchelli, vicino a Brescia, è aperta infatti la
mostra "Missoni e
Tiziano. Colore e luce dal Rinascimento veneziano alla moda
del '900", prorogata al 13 marzo 2006 per la grande affluenza
di pubblico.
Il catalogo della mostra "Missoni e Tiziano" a Villa Mazzucchelli (Brescia) |
Missoni adesso è anche pittore e grafico? «I me ne fa
far de tuti i colori...
E' successo che questo signor Enrico Giustacchini, che è
vice direttore del mensile d'arte "Stile", ha visto le mie
agende annuali, sulle cui copertine ci sono alcuni miei
disegni, dei miei progetti di lavoro. E ghe gà piasso
'sta roba... Così, insieme a una galleria d'arte, ha
pensato di realizzare serigrafie e litografie. O che bel!
se podarìa far, el me gà dito. E mi go dito: femo! Ma tutto
nasce dalla mia agenda. Un privato aveva dei bei quadri,
tra cui dei Tiziano, e così è nata l'idea di
una mostra su "Tiziano e Missoni"...».
Non
le fa un po' impressione questo accostamento? «Onestamente
devo dir che i me gà messo in bona compagnia. Tiziano no ghe
xe più, no ghe posso domandar scusa. La mostra però è
simpatica e gradevole da vedere».
Il colore
rosso di Tiziano come il rosso di Missoni... «Ah,
queste son cose che s'inventano i critici, ne dicono
veramente di tutti i colori. Se
no ghe fossi i critici, mi no saverìa ben quel che fazo.
Invece sono loro che dopo mi raccontano e mi spiegano...».
"La Violante" di Paris Bordon |
"San Girolamo nella solitudine" di Tiziano Vecellio |
E adesso ha firmato anche lo stand che il Friuli Venezia Giulia allestirà ad Aichi in Giappone, per l'Expo 2005... «E' un'iniziativa prestigiosa, in un paese che ammira e invidia il made in Italy. Sono particolarmente onorato di aver curato lo stand della regione che mi ha adottato. Ho pensato, insieme a mio figlio Luca, di vestire un gruppo di donne che conversano e che simboleggiano mondi diversi che si agganciano. Perchè sono le donne che portano avanti il mondo... Poi c'è l'azzurro del mare di Trieste e i patchwork che rappresentano la terra, le viti, le tinte di questa regione. Per noi il Giappone è uno dei mercati più importanti, dove siamo più conosciuti e apprezzati. Però qui non si trattava di presentare Missoni, ma un principio, un legame tra culture diverse».
"Armonia delle diversit", lo stand della Regione Friuli Venezia Giulia ad Aichi, firmato da Missoni |
Come
festeggerà questi suoi 84 anni? «In casa.
Mettiamo insieme un po' di amici, faremo un cin cin, un
brindisi: insomma, se magna e se bevi. Mia moglie prepara
pietanze molto nostrane, uno dei suoi piatti forti è la jota, leggerissima. La Rosita la gà imparà, conosce
molto bene la nostra cucina, sia quella dalmata che quella triestina,
che poi si sposano. La fa anche altre robe, ma sopratuto minestre...».
E
in giro per il mondo non ci va più? «Sto fermo
già da tempo, mi muovo il meno possibile. Adesso, se il
mondo el vol girar in giro a mi, che giri pur lui, se no
me va ben lo stesso. Qualche volta vengo a Trieste a
trovare gli amici, le scorse settimane sono stato a Udine
a festeggiare la Nonino. Dovevo tornare a Trieste per il
Giorno del ricordo, ma quest'anno l'hanno celebrato anche
a Torino, un dopion, e per me Torino era più comodo».
Ma
come, lei che è sindaco...? «Io sarei non
"sindaco del Libero Comune di Zara in esilio", ma "libero sindaco
del Comune"... Xe diverso».
Ottavio Missoni con uno dei suoi arazzi |
Che bilancio fa
di questi suoi ottantaquattro anni? «Veramente cerco
di guardare indietro il meno possibile. Tutto sommato non mi
posso lamentare. Ho fatto un buon lavoro, ho una bella
famiglia, tre figli, nove nipoti, una brava sposa. Sarà
stata fortuna, o forse casualità più che fortuna,
perchè non si sa mai perchè succedono le cose, come succedono...
Dopo si ricostruisce, ma mentre accadono non si capisce. Mi, conti
zerco de farghene pochi, perchè se te fa i conti, no i torna
mai. Meglio lasciar stare la contabilità».
Casualità,
ma anche scelte importanti. «Tutto è iniziato per
caso. Ho cominciato a fare le maglie a Trieste, in via Rossetti,
al quarto piano, con il mio amico Giorgio Oberweger, che
aveva una macchina da maglieria. Ne ho preso una anch'io
e abbiamo fatto una società, la "Veniulia". Ma
eravamo due presidenti, mancava chi lavorava. E così abbiamo
trovato il cugino di Giorgio, Livio Fabiani. Dopo mi sono
trasferito da queste parti. La "Veniulia" andava bene, ma
a Trieste era più facile fare una nave che fare una
maglia. Per un ago, un filo, dipendevi tutto da altre parti».
E
allora? «Ho chiuso la società e ne ho fatto un'altra
con la mia sposa, la Rosita, sempre con due, tre
macchine. Per mi no xe cambià niente: mi sempre presidente,
e la Rosita che lavorava. Cussì xe andà».
