martedì 17 aprile 2007

MODA & MODI

I turbamenti del turbante

Prada, primavera-estate 2007

Quando è comparso sulle passerelle di Prada, di Ralph Lauren, di Donna Karan e di Marc Jacobs, quando l'ha rispolverato Madonna per la sua nuova attività, disegnare la linea per comuni mortali dei magazzini svedesi H&M, perfino l'inserto «Fashion and Style» del New York Times, che su ogni tipo di novità modaiola si butta a pesce, si è permesso di sollevare uno «scettico sopracciglio». Che cosa mai può spingere gli stilisti a riportare in auge il turbante, copricapo che ai cinefili raffinati richiama visioni della Hollywood degli anni d'oro, con la divina Garbo che inarca, anche lei, il suo sottilissimo sopracciglio sin quasi a toccarne la seta, mentre a molti amanti della commedia all'italiana evoca piuttosto immagini di matrone che ciabattano verso le spiagge romagnole, con tanto di pargoli e pranzo al sacco?
Pura crudeltà della moda pensare di proporre un accessorio simile a chi non ha l'eleganza di un fenicottero, l'altezza di una top model o perlomeno la bruttezza attraente di Coco Chanel, tanto più che anche gli stilisti sembrano incerti sull'occasione adeguata dove sfoggiarlo, se alla serata importante, da tailleur pantalone nero e cravatta sottile, come vuole Ralph Lauren, o per una passeggiata da agosto urbano torrido, abbinato a microshort dalla vita alta e camicia di seta, come preferisce Prada. Scelta temeraria, in entrambi i casi.
In America il gran spolvero del turbante ha una sua ragione contingente, la  splendida mostra che il Metropolitan museum di New York sta preparando su Paul Poiret (aprirà il 7 giugno), il sarto francese, vissuto nei primi anni del '900 e inventore dello «stilista» nel senso moderno del termine, il cui logo commerciale era proprio il turbante. Poiret liberò le donne da ogni costrizione e le infilò in pantaloni alla turca e tuniche velate, un look orientaleggiante e, per l'epoca, assolutamente trasgressivo, di cui il turbante era il raffinato, ineliminabile compendio. Negli anni della Hollywood patinata, il turbante incorniciava i profili aristocratici delle dive, dalla Garbo a quell'irrequieta Pola Negri che visse una tormentata storia d'amore con Rodolfo Valentino.
Ancora a New York, evidentemente rapita da questa stagione, il Fashion Institute of Technology propone una mostra sulla modista degli anni '30 Lilly Daché, dove spicca un indicibile turbante di paglia con fiocco sulla fronte, realizzato con tale maestria artigianale da sembrare di chiffon. «I turbanti non torneranno mai di moda per la semplice ragione che una sartorialità del genere non esiste più», ha commentato una delle curatrici, Nadine Leichter. «Sono misteriosi, ma non riescono a liberarsi dallo stigma della vecchia signora che non smette mai gli abiti da casa».
Cappello dalla duplice, inconciliabile natura: da una parte la quintessenza del glamour, dall'altra la moglie di Andy Capp intenta 

alle pulizie.
Simone de Beauvoir
 

E non solo: da intellettuale lo indossò Simone de Beauvoir, minuto e arretrato sulla fronte, quasi una calottina da mimo,  principesco fu quello di spugna rosa di Grace Kelly, che negli anni Settanta, a Palm Springs, lo abbinava alle fantasie colorate di Pucci.
E oggi? Intravista in turbante, al momento, solo una delle gemelle Olsen, che è ardito definire un'icona di stile. Le riviste modaiole però già gridano al «nuovo cult». A queste latitudini (Trieste e dintorni), una signora in turbante richiama piuttosto le frequentatrici delle vignette di Josè Kollman, che potrebbero portarlo con una borsetta mignon decorata con l'alabarda.
twitter@boria_a


Grace Kelly

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