"Caleidoscopio" (1985) di Ottavio Missoni
Mezzo
secolo di azienda e mezzo secolo di matrimonio... «Più,
più. Le maglie abbiamo cominciato a farle nel 1948, io
invece mi sono sposato nel '53, quindi è da cinquanta e
passa anni che abbiamo questa società, che ha funzionato
sempre bene, perchè ela la xe assai brava, mi son stà
de apogio. E' vero. Nel lavoro eravamo al cinquanta per
cento, non si può dire chi era più creativo, chi portava
più idee... Ma la mula aveva anche una casa da
amministrare, poi tre figli, poi i nipoti. E dopo anche cinque
cani. E come finale, carico de briscola, la gaveva anche un
marì. Se te fa le some, meio no far bilanci».
"Orion", uno degli arazzi di Ottavio Missoni |
Ma
c'è qualcosa che non è mai cambiato, l'estate in Dalmazia. «La
mia sposa non cambierebbe quel mare con nessun altro al
mondo. I miei figli hanno imparato a nuotare, a pescare
in quel mare. Da anni torniamo, andiamo su e giù per gli
scogli della Dalmazia con la barca e qualche amico. Le
mie origini sono lì, ma la Rosita l'ha scelto quel mare, per
lei non ne esiste altro uguale».
E a Zara,
dove ha vissuto da bambino, ritorna? «Zara non esiste
più. Noi esuli non abbiamo più una città di ritorno. Eravamo
in ventimila, tre-quattro mila sono morti, novecento sono
stati affogati, la città è stata distrutta, rasa al suolo
al settanta per cento.
Non abbiamo più un punto di
riferimento, non siamo come l'emigrante che se ne va in
giro per il mondo ma ha il suo paese dove può tornare, se
vuole, e trova la sua osteria, i suoi amici, torna a
bater carte. Per noi di Zara tutto questo non esiste più.
Sì, ci sono gli stessi tramonti, lo stesso pesce, la
stessa bora, gli stessi profumi, ma la città no. Per noi
dalmati, Zara esiste solo nel ricordo e nel nostro amore».
Lei
poi viene considerato da tutti un triestino... «Ormai
non smentisco nemmeno più. All'epoca Trieste mi ha adottato,
ero già a Trieste quando avevo diciassette, diciotto
anni e fingevo di studiare allo Scientifico, ma a scuola
non ci sono mai andato, neanche un giorno. In questa
città ho cominciato a lavorare e la mia famiglia era qui
quando me ne sono andato a Milano. In fondo, abbiamo lo
stesso mare, la stessa cultura, Trieste è una città
abbastanza "nostra". Nei primi dell'Ottocento qui c'erano
friulani e qualche slavo, era un borgo de mar. Poi é
diventata città di mare grazie ai dalmati e agli
istriani. Anche le grandi compagnie di navigazione, le
famiglie dei Cosulich, dei Tripcovich, dei Martinolli, sono tutte
lussignane o di Cattaro. Lo stesso dialetto, questo veneto
un poco imbastardito, lo hanno portato gli istriani e i
dalmati».
Ottavio Missoni bambino nella casadi Zara |
Che effetto le fa essere un po' un
patriarca? «L'unico effetto è nei confronti dei
nipoti. I nipoti sono molto importanti, perchè ti danno
la proiezione di quello che hai fatto anche per il futuro. Sono
più importanti dei figli. E pensi di essere utile a loro,
perchè tu ormai...».
C'è qualcosa che è
rimasto in sospeso, qualche filo che non ha allacciato? «Mi
no gò 'ssai rimpianti. Mi è andato tutto abbastanza bene. Ho
avuto successo, ma non mi sono mai posto dei traguardi da
raggiungere. Come diseva quel: "te sa el zogo? Mi al zogo
no go mai perso, perchè no go mai zogà". Se ti
poni delle mete e non le raggiungi magari resti deluso. Io
invece, se ho fatto delle cose o se non le ho fatte, è
stato sempre per scelte mie, o per caso. Non so cosa
siano i rimpianti».
Quel che resiste, invece,
sono i suoi record sportivi... «C'è un signore che ne
voleva scrivere, ma deve aspettare ancora due anni perchè
caschi il settantesimo anniversario. Nel 1937, quando avevo
sedici anni, ho corso a Milano, ho battuto gli italiani e
anche un americano, e ho fatto un tempo sui 400 metri
piani di 48 secondi e 8 decimi. Non si può parlare
di record perchè allora non esistevano le categorie, ma
questo tempo è ancora, a tutt'oggi, la miglior
prestazione italiana di un sedicenne. Nello stesso anno,
due mesi dopo, ho vestito la maglia azzurra a Parigi, ho battuto
i francesi e sono stato la più giovane maglia azzurra
dell'atletica leggera. Mi hanno messo anche nel Guinness
dei primati... Insieme a un giapponese che ha mangiato un
pianoforte in cinque ore e mezza, ma non era un
pianoforte a coda. E insieme a quelli che hanno mangiato
trenta angurie... Pensa, in mezo me gà messo anca mi...».
Che
cosa le regalerà sua moglie? «Sarà una sorpresa.
Di solito mi regala oggetti utili, qualche volta un quadro,
un libro... Per un periodo mi ha regalato sempre sculture di
sirene, non so perchè. Ne ho una bellissima, tipo
portalampada, sulla scrivania. E sul biglietto mi ha
scritto: "E se stanote pesco una sirena, mi te la voio domani
a regalar", come la famosa canzone».
Che
augurio vuole per il suo compleanno? «Nessuno.
Soltanto un "buona fortuna", come dicevamo noi a chi andava
per mare. E in quello era racchiuso tutto. Ma mi
raccomando una cosa: meti ben i agetivi. I agetivi xe
importantissimi! Come, per mi, i colori».
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